"Il fez e la kippah": gli antagonisti padani si appellano alla libertà di ricerca storica
Continua la querelle su "Il fez e la kippah", che ha ormai assunto rilievo internazionale. Il CFCA, il forum di coordinamento per la lotta all'antisemitismo, ha rilanciato la notizia di Affiches antisémites dans une université catholique A sua volta, la Comunità antagonista padana, sotto accusa per aver propagandato la presentazione del libro organizzata dal centro culturale cattolico-integralista don Albertario, ha lanciato un appello per la libertà di ricerca storica e ha replicato a Lettera 43:
Arriva poi la replica di Rinascita, il quotidiano della sinistra nazionale, che respinge gli attacchi della storica Anna Foa che, prendendo spunto da un articolo di Ernesto Ferrante sulla vicenda, li accusa di essere un "giornale neonazista".
"siamo i responsabili della Comunità antagonista padana dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e abbiamo letto con un certo stupore l'articolo di Jonathan Russo dal titolo fumettistico «Milano, nazi alla padana».Ci sembra di vivere nel Paese dei balocchi (non a caso l'Italia), un Paese dove la semplice promozione di un convegno di studi (con relativa immagine didascalica della copertina) possa suscitare tutte queste polemiche. Qualunque precisazione ormai, data la velocità della comunicazione nella blogosfera, risulta comunque tardiva ma almeno, per la storia e per la tranquillità della nostra coscienza, ci preme fare alcune precisazioni. Non c'erano manifesti antisemiti, né sono stati rimossi (quello di critica a Umberto Silva e alla sua assai strana 'teologia' della storia fa ancora bella mostra di sé in ateneo). Abbiamo, d'accordo con l'Università, sostituito pro bono pacis il cartellone con l'immagine del libro con un manifesto a favore della libera ricerca storica. Incoraggiamo infatti la ricerca storica (senza alcuna limitazione né di campo, né di tema), non in ossequio a una visione liberale della società che ci trova estranei ma in ossequio alla verità che non può essere messa a tacere in nessun campo".
Viviamo proprio in un mondo alla rovescia. Ci si taccia di antisemitismo – o di fascismo o di neonazismo - quando è semplicemente inesistente una critica alla comunità ebraica nel suo insieme. Ma non nascondiamo, né abbiamo mai nascosto la nostra avversità, invece, al sionismo. Avversità condivisa peraltro da molti ebrei del mondo. E’ vietato? Non c’è diritto di pensare diversamente dalle masse cloroformizzate dai media d’Occidente? Dobbiamo fare nostro l’anatema contro Dante, o Shakespeare o Voltaire tirato in ballo proprio in questi giorni da fonti ebraiche? Se riportiamo testualmente l’iraniano Mahmud Ahmadinejad o l’ebreo Israel Shamir siamo rei di sacrilegio, mentre se, facciamo un esempio, intervistiamo – e ne riportiamo testualmente il pensiero – Furio Colombo siamo “corretti”? Ci dobbiamo scusare per la nostra esistenza? E’ questo il senso dell’art. 21 della nostra vigente Costituzione? Ci sarà mai una risposta – priva di anatemi - a queste domande?
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