Stefano Delle Chiaie, i misteri d'Italia e l'Internazionale nera: un dispositivo di invisibilità
(umt) Venerdì pomeriggio all'Anfitrione la presentazione dell'autobiografia di Stefano Delle Chiaie è stata poco più di un pretesto per un rito tribale, il rinnovo del vincolo con il capo di un'organizzazione che non esiste ormai da quasi quarant'anni (36 per l'esattezza) ma che continua a segnare stili di vita e di relazioni di decine di oramai anziani militanti neofascisti. Un legame veramente unico e che il "piccolo grande capo" ha sottolineato: "Io mi sento ancora di Avanguardia". Evidentemente, non è il solo ad avere per motto "onore e fedeltà". In parecchi hanno fatto centinaia di chilometri per confermare questa appartenenza: da Trieste, da Bergamo, da Cremona. Lo stesso libro, del resto, è stato scritto con lo scopo precipuo di chiudere i conti con un passato segnato da "accuse ignominiose" per il gruppo e restituire dignità ai suoi militanti. La strategia delle rilevanze - come è emerso da una franca discussione tra il sottoscritto e l'autore sul caso Palladino - più che a ricostruire le vicende personali è stata sistematicamente orientata a descrivere le dinamiche del gruppo e quindi, nello specifico, un disegno criminoso che ha visto finire ammazzati o mancate vittime di progetti omicidi ben cinque militanti nell'arco di un anno. Una vicenda per altro già nota agli addetti ai lavori: perché Delle Chiaie l'aveva raccontata già, nel 1989, appena uscito dal carcere, a Sandro Provvisionato, per il suo libro a quattro mani, con Adalberto Baldoni sulla notte della repubblica.
Ed è vero anche il contrario: in effetti la trama delle domande che il lettore si pone molte volte finisce per costruire un potente effetto di distorsione. Così, ad esempio, i diversi critici delusi dalle mancate risposte sui misteri italiani non si sono accorti che Delle Chiaie fa una clamorosa rivelazione e cioè che l'organizzazione internazionale da lui promossa a metà degli anni '70 in Spagna aveva tra i suoi capi due tra le personalità più note dei sopravvissuti alla catastrofe del nazionalsocialismo: Otto Skorzeny, l'ufficiale che liberò Mussolini e gestì la repressione della congiura contro Hitler del luglio 1944, e Leon Degrelle, il leader del rexismo e poi eroe di guerra che il Führer avrebbe voluto come figlio. Un'organizzazione davvero potente se ha consentito al giovanotto cresciuto al Quadraro di trattare alla pari con Capi di Stato che hanno segnato la storia dei loro paesi: da Peron a Franco a Pinochet. E c'è in effetti uno scarto inquietante tra la traccia effettiva che Avanguardia nazionale ha lasciato nella storia italiana e invece la ricchezza del curriculum internazionale del suo capo, che, inseguendo il suo progetto nazionalrivoluzionario, ha ricoperto incarichi prestigiosi in Cile e Bolivia, tenuto elevatissime interlocuzioni politiche in Spagna, Argentina e Venezuela, ma anche organizzato attività di guerriglia o di insorgenza in Portogallo, Angola, Costarica.
PS: Appena finito di scrivere questo post leggo la recensione (molto positiva) del libro scritta per il "Secolo d'Italia" da Antonio Pannullo che all'esperienza internazionale dedica giusto due righe: Dal periodo sudamericano Delle Chiaie trae una riflessione importante soprattutto per i giovani: «...Mi sentii boliviano e capii cosa significasse in concreto che la mia Patria è là dove si combatte per la mia Idea». Ben scavato, vecchia talpa.
Mi pare Tassinari abbia colto il senso della serata….solo chi non abbia una conoscenza anche superficiale di Dumezil, Eliade, Guenon e compagnia bella può sentirsi “toccato” dal quel “rito tribale” sparato in apertura…c’era, senz’altro, insieme all’apprezzamento dei lettori per l’opera dei coautori, che, se no, nonostante Delle Chiaie, la partecipazione sarebbe stata meno convinta….
RispondiEliminaL' accenno a Skorzeny e Degrelle mi conferma nella convinzione che avevo espresso in un post tempo fa….con Delle Chiaie e Rauti (e arrivando fino a quelli come me, nati all’inizio degli anni ’50) finisce il “neofascismo”, fatto di ritualità (il 25 aprile, il 28 ottobre…) di uomini (Borghese, Graziani, lo stesso Almirante…), di idee (corporativismo/socializzazione, Evola/Gentile)….ciò che viene dopo è un’altra cosa…chiamiamola come vogliamo…anche “fascisteria”, ma siamo su un diverso terreno
Anche da questo nasce il “rinnovo di un vincolo”, che, addirittura (è forse il mio caso) può arrivare a legare oggi chi ieri non ritenne di sottoscriverlo