Carlo Falvella 40 anni dopo, tra voglia di memoria condivisa e bisogno di vecchie identità
(umt) E' stato un weekend di anniversari: sabato 7 il quarantennale dell'omicidio di Carlo Falvella e il biennale della morte di Antonio Fiore, domenica 8 il trentennale dell'ultimo attentato dei Nar, l'esecuzione del "traditore" Mauro Mennucci.
Al Comandante di Avanguardia nazionale è stato dedicato un blog commemorativo che sin dall'epigrafe attinge a Fascinazione:
"Era povero e malato - scrive un suo antico amico, che non ha mai militato in Avanguardia nazionale ma che col Comandante ha diviso più di una battaglia di strada nei furibondi anni 70 a Roma - ma non ha mai fatto mancare il suo contributo per i camerati detenuti".
Intorno alla figura di Carlo Falvella, uno dei Cuori neri caduti negli anni '70 attorno a cui si è aggrumata una lunga catena di odio e risentimenti (anch'io ho gridato, col sangue agli occhi, dopo che avevano sparato a un mio compagno, l'atroce slogan: "Almirante come Falvella, con un coltello nelle budella"), si è giocata invece un'interessante partita politica. Perché proprio alla vigilia dell'anniversario il popolarissimo sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca ha voluto strizzare l'occhio alla sbandata comunità della destra cittadina - in cui vivono tanti suoi elettori - contrapponendo, in due successive interviste, la figura morale del vecchio Nino Colucci, un neofascista d'altri tempi allo svacco degli attuali berluscones:
«Rimpiango Nino Colucci - ha detto ad Ersilia Gillio di Radio Alfa - che non si è mai permesso di offendere la dignità e gli interessi della città di Salerno. Rimpiango quegli uomini là, rispetto ai peracottari di oggi». Passano poco più di ventiquattr'ore e il sindaco sente il bisogno di riprendere il concetto con Antonio Esposito a Lira Tv: «Nino Colucci era un vecchio galantuomo, amico di Salerno, lo rimpiango per il senso delle istituzioni che aveva, per la correttezza e il rispetto nei confronti della nostra comunità. Un politico di vecchia scuola»
A questa ricerca di una memoria condivisa, nel richiamo ai comuni valori che ispirarono la politica della Prima Repubblica, si contrappone invece la determinazione di chi, pur appartenendo a una generazione successiva, ritiene ancora che il "sangue dei martiri" sia un buon alimento per mantenere viva un'identità spesso svuotata. E' il caso di Livio Apicella, un quadro della destra radicale salernitana che sul ricordo di Carlo Falvella ci ha inviato un interessante contributo sul permanere di una mentalità che è ancora aggrappata al secolo breve.
7 luglio 1972……..Salerno centro di Livio Apicella
Giovanni e Carlo risalgono per Via Velia, con le spalle rivolte al lungomare, gli aggressori sono nascosti sotto la scalinata che porta alla “Rotonda”, sono in tre armati di coltello; il resto lo sapete: CARLO FALVELLA VIENE ASSASSINATO !!!
Da allora questa città non ha dimenticato, almeno le vecchie generazioni, certo è rimasta la città borghese e benestante di sempre, ma la solidarietà resta qualcosa di “interno” al nostro mondo, ancora una volta siamo soli, soli contro tutti, contro gli antifascisti e le sinistre ma anche contro una borghesia ipocrita, vigliacca e distratta.
Giustamente narriamo sempre delle vittime, dei nostri caduti, ma qualche anno fa, morì solo come un cane l’assassino Marini, e siccome la morte non deve portare falsità ed ipocrisia scrissi su un quotidiano locale che “la Giustizia di Dio non conosce gli odi e le ipocrisie della giustizia degli uomini”; eh si perché a volte è necessario anche ricordarsi dei carnefici.
Negli anni successivi all’omicidio, nonostante l’attiva solidarietà di gente come Dario Fo e Franca Rame, nonostante un premio letterario per le sue “poesie”, nonostante incredibile sconti di pena, Marini era diventato un derelitto al quale i compagni compravano le sigarette, un poveraccio al quale il Comune aveva dato l’incarico “sociale” di occuparsi dei giardinetti, ma un borghese può morire solo da borghese: nella sua poltrona, solo ed in casa!
Carlo Falvella, invece, sguardo innocente, pulito, occhi vivaci dietro quelle lenti spesse, era realmente un vero “bravo ragazzo” non un cercagrane; ma quella fierezza di appartenere ad un’altra razza era evidente, la razza di chi ha qualche diritto in meno degli altri, e lo vedeva negli sguardi incattiviti che incontrava sul lungomare di Salerno, dove anche solo passeggiare negli anni ’70 era una sfida, un pericolo per i “fascisti”; però poi passano 40 anni ed a differenza di Marini, CARLO FALVELLA vive nei ricordi…..raccontati, vive in quel busto di bronzo che per tanti anni ci ha tenuto compagnia e che ora è nella sede di non so più quale partito.
Vive in quei racconti di sessantenni che non tradiscono quella rabbia, quella sete insoddisfatta di vendetta o quanto meno di giustizia ma, ribadisco, c’è un’altra giustizia che non conosce avvocati, magistrati, condoni e rinvii e quella è una Giustizia inesorabile, inappellabile.
Credo ancora che quella Giustizia arriverà e colpirà ognuno di coloro che si macchiarono del sangue innocente dei nostri camerati.
Carlo Falvella era un ragazzo buono, che mai aveva fatto del male a nessuno; ed oggi nessuno deve dimenticare il suo sacrificio.
