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Dopo la sentenza di #Brescia: finiti i #processi, le #stragi passino alla storia (e al lavoro degli storici)

Andrea Colombo mi ha chiesto una riflessione sulla sentenza di Brescia per il blog del settimanale "Gli altri". Eccola
di Ugo Maria Tassinari
“Benedetta, ma a cosa servono i tribunali?”
“Eugenio, a raccogliere documenti”.
Nel desolato scambio di battute tra due dei protagonisti, in drammatica solitudine, della battaglia affinché l'ultima strage con processo aperto non finisse nel dimenticatoio (e nell'impunità: ma questo era un esito già prevedibile) c'è tutto il senso dell'amarezza per la sentenza odierna in cui gli unici condannati sono le parti civili che dovranno pagare le spese di giustizia.
Eugenio è uno dei tanti compagni bresciani che quella mattina a piazza della Loggia c'era e 37 anni dopo ancora prosegue, con ostinazione degna di più fortunati esiti, la battaglia per la verità e la giustizia per le vittime della strage.
Benedetta neanche c'era al mondo: è nata nel '77 ma siccome nel sesto anniversario della strage suo padre è stato ammazzato e gli assassini se la sono cavata con poco e niente grazie alla legge sui pentiti, ha ritenuto di doversi fare carico, in qualche modo, di un ruolo doloroso di testimonianza e di portaparola, per rompere la cappa soffocante del silenzio. E sul diritto alla conoscenza della storia e dell'esercizio della memoria per i giovani che non c'erano, ha avuto modo, nelle scorse settimane, di polemizzare, con garbo, rispettosamente, con Adriano Sofri, mentre infuriava la bufera sul “romanzo di una strage” di Giordana e sull'infelice idea di associare una meritoria opera artistica (se si pensa che i ragazzini credono che piazza Fontana l'hanno fatta i brigatisti rossi) a un libro contestatissimo come quello di Cucchiarelli.
E siccome nella promozione del film, così come nel bellissimo documentario sull'Italicus di Guzzo e Quadretti, si è fatto ampio richiamo del “j'accuse” di Pasolini, nel prendere atto della chiusura dell'ultimo portone giudiziario per la verità sulla strage di Brescia, per una volta mi voglio mettere alla finestra e unirmi al coro: “Io so ma non ho le prove”.
Io so che nel 1974 l'Italia stava voltando pagina in un contesto di nuovi equilibri mediterranei ed europei: con la guerra del kippur alle spalle e la conferenza di Helsinki alle porte, con i “fascismi mediterranei” in decomposizione (tra crisi di successione in Spagna per la morte di Carrero Blanco e contraccolpi dei fallimenti 'coloniali' in Portogallo e Grecia) e il grande capitale italiano che, sull'onda dell'austerity decideva la strada della ristrutturazione selvaggia e quindi della cogestione sindacale (con l'accordo sul punto unico di contingenza), quegli zucconi degli oltranzisti atlantici, i “partigiani bianchi” legati ai servizi americani (Fumagalli) e britannici (Sogno) dimostreranno di avere i riflessi lenti. Continueranno infatti a portare avanti, contro il senso di marcia della storia, i loro tentativi di riassetto autoritario con modalità più o meno violenta, fino a sbatterci il grugno.
Io so che le due stragi del 1974 maturano in questo contesto, nelle due realtà territoriali in cui più forte è l'intreccio tra vertice atlantista (Fumagalli, Gelli) e manovalanza fascista (le Sam, Ordine nero), che ragionava in termini di doppia ondata ("prima ci scrolliamo da dosso i comunisti che se no ci massacrano con l'aiuto di questi e poi ci giochiamo la partita della rivoluzione nazionale", mi spiegava Zani che del secondo gruppo è stato autore del brand e addetto stampa). Quanto a Brescia, poi, sono convinto che di una strage anomala si tratti: e cioè non contro un bersaglio indiscriminato ma contro i carabinieri – che nel punto dello scoppio dell'ordigno normalmente stazionavano durante i comizi - rivelatisi improvvisamente nemici, con la trappola fatta scattare con la vendita dell'esplosivo che incardina a Brescia l'inchiesta contro il Mar di Fumagalli che porta al suo smantellamento alla vigilia del referendum sul divorzio.
Ma non posso farci niente. E quindi chiudo con il calco pasoliniano e ritorno alle battute iniziali. Perché con l'imponente massa di documenti accumulati in quaranta e più anni di inchieste sulle stragi bisognerà fare i conti, quanto meno per tracciare la cartografia della vergogna, il ruolo giocato dagli uomini (a cominciare dal capitano Delfino) e dalle strutture istituzionali nella guerra civile a bassa intensità che ha insanguinato l'Italia negli anni Settanta.

