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Strage di Bologna, Adinolfi insiste sulla pista israeliana: bisogna ragionare sulle metastrutture

(umt) La mia intervista a Gabriele Adinolfi ha suscitato confutazioni, dubbi, polemiche e finanche prese in giro. Adinolfi mi ha sollecitato l'opportunità di una messa a punto, necessaria anche per le complesse implicazioni della questione. Del resto, in questi ultimi giorni, è emerso con chiarezza che, al di là delle dichiarate differenze, Enzo Raisi e "i tre della Mitrokhin" (i Giovanni Battista della pista tedesco-palestinese) convergono sul coinvolgimento delle Brigate Rosse. Tirate in mezzo dall'onorevole in una scoppiettante conferenza stampa alla vigilia dell'anniversario della strage e ora oggetto di una serie di articoli annunciati da Segretidistato (questo è il primo sui rapporti tra Br e resistenza palestinese, alla luce del lodo Moro). E' quindi decisamente interessante la lettura di segno contrario che Adinolfi continua a fare, partendo dalla possibilità che comunque  l'esplosione nella stazione di Bologna abbia avuto tra le vittime uno o più trasportatori. 


Tu leggi la strage di Bologna come un complotto israeliano. Ma è solo un’ipotesi
E’ chiaramente un’ipotesi e non una certezza assoluta. Ma su Bologna, affermazioni di principio a parte, sono state formulate soltanto ipotesi e per giunta poche. La mia collega i dati attualmente in nostro possesso e offre loro una chiave di lettura coerente con la logica.
Peraltro ho scoperto da poco che agli atti esiste un’informativa del Sisde al Tribunale di Bologna in data 24 luglio 1981, curata dal colonnello Ciccozzi e avallata dal vicedirettore Parisi, in cui già allora si affermava qualcosa di molto simile a quanto ipotizzo. Vi si presentava questa lettura “I trasportatori sono sacrificati. Essi potrebbero essere stati ingaggiati più volte in modo da compiere più volte l’operazione. In altre parole i trasportatori sono stati addestrati a loro insaputa e sacrificati al momento opportuno”.
Si noti che si usa il plurale. Il che ci può far pensare all’esistenza di un secondo trasportatore pressoché disintegrato dallo scoppio (si continua a parlare della presenza tra i resti umani di un arto senza corpo che poteva appartenere ad un’ottantaseiesima vittima dell’esplosione) ma può anche essere l’utilizzo di un linguaggio codificato che attesta la compartecipazione di più organismi provenienti da varie parti (Francia e Germania est per esempio).
In ogni caso si parla di sacrificio, ovvero di sabotaggio.
La mia ipotesi dell’intervento decisivo di sabotatori del Mossad o, più probabilmente, di un servizio speciale israeliano, pare realistica. Ancor più se ciò accade con un inquinamento a monte, presso una delle organizzazioni attivate a Bologna (Hypérion, HVA ) il che spiegherebbe anche il perché si parli di trasportatori sacrificati invece che di trasportatori eliminati.

