I difficili rapporti tra il reazionario Scalfaro e la fascisteria
(umt) A dare voce a chi non dimentica e non vuole perdonare il giovane magistrato che condannò a morte alcuni miliziani della Repubblica sociale - e ha riempito Facebook di status con un necrologio firmato dalle vittime della sua intransigenza - ci pensa Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra, che ricorda il suo ruolo politico, in occasione del ribaltone: «Cordoglio per chi muore, ma non dimenticheremo mai il ribaltone del '94 e la sua faziosità - ha scritto l'ex governatore del Lazio nella sua pagina Facebook in morte di Oscar Luigi Scalfaro -. Non c'è dubbio: non ricordo un presidente della Repubblica peggiore di lui». Allora Storace militava in Alleanza nazionale, che proprio in quei giorni dell'inverno 1995 andava a nascere a Fiuggi.
Quanto all'episodio che lo ha consegnato alla storia come un moralista bigotto ho scoperto soltanto in questa occasione che la donna "vittima" della sua intolleranza era una militante missina. Questo il gusto racconto che ne fa Claudio Modola, il portavoce di Confederatio, nel suo profilo Facebook:
Era il 15 luglio 1950, una estate afosa (“Scalfaro, una vita da Oscar”). Il trentaduenne Oscar Luigi Scalfaro entra da “Chiarina”, trattoria di via della Vite a Roma, con amici. Scalfaro ci mette il carico: “Lei, signora, così vestita è una bestia!”. Altri si sarebbero intimoriti, ma non la militante del Msi che risponde per le rime. Oscar si precipita fuori e rientra con due poliziotti. Tutti in commissariato e denunce reciproche. Il 14 novembre lo scandalo si trasforma in dibattito parlamentare. Scelba, già in lotta contro i bikini, è diplomaticamente assente (anni dopo a Tv imperante si misero anche a misurare la lunghezza delle mutande). Oscar prende la parola, con un virtuosismo retorico definisce la bella Edith una “donna che non è più privata”, ma nella foga ahimé ne coinvolge indirettamente anche il padre, il colonnello dell’aviazione grand’ufficiale Mingoni, 67 anni che non sta lì a pensarci e la sera stessa sfida a duello il futuro presidente della Repubblica. I due padrini, per due giorni cercano inutilmente e ovunque lo sfidato. Alla fine, stremati, lasciano all’ufficio postale della Camera il “cartello di sfida cavalleresca”. I giornalisti già pregustano lo spargimento di sangue, ma Oscar li delude dichiarando che sarebbe poco serio accettare, e poi “per obiezione di coscienza” non può accettare l’idea di battersi con le armi e uccidere qualcuno. (col codice si) . (...) Per quanto la nostra ammirazione per il " Monumentale rappresentante dello Stato nella sua plasticita' istituzionale" fosse arrivata da tempo ai minimi storici , riconosciamo una genuina sorpresa alla "Chicca" datata. (...) Un puritanesimo democristo applicato in un contesto da bettolla al quale risponde la sanguingna e intuibile reazione della Dama e la sfida a duello del papa' con i gradi sul pigiama e i capelli all'umbertina (presumo) e' una delizia pari solo all'indecente declinare a radice umanitaria del giovane Oscar contraddetta dalle allora recenti condanne a morte post belliche che nonostante il travaglio ben sorvegliato dal pretame circostante , portano in modo storicamente provato la sua firma. Insomma una storia classica di Italiaca cialtroneria.
“Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti. La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei princìpi cristiani, ammetterà che è speciosa e infondata.
RispondiEliminaIl sentimento cristiano, prima di essere da Lei invocato per sottrarsi a un dovere che è patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire a Lei e ai Suoi Amici di fare apprezzamenti sulla persona di una Signora rispettabilissima.
Abusi del genere comportano l’obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all’attenzione pubblica, per ogni loro atto.
Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa”.
Principe Antonio De Curtis.
Andrea
Scalfaro non è stato un grande presidente, non bisogna metterlo al pari di altri presidenti della repubblica (come ad esempio Francesco Cossiga). In questo modo, si rischia di fare un torto alla storia di questo paese. Fu Scalfaro a essere uno dei tanti bigotti della prima repubblica, lui, che perse tempo a discutere con una missina perché stava in pubblico con le spalle scoperte. Lui, che anziché difendere la sicurezza del paese, l'apparato d'inteligence, ce lo distrugge, lui che non ci ha mai spiegato cosa accadde realmente nell'epoca di Tangentopoli, dove tutti i partiti di allora erano al tracollo. Se fosse stato più umile, oggi potremmo criticarlo di meno dargli meno colpe, se avesse ammesso di aver sbagliato, almeno una volta nella vita, gli avremmo riconosciuto qualche merito. Invece, Scalfaro ha preferito fare finta di niente come se i suoi trascorsi politici, non avessero un valore agli occhi degli italiani. Con questo atteggiamento, Scalfaro ha perso l'occasione per ripulire la propria immagine dalle macchie della sua carriera. Come tutti i presidenti della repubblica (escludendo Cossiga) ha sempre rifiutato di spiegare realmente il vero valore della libertà. Come tutti i senatori a vita, non si è mai rimesso in discussione per i fatti accaduti in passato, ma ha sempre privilegiato il posto del mentore che non sbaglia mai. Insomma, Scalfaro, per molti versi ha sbagliato a porsi davanti ai problemi dell'Italia, ha sbagliato a non difendere i nostri servizi segreti, a non spiegarci perché l'allora ministro della giustizia Conso, avesse revocato il carcere duro per i mafiosi, ha sbagliato a non dirci se il discorso del papello dove nacque la presunta trattativa fra lo stato e la mafia, fosse vero o no, e ha sbagliato a non dirci chi fu a spingere per trattare con la mafia. Perciò, va bene il dispiacere per la sua morte, ma non rendiamolo intoccabile. Perché in fondo, è pur sempre stato un uomo. Un uomo come tutti.
RispondiEliminaQuotone al giovane Giianca 87 con l'aggiunta delle quattro pensioni (......e che pensioni!!!!) piu' l'indennita' ( .....e chhe indennita' anche qui) di senatore a vita. Sul resto non aggiungo assolutamente NIENTE. Appunto per pieta' cristiana e rispetto della morte.
RispondiEliminaStop