Abbiamo sempre turlupinato gli “anziani” affinché ci raccontassero qualcosa di più, un dettaglio, un particolare, qualcosa che ci facesse rivivere quegli anni perché eravamo ragazzi e pensavamo che fossero stati anni intensi, poi abbiamo capito che sono stati soprattutto anni intensi di ingiustizie e soprusi, di ragazzi ammazzati e di istigatori e furbi poi han fatto carriera.
Tra i tanti racconti ascoltati ne ricordo due: doveva essere il 1973, l’anno successivo al martirio di Falvella, i camerati stazionavano davanti ad un bar sul Corso, arriva una 500 di compagni venuti da lontano per solidarizzare con Marini in occasione del processo, chiesero informazioni sul luogo del raduno degli antifascisti, i camerati consigliarono loro di parcheggiare l’auto ed andare a piedi: quella 500 sta ancora rotolando giù per le colline di Salerno.
Sempre in quel periodo i nostri nemici erano asserragliati nell’edificio che ospitava la facoltà di Magistero a piazza Malta, erano alcune centinaia ma una notte, in piena notte, i camerati decisero che il loro sonno non poteva essere quello dei “giusti” ed allora ponendosi dal lato opposto della piazza, gridarono con voce resa più inquietante dalla notte fonda...gridarono fino a divenire rauchi…gridarono per ore “dovete morireeee”! un urlo che rimbombava e forse scuoteva anche le coscienze di quei maledetti.
La conta dei nostri martiri è lunga, nessuna vendetta e barlumi di Giustizia, per questo la parola “pacificazione” mi sembra ancora un insulto, per questo le commemorazioni istituzionali e la lapide posta dal Comune di Salerno non ci appartengono; qualche anno fa apponemmo una piccola targa a monito del sacrificio di Carlo e delle ingiustizie subite dalla nostra gente, firmata con la semplicità coerente di una celtica e la scritta “i camerati”; la targa è ancora là ma sol perché la mettemmo a 3 metri di altezza!
Ogni anno la comunità militante salernitana o quel che ne è rimasto, si stringe per ritrovare se stessa ed il senso profondo della propria appartenenza e della propria militanza, si stringe in quello slargo della nostra amata città per ricordare che, quella sera del 7 luglio 1972, forse anche San Matteo si girò dall’altra parte…..e fu assassinato un ragazzo innocente…..da quel sangue ora sbocciano fiori….
7/07/1972 – 7/07/2012 CAMERATA CARLO FALVELLA PRESENTE
falvella morì dopo che aggredì armato di coltello gente disarmata...informatevi
RispondiEliminaVorrei capire quel "La comunità salernitana o ciò che ne è rimasta" a chi è riferito. Vecchi camerati a salerno se ne contano pochissimi e l'unica comunità che ogni anno organizza un corteo con centinaia di partecipanti è CasaPound senza che nessun altro vi partecipi visto che si sfila sotto la sigla I camerati senza appropriarsi della figura di Carlo.
RispondiEliminaCordialmente
Luca Lezzi
Cpi Salerno
Caro Luca,
RispondiEliminate la spiego io. Ho uno splendido ricordo sia del dibattito sul Che sia del terzo tempo nel baretto di Pastena. E anche se, dopo una trasferta stressante posso avere un po' ecceduto, ho ben presente la realtà della vostra comunità salernitana, composta da una massa di under 30, con una componente significativa di under 20. Ed è quindi del tutto evidente che essendo nati tutti (o quasi) quando le pratiche feroci degli anni 70 erano da tempo estinte dal mio punto di vista vi rende estranei alla questione essenziale: non avete cioè alcun legame con il dovere della trasmissione della memoria a cui si sentivano ancora vocati i giovani che alla milizia si sono affacciati già oltre il bordo del secolo breve come Livio Apicella.
Caro Luca,
RispondiEliminala comunità salernitana o ciò che è rimasta,non è certamente riferito all'associazione di promozione sociale Casa Pound che da anni, organizza un riuscito presente per Carlo Falvella, al quale partecipo ogni anno, in qualità di vecchio iscritto al fronte della gioventù.
Hai ragione quando sostieni che vecchi camerati a Salerno ce ne sono pochi, ma quei pochi, per anni, da soli, hanno sempre organizzato la giornata in ricordo di Falvella.
L'ottimo Livio Apicella, autore di un interessante articolo, è stato l'organizzatore per anni della giornata in ricordo di Carlo, tra cui ricordo anche un convengno in occassione del 35 anno della tragica scomparsa, quando il ricordo di Carlo faceva paura ai dirigenti della destra di governo, Alleanza Nazionale,con eccezione di Nino Colucci.
Forse in quegli anni, eri impegnato a giocare a pallone, o frequentavi i boy scuot....
Gerardo Romano
I boy scout non l'ho mai frequentati, a pallone ci gioco ancora e nel frattempo in pochi anni siamo riusciti a far nascere una comunità impegnata su tantissimi fronti e su tutti vincente senza l'aiuto di nessuno perchè state ancora a pensare alle diatribe per spartirvi la memoria di un caduto. Ci vuole rispetto per chi da dichiaratamente fascista ha preso in mano la città.
RispondiEliminaSaluti
Luca Lezzi
Cpi Salerno
Fascista che però partecipa a convegni organizzati dal Pdl, da generazione futuro e da futuro e libertà, i cui dirigenti, ai tempi di anni, facevano di tutto per dimenticare il sacrificio di Carlo Falvella, in nome del politicamente corretto imposto da Fini ai suoi seguaci, con l'eccezione del senatore Colucci, uomo di altri tempi...Che poi addirittura hai preso in mano la città, mi fai davvero sorridere, caro Luca è l'entusiasmo dei tuoi venti anni...
RispondiEliminaGerardo Romano