Ti si contesta di avere una visione letterario-cinematografica e di interpretare tutto come l’operato della Spectre. Per te la guerra fredda fu tutta una finzione?
Anche solo per avvicinarsi a comprendere certe dinamiche bisogna ragionare in modo complesso e, al tempo stesso, elementare.
Complesso perché quanto accadde allora rispondeva a diversi schemi da non prendere sottogamba. Guerra fredda, guerra arabo-israeliana, guerre oblique tra “alleati” nel Mediterraneo, ristrutturazione occidentale e strutturazione globale. Tutti questi contenziosi fanno da sfondo alla tensione di allora insieme ai loro derivati (guerre tra componenti interne ai singoli Paesi, Usa e Urss compresi, guerra tra strutture, guerra tra servizi).
E’ un groviglio che a prima vista parrebbe rispondere alla riflessione leninista sull’anarchia intrinseca del capitale ma che io leggo altrimenti: come un Caos che non può essere ordinato (sarebbe un controsenso) ma che, come insegna la mitologia, contrariamente ai luoghi comuni è oscuro ma organizzatissimo.
Dell’organizzazione trasversale di questo Caos globale abbiamo prove fin dalla costituzione delle strutture operative dell’Onu. Dai primi degli anni settanta, poi, la Commissione Trilaterale, in accompagnamento alla revoca degli accordi di Bretton Wood e, dunque, al salto in avanti dell’economia speculativa, e in risposta alla crisi energetica, si occupa di gestirlo questo Caos.
E lo fa strategicamente, mediante rapporti gerarchici che sono a loro volta fatti di mediazioni e di contraddizioni.
E qui si passa all’elementare: all’umano troppo umano.
Di cui fanno parte le rivalità tra bande e servizi nonché i diversi fanatismi messianici.
E’ la summa di queste logiche che fornisce quella finale. Così come la verticalità del sistema, che risolve le contrapposizioni orizzontali, non solo è a sua volta condizionata da queste ma non si può risolvere ad un calcolo geometrico. Dipende sì dalla gerarchia di forze, ma anche dalla risultanza delle relazioni interne.
Che non sono solo il frutto di un disegno ma anche delle esperienze fatte.
Se nel 1944, nella contesa per l’influenza sull’Italia occupata, gli americani fecero affidamento in chiave anti-inglese sui comunisti, non possiamo parlare solo di calcolo, che pure ci fu, dobbiamo tener conto dei rapporti umani frattanto maturati tra agenti dell’Oss e partigiani rossi.
Nel ragionare non dobbiamo mai dimenticare i fattori umani.

Insomma tu ci vedi una regia occulta unitaria o comunque che avrebbe la parola decisiva?
La logica mondialista, se vogliamo chiamarla così, è una logica a matrioska. I consigli d’amministrazione incaricati di gestirla devono assicurarsi che la summa delle azioni delle singole parti non sia dannosa alla logica d’insieme e, se possibile, che le risulti congeniale.
L’idea che queste metastrutture comandassero allora a bacchetta tutte le componenti del loro mosaico in fieri, peraltro rissose e contraddittorie, è irrealistica.
Ad ogni singola parte non solo era concesso di giocare a risiko ma che lo facesse era necessario a patto che non mettesse in discussione il fondamento del sistema. A de Gaulle non fu perdonato il tentativo di scardinare la centralità finanziaria del dollaro, così come a Strauss-Khan quarantaquattro anni dopo non sarebbe stato condonato il fatto di averlo messo in leggera discussione. Ai sovietici cui era stato concesso l’impensabile non fu però perdonata l’avanzata in Afghanistan verso l’Asia Centrale e il tentativo di cambiare gli equilibri di superpotenza. Alle Brigate Rosse costò tutto il rapimento del generale Dozier.
Poi che le singole parti si facessero la guerra a suon di attentati e colpi di Stato non era assolutamente un problema. Anzi: nella rissosità delle componenti gli equilibri centrali acquisivano soltanto maggiore stabilità.

Ti è stato replicato che anziché parlare di Israele, di Trilaterale o di piste franco-israeliane dovresti parlare di Nato perché sarebbe stata la Nato a capo della strategia della tensione.
Le ricostruzioni abituali delle porcherie di allora rispondono in modo troppo evidente a schemi partoriti dalla propaganda filosovietica della guerra fredda. Siamo stati condizionati dalla favoletta delle stragi difensive da parte della Nato per arrestare la marcia progressista nei Paesi integrati.
Niente di più sbagliato: lo stragismo non è difensivo ma offensivo e non è reazionario ma progressista. E, soprattutto, gli Usa l’osservano dall’alto e lo capitalizzano ma non hanno alcun interesse a praticarlo in Stati loro vassalli.
Che questi si combattano tra loro a suon di bombe o che, laddove c’è carenza di Stato come in Italia, diventino campi di battaglia di combattimenti altrui (come quello arabo-israeliano) ha invece senso.

In Italia il terrorismo può essere stato originato dalle nostre rivalità nel Mediterraneo (Francia e Inghilterra) dall’ostilità israeliana al Lodo Moro o da offensive filosovietiche determinate dalla nostra ambiguità più apparente che reale sui posizionamenti Nato che comunque ci mostrava deboli.
Le responsabilità americane sono enormi perché tutto avviene comunque con il loro placet, come fu il caso dell’assassinio di Carrero Blanco dopo il suo rifiuto delle basi spagnole per l’aviazione israeliana. Ma lo schema da applicare sulle responsabilità americane è ben diverso da quello trito e ritrito del nostalgismo rosso.

