L'ELZEVIRO/ L'aula sorda e grigia, dalla tragedia dannunziana alla farsa grillesca
di Alessandro Smerilli
Sono passati 90 anni da quando le fatali parole : «potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli» sono state pronunciate, e restano ancora memorabili. Sono i due aggettivi «sorda» e «grigia» apparentemente così distanti e incompatibili a suscitare un fortissimo potere evocativo.
Non sono farina del sacco di Mussolini, ma di un certo, sosterrebbe Pereira, Rapagnetta. L’insopportabile Rapagnetta che aveva studiato al liceo Cicognini di Prato lasciandovi un ricordo di inavvicinabilità (soprattutto in greco e in latino) che anni dopo avrebbe ossessionato lo studente Suckert-Malaparte. Curzio Malaparte amico del capo della banda che uccise Giacomo Matteotti, Amerigo Dumini, a favore del quale testimoniò di un improbabile movente derivante dall’assassinio del fascista NIcola Bonservizi a Parigi a opera di un anarchico (il bresciano Nicolò Bonservizi, nel bronzo di Adolfo Widt, nella foto) e conseguentemente di una specie di incidente e omicidio preterintenzionale del parlamentare socialista. Rapagnetta-D’Annunzio invece aveva scritto un romanzo, intitolato in un primo tempo “L’invincibile” e in seguito ribattezzato profeticamente “Trionfo della morte” . Parlando di una certa atmosfera che si respirava a Roma scrisse di un’”aria grigia e sorda”. Un’”aria grigia e sorda” evocante la morte non è molto lontana da un’”aula sorda e grigia” e Mussolini, nei suoi rapporti con D’Annunzio era una spugna. Fino a quando D’Annunzio si oppose fieramente e con ogni mezzo alla ventilata alleanza dell’Italia con la Germania nazista. Ma era ormai un vecchio minuto di 75 anni , con “due braccini fragili e molli, d’ossa di pollo” come aveva scritto l’invidioso Suckert-Malaparte. Due braccini che non poterono nulla quando la nerboruta cameriera Emy Heufler, legata ai servizi segreti nazisti e subito dopo la morte del vate intima di Ribbentropp, futuro prima amico poi nemico di Molotov e Stalin, decise che aveva vissuto abbastanza. Anche Mussolini disse “finalmente” quando seppe della sua dipartita e poté perfezionare senza ulteriori intralci il “patto d’acciaio”. Avesse dato retta a Rapagnetta, oltre a risparmiare gravi sciagure alla nazione, avrebbe comodamente potuto morire nel suo letto, come Franco con tutti i tubicini che lo traforavano o come Salazar al quale il dott. Alzheimer ha risparmiato la cognizione della fine della dittatura e della perdita del potere.
Dopo 90 anni un comico corpulento ha riciclato la tragedia in farsa.
Beh c'è chi potrebbe fare di peggio.
RispondiEliminaIannone e i camerati di Scortichino potrebbero "fare di questa aula sorda e grigia un caravanserraglio di beduini con tanto di Kebab e Narghilé".
Tutta quella divagazione su Malaparte e D'Annunzio come si lega con Grillo che, a differenza di Mussolini, non ha potere politico autentico? O è questo il punto?
RispondiEliminaMa la farsa, per Smerilli, dove sarebbe? Non mi pare che questi siano tempi meno tragici, anzi, probabilmente, lo sono maggiormente, né che la classe politica italiota sia qualcosa di più di quelle larve, anzi, probabilmente, anche in questo caso, lo sono maggiormente. Inoltre, la posta in gioco stavolta è anche maggiore...
l'elzeviro è un genere di scrittura giornalistica che si caratterizza per il taglio letterario e non cronachistico.
RispondiEliminaTragedia e farsa: Mussolini aveva la forza di imporre la chiusura del Parlamento, Grillo al di là di un coro di pernacchie non può organizzare
"Mussolini aveva la forza di imporre la chiusura del Parlamento" moh mi sembra un po' esagerato, in quanto è notorio che l'ascesa di Mussolini avviene con il beneplacito del Re, delle forze armate, degli industriali e del clero. Semmai è più corretto dire che i sinistri non avevano le palle per impedirglielo.
RispondiEliminaComunque bella quella del caravanserraglio di beduini...