5 commenti:

  1. Intanto ci sono persone che sicuramente quella verita' la sanno: uno e' morto (Ermanno Buzzi, confidente di Delfino, mitomane, altro presunto fascista), un altro e' vivo (il capitano Delfino) e il terzo non lo so ma per sua stessa ammissione ribadita PIU' VOLTE la verita' la conosce perfettamente ma non ha mai voluto parlarne (Orlando, n.2 del Fronte di Borghese che pure questo movimento cosi' fascista poi non lo era affatto dato che il vertice era fatto da monarchici, ex democristiani ed era pure costituito dal fiore fiore degli immobiliaristi della Capitale( con tanti saluti alla Rivoluzione Nazionale e magari pure ....Popolare!)
    Sono passati trentotto anni, nessuno di questi personaggi e' stato sentito in fase processuale facendogli domande serrate, puntuali, stringenti e portando testimoni. Come mai??
    Secondo: Giancarlo Esposti certo qualche ammicatura con i carabinieri l'aveva, poi puntualmente quando si accorge che qualcosa non quadra ed alcune protezioni cui aveva goduto nel passato erano finalizzate a ben altro (ovvero incastrarlo DOPO)viene brutalmente ammazzato con un ben preciso colpo alla testa sparato da un tiratore scelto.
    Ingenui ravvedutisi troppo tardi e come sempre giochi di potere come sempre ben oliati ...........


    Ago

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  2. Finché perdura il dogma teologico,che le stragi sono sempre attribuibili ai neofascisti,come manovalanza o peggio come organizzatori, non si caverà un ragno dal buco.L'opinione pubblica e gli addetti ai lavori, sono prigionieri di schemi mentali ideologici, già confezionati da decenni di intossicazione culturale, di campagne mass mediatiche, che portano i cervelli all'ammasso.Scendiamo dall'astratto al concreto:la vicenda della foto di Valpreda, può essere presa a modello.L'anarchico è innocente a prescindere dalle prove, perché il mostro da sbattere, in prima pagina, deve essere necessariamente un nazifascista. La verità non verrà mai dagli storici legati alle mafie accademiche,ai cenacoli culturali, poiché succubi di superati schemi mentali.UMT cui prodest, si chiedevano i nostri avi;nella risposta vi è la chiave interpretativa giusta.Dal mito della "strategia della tensione", il PCI e la DC, usciranno vincitori sotto tutti i punti di vista;l'unico partito estromesso da ogni gioco politico fu il MSI di Almirante, tutto il resto è aria fritta!Temistocle Vaccarella.

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  3. ...eppure secondo me vi e' stata si un'unica strategia della tensione ma prodotta con finalita' diverse e le mire geopolitiche di Madama a stelle e strisce e del potere democristiano cambiano dal 1974. Brescia e' il punto di svolta. Quanto a Piazza Fontana a livello di ORGANIZZAZIONE il coinvolgimento di certi "pdeudofascisti" veneti a libro paga dei servizi e' pesantissimo e riscontrabile da numerosissime testimonianze ( anche NON pentiti.....), ma sull'innocenza totale di Pietro Valpreda io non sarei cosi' sicuro come altri (magari per farne solo un attentato dimostrativo e questo spiegherebbe oltretutto pure il timer modificato da Carlo Digilio a sua insaputa)), anche se prove certe e sicure su di lui non ve ne sono. Vi sono pero' indizi gravi e pesanti e la piu' volte ribadita e confermata testimonianza del tassista Rolandi, nuovamente riproposta fino all'ultimo istante, anche in punto di morte del tassita stesso.




    Ago

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  4. Ago, dai Rolandi aveva seri problemi di alcolismo e aveva subito diverse pressioni da quegli elementi all'interno delle qestura di milano puntavano per fini politici a che passase l'idea della pista anarchica, non può essere considerato un testimone attendibile.
    Inoltre nel bene o nel male anarchici o sedicenti tali le loro bombe -vedi Bertoli - se le sono sempre rivendicate .
    Quindi se Valpreda dice di essere innocente io gli credo, cosa che purtroppo non posso fare con certi "camerati" vedi LaFenice, ordinovisti veneti e compagnia che hanno semlre solidarizzato con chi come Nico Azzi che senza se e ma aveva tentato di far saltare un treno con a bordo donne e bambini.

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  5. Quota l'inqualificabile solidarieta' a Nico Azzi, non la certezza di assoluzione di Valpreda ( e nemmeno quella di certa colpevolezza). Per il resto un commento interessante e serio, ma credo sarebbe meglio ti firmassi.
    Buona domenica

    Ago

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