Ma parlando di Hypérion tu ricordavi che fu coperta proprio dalla destra filo atlantica.
Hypérion godé della protezione della destra francese meno ostile alla Nato, in particolare della presidenza di Giscard d’Estaing che fu un parto della Trilaterale. Nella Quinta Repubblica, prima di Sarkozy, a tenere quell’atteggiamento furono solo Giscard e subito prima, nella sua brevissima presidenza, Pompidou. I quali peraltro erano vicini alla Banca Rothschild con la quale Mitterrand invece andò in contenzioso. C’è una logica oligarchico-mondialista infarcita di grandeur nazionalistica nella protezione di Hypérion, molto più che non una logica Nato. La Francia del resto non faceva allora parte dell’Alleanza Atlantica, da cui era uscita con de Gaulle e cui ha nuovamente aderito solo da poco con Sarkozy.

Ma come concepisci lo sposalizio tra rivoluzionari comunisti e destra francese?
La strategia della Trilaterale prevedeva l’osmosi capital/comunista e una sorta di matrimonio tra i blocchi. Questo poteva essere visto come una minaccia da buona parte dei russi, e difatti Andropov la concepì come tale, e giustamente perché risultò essere un embrasser pour etouffer che permise l’implosione sovietica. Ma poteva essere considerata anche una grande opportunità per il salto verso la conquista comunista del mondo. Se poi questa aspirazione si sposava con la certezza “scientifica” dell’ineluttabilità dell’avvento della dittatura del proletariato e magari con l’interpretazione fallace della crisi di passaggio del capitalismo letta come il sintomo del suo incontenibile declino, la collaborazione da parte dei “rivoluzionari” rossi con strutture di potere borghese destinate ai loro occhi ad essere fagocitate, acquista tutt’altro significato che non il semplice servilismo.
E allora potremmo spiegarci qualcosa di più sugli “agenti doppi”.

Cosa intendi per doppiezza?
Esistono da sempre politiche doppie o persino multiple da parte degli apparati.
In Italia c’è sempre stato un dualismo tra filo-israeliani e filo-arabi che, però, è più leggibile come posizionamenti di bande e rivalità di carriere che non come contrapposizioni strategiche o ideologiche. Contrapposizioni serie, visto che una parte dei nostri servizi sosteneva Gheddafi dopo averlo imposto con un colpo di Stato e un’altra parte collaborava con francesi, inglesi e israeliani per tentare di rovesciarlo. Ma parliamo dell’Italia, Paese vassallo.
In Francia, media potenza, le contrapposizioni assumevano valenze strategiche dalle conseguenze rilevanti.
Gli stessi Usa, superpotenza, esprimevano linee contrastanti, opposte tra loro per quel che riguardava ad esempio l’ingresso del partito comunista italiano al governo.
In Urss i posizionamenti rispetto alle attenzioni della Trilaterale sono diversi, eppure Gorbaciov non è né meno comunista né meno russo di Andropov.
Quel che più dovrebbe farci riflettere è  proprio la presenza di linee differenziate in Unione Sovietica e nella Germania dell’Est.
Parliamo di Stati di polizia e di polizia di pensiero laddove l’autonomia non è concepibile.
Eppure abbiamo apparati che si posizionano in modo molto diverso, per esempio su Sadat dopo gli accordi di Camp David che Andropov vorrebbe anche morto ma che Wolf proteggerà bloccando il gruppo Carlos e comunicandogli che ogni attentato contro di lui non è gradito a Berlino Est (archivi della Stasi).
Com’è possibile? C’era un pluralismo occidentale nel più poliziesco dei sistemi europei?
Non credo.