Mussolini è nominato presidente del consiglio grazie a un atto di forza non sulla base di normali procedure parlamentari. Certo, le leggi specialissime sono votate ancora dal Parlamento ma dal 1926 non c'è dubbio che siamo in presenza di un regime dittatoriale (poi si può discutere il tasso di totalitarismo)
RispondiEliminaSi la so la storia.
RispondiEliminaMa sai anche che il re e l'esercito avrebbe potuto far metter via baracca e burattini in quattro e quattrotto come fecero nel Natale di Sangue con DeAmbris e Dannunzio e poi con Mussolini nel 43.
Sul regimi dittatoriale beh insomma... prima di Mussolini comunque venivano celebrati come eroi della patria Umberto I e Bava Beccaris insomma un grande esempio di democrazia cosi come dopo la caduta di Mussolini veniva celebrato Badoglio, quello con in Africa Orientale non aveva risparmiato neanche la Croce Rossa con le bombe ai gas nervini...
Insomma non vedo grandi differenze tra monarchia e fascismo.
Le eccezioni sono:
La Carta del Carnaro, ma li Mussolini non centra anzi il duce la criticò, in quanto è scritta dall'antifascista DeAmbris.
Le socializzazioni della rsi, ma queste non sono dovute a una scelta di politica sociale ma al contrario alla rottura con gli industriali che fino allora avevano sostenuto il fascismo in funzione antioperaia e alle necessità dell'economia di guerra.
Io non ho neanche il feticcio della democrazia liberale compiuta. Figurati quindi che posso pensare del regime reazionario sabaudo. Ma Mussolini e il fascismo rappresentano una discontinuità storica (e un modello) e la forma specifica di governo è una dittatura
RispondiEliminaMa veramente uno dei grandi pensatori italiani contemporanei in un agile libretto sulle tracce del duello Benjamin-Schmitt argomenta ampiamente sulla continuitá tra democrazia e dittatura, sul legame tra diritto e violenza.
RispondiEliminaIl senso della propria esperienza di governo che il fascismo intende trasmettere è di discontinuità finanche temporale: tanto che si dà un proprio calendario
RispondiEliminaChe il fascismo si voglia presentare come una discontinuità ok siamo daccordo ma che lo sia è poco credibile. Comunque rimando al già citato Stato di Eccezione di Giorgio Agamben.
RispondiEliminaAgamben? Me cojoni.
RispondiEliminaFacezie a parte, approcci disciplinari diversi portano ovviamente a conclusioni diverse. Così come il piano della realtà empirica è molto più scivoloso dell'empireo filosofico.
Io condivido assolutamente le riflessioni acutissime che Paolo Persichetti ha sviluppato sul paradigma vittimario, attingendo appunto a quella fonte. Ma poi, ovviamente, diventa più complicato dire a Bolognesi che dovrebbe smetterla di accontentarsi di quell'assurdo giuridico che è la sentenza sulla strage di Bologna
Soprattutto visto le tesi alternative che i vari Raisi e soci mettono in campo. Ridiamo per non piangere...
RispondiEliminaComunque Bolognesi a parte, non mi sembra a sinistra ci sia tutto questo accontentarsi della sentenza sulla strage di Bologna, anzi vedo più strumentalizzazioni o paranoie a destra, per esempio si citano sempre le dichiarazioni di innocenza di Fioravanti ma mai le sue considerazioni su Piazza Fontana, perché scomode agli ordinovisti.
Per finirla con questa sterile polemica, ricordo cosa scrisse Julius Evola a proposito di fascismo e Mussolini. Non fu il fascismo a rovinare l'Italia, ma gli italiani a rovinare il regime!Del resto valeva nel secolo scorso,ma purtroppo vale anche nei tempi odierni,ciò che disse il tedesco Von Moltke a proposito di italiani e Mussolini;"alla fine Mussolini non farà altro che fare degli italiani degli...italiani". Noi ieri, oggi,arroganti come sempre, pretendiamo dai tedeschi la loro stima,cosa impossibile.La vicenda della Libia di Gheddafi non conferma ancora una volta la nostra fama internazionale di infidi opportunisti e traditori?
RispondiEliminaEcco il solito fascista anti-italiano....
RispondiEliminaBravo allora vattene in Siria a combattere con Assad e non rompere i coglioni qui in italia.