A cosa attribuisci allora questa ambigua duttilità di Wolf?
Qualcuno dirà che, essendo Wolf ebreo ed essendo Sadat in quel momento gradito a Tel Aviv, la scelta si spiega. 
Ma la si spiega fino a un certo punto. Da un lato è vero che qualsiasi appartenenza fanatica e messianica concede una marcia in più all’interno della jungla degli interessi globali e che è quindi più facile che Israele trovi sponda tramite un ebreo e che questi la ritrovi in Israele di quanto forse accadrebbe per un’altra persona.
Tuttavia ragionando così si metterebbe da parte la logica di formazione. Ogni individuo ha la tendenza ad identificarsi nella formazione in cui milita e nella funzione che esercita.
E’ la ragione per la quale, ad esempio, i movimenti della destra radicale, nelle logiche di scuderia, danno generalmente prevalenza alle competizioni tra loro rispetto ad una concezione strategica o ad una comune identificazione impersonale che interviene solo in presenza del sacro e del mitico.
Abbiamo un esempio emblematico di quanto quest’identificazione sia forte. A cavallo tra gli anni ottanta e novanta si scatenò una guerra tra servizi e un braccio di ferro tra Washington e Tel Aviv. Ciò comportò effetti a catena, tra cui l’oscuramento delle informazioni satellitari da parte della Nsa che spinse Israele alla realizzazione dei suoi satelliti Eros.
Quella guerra fatta di colpi bassi e di incriminazioni reciproche, fu condotta senza tentennamenti dalla Cia e non risulta che agenti americani israeliti l’abbiano disertata.
D’altronde se Wolf fece una scelta di campo pro-israeliana e questa non ebbe conseguenze a Berlino, a meno di sostenere che Israele fosse a capo del Patto di Varsavia, ciò significa che a quell’interno esisteva di fatto una linea diversa da quella dell’antagonismo bipolare ma ad essa complementare e forzatamente organica per via gerarchica perché non avrebbe altrimenti potuto sussistere in un apparato comunista.

Come spieghi allora una cooperazione con Israele da parte di apparati del Patto di Varsavia?
Io non credo quindi che Wolf si sentisse più ebreo che comunista ma che non sentisse affatto l’essere comunista e l’essere ebreo come una contraddizione; né che percepisse Israele come avamposto nemico. Ancora una volta sono i luoghi comuni e i riflessi condizionati a ingannarci.
Israele nasce “a sinistra”; nel 1948 Stalin le permette di affermarsi organizzando un ponte aereo dalla Cecoslovacchia che la rifornisce di armi e viveri.
Nel 1967 gli israeliani se ne infischiano delle relazioni con New York e bombardano addirittura una nave americana, la Liberty, provocando la morte di trentaquattro marines.
E’ solo dopo la Guerra dei Sei Giorni che motivazioni geopolitiche cambiano l’assetto e trasportano Israele nel campo occidentale, semplicemente perché minaccia interessi economici e militari sovietici.
Ma sarà proprio la Germania dell’est ad assicurare, da allora, il punto di congiunzione e di mediazione tra Mosca e Tel Aviv.
Io credo che tutto questo si comprenda meglio se si risale alla contraddizione irrisolta, ma in ogni caso perpetuata, da Stalin. Per il quale l’Urss e il comunismo s’identificano ma lo scopo finale è comunque l’avvento del comunismo mondiale. Ed ecco che, insieme a strutture difensive e di assoluto rigore, come quella affidata ad Erich Mielke a capo della Stasi, nasce l’HVA guidata da Markus Wolf impegnata sì in destabilizzazione e provocazione ad ovest ma anche in creazione di punti d’incontro, di contatto, di mediazione e di contaminazione.
E posto che Israele nel campo occidentale ci sta a modo suo e vi assume un ruolo destabilizzatore, ecco che le relazioni privilegiate da parte dell’HVA assumono un senso preciso.
Rafforzato dalla contemporanea presa di controllo, da parte dei servizi israeliani, di buona parte dell’extraparlamentarismo di sinistra e degli spezzoni di Internazionale Socialista a gestione ambigua, come la Fondazione Lelio Basso.
C’è comunanza d’interessi, e ciò verrà confermato dalla compartecipazione tedesco-orientale alle operazioni di Crise in Vicino Oriente atte ad indebolire l’Olp e Arafat.

Ma cosa attira a parer tuo queste realtà rivoluzionarie nell’ambito della strategia della Trilaterale?
Il passaggio all’era delle metastrutture coincide con quello dell’avvio di cessazione delle sovranità.
Dal 1945 fino agli inizi degli anni settanta le diverse componenti si sfidavano in casa propria per la conquista dello Stato. Il tornante storico al quale corrisponde l’irruzione della Trilaterale introietta i conflitti, le congiure, gli scontri e i golpe all’interno di una superiore dimensione transnazionale.
Ne risultano avvantaggiati gli ambienti con indole e struttura internazionale e cosmopolita e le ideologie messianiche ed escatologiche. Una marcia in più l’hanno quelli che si erano già strutturati mondialisticamente nelle strutture parallele all’Onu.
Ogni componente cosciente cerca di assumere il maggior peso specifico nello scenario che si sta ridisegnando. Nel mio Nuovo Ordine Mondiale, la nuova creatura l’ho paragonata ad un grande Arlecchino che assume tutti i colori e tutte le forme dei costumi dai quali viene ritagliato. Comunista e liberale, democratico e totalitario, esso è utopico e sogna la Terra Promessa. L’intera terra.
Il tempo ci dirà che questo Arlecchino è un mutante che si fonda sulla perdita di presenza a se stessi e sull’abbandono di qualsiasi facoltà intellettiva cui si supplisce con l’avvento di fanatismi religiosi e fondamentalismi i quali hanno, tutti, piena cittadinanza nella Gerusalemme Terrestre dei pazzi lucidi.
Poco più di tre decenni fa le cose erano meno evolute e le aperture sembravano più ampie; ciò spiega come molti “rivoluzionari” siano caduti in trappola.


Ma l’ultrasinistra si lascia giocare così da apparati borghesi e da personaggi come Simioni?
Non dimentichiamo che l’ultrasinistra nasce internazionalista. 
Il salto in avanti dell’internazionalismo ha potuto infondere in essa entusiasmo e dettare illusioni.
Come Wolf è più un personaggio complesso e ambivalente che non ambiguo, forse potrebbe essere altrettanto corretto sostenere che Simioni fosse soggettivamente un comunista rivoluzionario. Fatto sta che l’era Simioni-Moretti consente non solo alle Brigate Rosse di fare un salto in avanti ma coincide anche con l’età d’oro dell’ultrasinistra italiana. 
Solo a posteriori si può leggere come tutto quest’apparato logistico anti-italiano venga approntato in Francia contemporaneamente alla firma del  Lodo-Moro che per motivi diversi non piace né a Parigi né a Tel Aviv, come ottenga il massimo del sostegno quando Moro va in rotta di collisione con  Kissinger e venga praticamente liquidato dopo che Moro è stato ucciso proprio dai protetti di Hypérion. Solo allora, probabilmente, è intervenuta la consapevolezza di essersi lasciati giocare: le cera di Egeo (figlio di Icaro…) si è sciolta improvvisamente.

E dal 1979 in poi si passa sulla difensiva. Spesso anzi si tratta di una vera e propria rotta.

E allora tu ipotizzi che Simioni o comunque Hypérion cadano in trappola e forniscano il capro espiatorio al Mossad?
E’ nel pieno della rotta dell’ultrasinistra che avviene la strage di Bologna.
Io ho ipotizzato un’operazione-trappola destinata non solo a rafforzare il partito israeliano ma ad isolare i palestinesi e a preparare una nuova guerra in Vicino Oriente.
Il sabotaggio potrebbe essere stato effettuato con la complicità di Hypérion o dell’HVA della Stasi.

Mentre nessun’altra sembra reggere, esiste comunque una seconda ipotesi che può tenere. Quel giorno firmavamo un trattato bilaterale di protezione militare con Malta che prevedeva l’espulsione delle navi civili sovietiche da quelle acque, estromettendo quindi Mosca da una importante base spionistica fino ad allora attiva. Una rappresaglia del Patto di Varsavia, già esasperato dall’appena verificatasi inferiorità strategica decisiva per l’installazione dei Pershing 2, potrebbe quindi essere ipotizzata. Ci credo comunque poco perché se le responsabilità dell’eccidio non fossero state di un nostro “alleato” ma di un nostro “nemico” non credo che i nostri apparati al completo avrebbero coperto e depistato ininterrottamente, né che ciò si sarebbe protratto ventitré anni dopo la caduta del Muro.
Non so se la verità sarà mai provata ma mi rendo conto che, oltre ad interessare davvero pochissima gente, alla fin fine cambierebbe poco. Moralmente tutte le componenti di quell’annoso groviglio sono responsabili a prescindere dallo specifico posizionamento. Concretamente ne trasse vantaggio di sicuro Israele ed il partito filo-israeliano in Italia, fino al punto di partorire un governo Spadolini.
Strategicamente ciò andò a scopa con la Trilaterale.

E che ricavi da tutto quanto hai detto?
Ci sono diversi insegnamenti da trarre con il senno di poi.
Innanzitutto la natura, la composizione, la logica e la dinamica delle metastrutture in un mondo sempre più contrassegnato da cessazione di sovranità, ci deve obbligare ad un refresh interpretativo se vogliamo in qualche modo essere attivi.
Poi è necessario far tesoro della strumentalizzazione dei “rivoluzionari”: bisogna comprendere che più che di provocatori la strategia della tensione si nutre di provocati, ovvero di gente che fa quello che più gli piace mentre il gioco consiste proprio nel farglielo fare con un corda allentata che in seguito, una volta fatto il lavoro per gli altri, diventerà un cappio.
Inoltre bisogna liberarsi da tutte le illusioni frettolose. Scambiare le crisi di passaggio con annunci della fine imminente del sistema è l’errore più frequente e ripetuto da parte degli ambienti “antagonisti”.
E si replica oggi visto che in molti si affrettano a concludere, più speranzosi che convinti, che la crisi dell’Eurozona sia crisi del liberismo.  
Sbagliare analisi significa sempre perdere e male. Possiamo evitarlo.

Accusavi il partito comunista di aver avuto un ruolo centrale nel costituire una falsa pista su Bologna.
In chiusura accuso la sinistra italiana nel suo insieme non solo di essersi fatta portatrice della tesi di comodo del Pci sullo stragismo fascista, ma di essersi prestata all’operazione di contraffazione della realtà attribuendo all’intero neofascismo (che a sua volta se ne fece complice megafonando la calunnia) quei rapporti ambigui che  invece proprio essa aveva intrattenuto.
E peggio ancora: mentre erano consapevoli del modo in cui quei rapporti essi avevano intrattenuto, ovvero con titanica improvvisazione, nel traslarli infondatamente sui fascisti tolsero a questi anche la dignità del giocatore sconfitto e li rappresentarono slealmente e vilmente come servi sciocchi e sbirraglia. 
Negli anni della tensione, mentre i guerriglieri rossi potevano far sponda sul Patto di Varsavia, sull’Internazionale Socialista, su Hypérion e su Tel Aviv, i neri dovevano inventarsi un ruolo.

Ci fu chi, con Delle Chiaie, tentò di mantenere in piedi e di portare al contrattacco i residui della struttura reazionario/populista che Peron aveva provato a integrare nel fronte dei non-allineati.
Fu un’azione periferica che si tenne nella periferia del mondo e con orgoglio donchisciottesco, senza grosse possibilità di riuscita.
Ci fu chi, esasperato e provocato, passò allo spontaneismo armato.
Ci fu chi provò le strade della realizzazione autonoma del “contropotere” cercando di costruire per il futuro.
Il resto si mosse, tra tragedia, epica, incoscienza e presenzialismo, senza sapere affatto dove andare.
Fatta salva la psicopatia di chi ha bisogno di un demone per spiegarsi le avversità della vita, nessuno quindi poteva allora né men che meno può pensare oggi che la strage di Bologna sia stata fascista, né che i fascisti godessero a quel tempo di coperture o di complicità.
Ma il voler rimuovere quel che nega ciò che ci si è artificialmente rappresentato produce una cristallizzazione psicorigida che, in quanto tale, è ottusa, feroce e priva di critica.
Mettendo assieme le necessità del Pci e la psicopatia degli sconfitti si è così finito col partorire il mostro. Un mostro che probabilmente si voleva indolore visto che i condannati incolpevoli erano già ergastolani o avevano un cospicuo prescontato. Ma a parte il fatto che Ciavardini ha dovuto comunque subire un supplemento di pena, la soluzione “indolore” che è stata scelta attesta quanto sia diventata materialistica la nostra società. Perché laddove non c’è danno concreto c’è comunque lesione della rispettabilità. E seppur Mambro e Fioravanti abbiano dimostrato a loro volta quanto poco tengano in conto quella altrui non è una ragione sufficiente per avallare o perdonare un’iniquità simile nei loro confronti come in quelli di chicchessia.

10 commenti:

  1. Tutta la mia stima a Gabriele Adinolfi: intelligenza, pensiero critico, lucidità.

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  2. *
    La tesi di Adinolfi è suggestiva, ma a mio parere rafforza la tesi dei NAR come pedine giocate all'interno della strage, esecutori non si sa fino a che punto consapevoli.
    Sono noti infatti i rapporti stretti dai Nar con agenti del Mossad, che svolgevano il ruolo di consiglieri militari nei campi maroniti in Libano dove alcuni dei Nar erano andati ad addestrarsi.

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  3. azz per leggerlo ci vogliono due cervelli, io mi ricordo che Cossiga fece una dichiarazione al Corriere in cui un carabiniere di alto ruolo gli aveva detto che erano stati i palestinesi in un trasporto...basterebbe che questo fantoccio di stato chiedesse all'Arma da dove il graduato aveva tratto questa convinzione...basterebbe interrogare tutti quelli che si occuparono del caso e che avevano conferito con Cossiga, ma è evidente che l'unica ragione di questo stato è mantenere il segreto di stato per sopravvivere

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  4. Riferendomi ai retroscena richiamati da Adinolfi sullo scontro che in alcuni casi ha visto, Israele schierarsi contro gli USA,mi soffermo anche su un aspetto che stranamente viene trascurato o peggio ignorato, relativo all'omicidio del presidente USA John Kennedy. Mordechai Vanunu ricercatore nucleare, ebreo dissidente perseguitato da Israele,ha denunciato la presenza del premier israeliano a Dallas nel Texas, il giorno in cui l'ex marine, Lee Harvey Oswald, uccise il presidente Kennedy.A detta di Vanunu il motivo era da ricercare nella guerra che Israele aveva dichiarato a Kennedy dal momento in cui quest'ultimo si era fieramente opposto al fatto che Israele diventasse una potenza nucleare. Da ricordare che il killer Oswald venne eliminato il giorno dopo, dall'ebreo Jack Rubistein, noto esponente della mafia ebraico-statunitense.Una pista interessante ma sempre ignorata dai mass media; perché?

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  5. Anonimo, la “contro provocazione” è gustosa e meritevole.
    Però bisogna apportare qualche correzione.
    La prima riguarda la ragione della presenza dei Nar in Libano che più che un addestramento fu un tentativo di trovare riparo dalla morsa stringente. Essi si recarono presso la Falange, cosa abbastanza comune all’epoca da parte delle estreme destre. Che lì, come ovunque (gruppi palestinesi in primis), ci fossero infiltrate decine di agenti israeliani lo darei per scontato, ma, appunto si parla di infiltrati non di “istruttori”.
    Comunque quella fu una scelta dettata dall’occasione e del piccolo gruppo che scese a Beirut a me risulta che solo Sordi e, a detta di questi, Alibrandi, s’identificassero nella parte mentre, paradossalmente, gli altri rimasero o divennero filo palestinesi.
    Il che conta fino a un certo punto ma, in ogni caso, non riguarda Bologna.
    Se ricontestualizziamo non dovrebbe sfuggirti che nessuno degli imputati della strage di Bologna si recò in Libano, il che – nello specifico – ha un certo peso.
    Così come il suggerimento che la famiglia Fioravanti lavorasse per i servizi ebraici è suggestivo ma privo di fondamento oggettivo. Che poi siano passati chiaramente in quel campo è vero, ma parliamo del poi.
    D’altronde l’estrema destra, esattamente come l’estrema sinistra, si spacca in tre forti componenti sulla questione palestinese: i filo-israeliani, gli anti-israeliani e quelli che non gliene può fregà de meno.

    SEGUE

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  6. RIPRENDE

    Se quindi il risultato della tua lodevole volée è di affermare che Fioravanti, la Mambro e con loro Raisi, stanno dando una lettura palestinese della strage di Bologna che non dispiace affatto a Tel Aviv e che anzi riprende il suo schema originario, non possiamo che essere d’accordo.
    Al contrario io ho dato una lettura a doppio livello nella quale i palestinesi sono uno degli obiettivi di un’operazione a più scopi. Le nostre interpretazioni dunque divergono, anche per motivazioni orientamenti e posizionamenti,
    Di qui a fare il passaggio che sottintendi con una certa arguzia, e cioè che se la strage è israeliana Fioravanti e Mambro sono sospetti in quanto agenti israeliani, ce ne stracorre.
    Peraltro tu devi considerare alcuni elementi non di poco conto.
    Il primo è che non bisogna immaginare – o almeno io non lo faccio - i guerriglieri in azione come agenti altrui; non mi sembra che si possa sostenere che, avendo provato il Mossad il controllo sulle BR queste siano diventate organiche a Tel Aviv. Semmai Moretti ha sottovalutato il gioco in cui si è infilato. Se poi da Hypérion c’era un controllo indiretto e mediante lo stesso controllo indiretto ci fu l’operazione di sabotaggio e sacrificio a Bologna, questo avvenne o per l’intervento di specialisti professionisti o per il doppio gioco di qualcuno che a Kramm e alla Frohlich (o al Di Vittorio) apparisse come amico.
    Fioravanti e Mambro vanno quindi esclusi in ambo le ipotesi. Non frequentavano di certo Simioni o Carlos e per il resto non erano di sicuro degli artificieri professionisti.
    Direi anzi che nel ricostruire le tesi si dovrebbe essere obiettivi e non sottomessi alle proprie simpatie o antipatie né alle proprie esclusive convenienze. Come io, ragionando senza pregiudizio, dico che è impensabile che Kramm fosse a Bologna per commettere la strage perché aveva lasciato troppe tracce ufficiali, così magari sarebbe il caso che qualcuno prendesse in considerazione il fatto che non esiste alcun attentato né alcuna preparazione di attentato all’esplosivo che coinvolga Mambro o Fioravanti i quali erano pistoleri e non bombaroli. I Nar non erano il Superclan.
    E dovrebbe fare ulteriormente riflettere che gli inquirenti, pur registrata ed enfatizzata la spaccatura generazionale e pur avendo insistito oltre il ragionevole sulle motivazioni che avrebbero determinato una generazione antireazionaria e antibombarola in guerra con quella che la precedette, esposta come golpista e stragista, pur avendo stabilito che l’uso delle bombe a destra era comunque cessato con l’avvento delle nuove generazioni, pur avendo fatto una fissazione e partorito nei propri teoremi una mini-spectre che chiamavano “ordinovisti veneti”, in mancanza di qualsiasi ruolo da parte di questi , si siano accontentati d’incriminare i Nar in mancanza di altro e contraddicendo platealmente tutte le loro conclusioni sugli anni di piombo e sulla strategia della tensione.

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  7. Sinceramente ho dei dubbi sul collegamento tra Simioni e Carlos.
    Simioni e i suoi infatti si erano tirati fuori dalla lotta armata perchè favorevoli ad una super-clandestinità da qui il termine superclan.
    Sempre per rimanere sul piano dell'oggettività non credo che gli "ordinovisti veneti" fossero una mini-spectre, d'altronde per compiere materialmente degli attenti contro obiettivi indifesi non credo ci voglia chi sa quale preparazione, ma credo che per quanto riguarda gli attentati ai treni del 1969 la loro responsabilità sia piuttosto evidente, se poi abbiano scelto di alzare il tiro o siano stati giocati da forze superiori Nato etc questo non lo so.

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  8. Ad Adinolfi il rasoio di Ockham je fa na pippa!

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  9. Anonimo, a voler essere proprio pignoli semmai mi si può imputare esattamente l'opposto: ovvero di confrontare e collegare più ipotesi e non quella di rigettarne le scomode. Cosa che, al contrario, capita spesso nel senso opposto, ovvero quando si contraddicono le mie conclusioni.
    Nulla di importante, sia chiaro, lo posto solo per perfezionismo.

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  10. analisi esemplare di un Uomo Integrale.
    Impeccabile Gabriele

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