De te fabula narratur
La rivista "Indipendenza" ha deciso di festeggiare il ventennale della mia firma come direttore responsabile della testata dedicandomi quest'articolo. Rispettando una consolidata prassi si sono ben guardati dal mandarmi il testo in visione. Lo avessero fatto, gli avrei ricordato che manca un pezzo di storia, di cui parleremo in un prossimo post.
UGO MARIA TASSINARI E “INDIPENDENZA”
Il rapporto con Ugo Maria Tassinari data dal 1992, quando si rese disponibile a subentrare all'allora uscente direttore responsabile della nostra rivista. Per aggirare le norme restrittive sulla libertà di stampa, che impediscono l’edizione di una pubblicazione in assenza di un giornalista professionista o pubblicista che funga da direttore, ci sono giornalisti –non è facile trovarne– che si rendono disponibili a consentire, con il proprio nome, l’esercizio fattivo di detta libertà. Tassinari sinora si è posto tra questi.
Come da prassi in questi casi, all'atto dell’uscita del primo numero di "Indipendenza" recante la sua firma, fu pubblicato un box in cui Tassinari rendeva pubblica la sua scelta precisando che non automaticamente o necessariamente di condivisione delle posizioni politiche della rivista si trattava ma, rispetto appunto a normative illiberali sulla stampa, di un atto garantista da lui rigorosamente affermato e orgogliosamente rivendicato. Insomma, qualcosa riecheggiante quella nota massima, attribuita in modo più o meno condiviso a Voltaire, che riassumerebbe lo spirito dell'epoca dell'Illuminismo: “disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. Lungo tutto questo periodo ad oggi, Tassinari non ha mai ricavato alcunché, in termini di benefici, dal ruolo ricoperto, né esercitato alcun tipo di condizionamento o la benché minima interferenza sulle scelte d’indirizzo ed i contenuti editoriali della rivista cosa che, del resto, avrebbe determinato una separazione.
Per tutto questo non possiamo che esprimere gratitudine e apprezzamento nei suoi confronti.
La storia di Ugo Maria Tassinari ha un retroterra di «militante dell’antagonismo sociale negli anni Settanta», impegnato «sul fronte della solidarietà per i prigionieri degli anni di piombo, partecipando in prima persona alle campagne per la soluzione politica», con posizioni politiche «evolute da un marxismo critico di matrice operaista nella direzione di un radicale libertarismo» che lo vedono ancora collocato, come da sue pubbliche dichiarazioni, irriducibilmente ‘a sinistra’. Da circa 25 anni i suoi interessi di giornalista professionista e di scrittore sono rivolti al variegato mondo della destra radicale che ha portato alla produzione di libri (“Fascisteria”, “Naufraghi”, “Guerrieri”, ecc.), dvd, saggi, un blog (http://www.fascinazione.info/), eccetera. L’investigare con approccio e metodologia da inchiesta sociologica ‘oltre le linee’, il dar voce alla pluralità di voci di quel mondo, la disponibilità a presentare e discutere le proprie pubblicazioni anche in luoghi culturali e politici della destra radicale, tutto questo gli ha attirato contestazioni, anche molto dure, di compagni e settori di cosiddetta "sinistra antagonista". Come effetto derivato, critiche, accuse, provocatorie insinuazioni, veri e propri castelli teoremici falsi e diffamatori, tutto relazionato dall'essere Ugo Maria Tassinari direttore responsabile di "Indipendenza", non sono mancati ad ondate ricorsive dall'investire la rivista, accusata, in sintesi, di collusione, se non proprio –da taluni– di organicità con il mondo della fascisteria.
Ora, la necessità di avere un direttore responsabile, che presti la sua firma senza nulla a pretendere a partire dai contenuti e dagli indirizzi della rivista, non ci porterebbe a cercare una figura purchessia, collocata in ambito politico a noi estraneo e contrapposto. Chi ci legge, segue le nostre iniziative, osserva con chi costruiamo relazioni politiche e non è prevenuto per livore o pregiudizio politico o, peggio ancora, per stupidità o interessata attività di provocazione dettata, ad esempio, dalla sua internità ad apparati della repressione, sa che le accuse che ci vengono rivolte –di essere in qualche modo “contigui” all’ambiente politico che fa riferimento alla destra radicale– sono a dir poco risibili.
Tutto ciò poteva essere superfluo ma tant’è.
Qui potremmo chiudere la questione, però qualche considerazione ci preme farla, per chiarezza ulteriore e per la valenza politica di una questione che, pur non riguardando direttamente né indirettamente "Indipendenza" ma il lavoro di Ugo Maria Tassinari, pur tuttavia merita a nostro avviso di essere focalizzata.
Innanzitutto documentarsi e parlare con cognizione di causa non fa mai male. Dovrebbe essere l’abc. Da questo punto di vista il lavoro d’informazione e documentazione di Tassinari sulla fascisteria è interessante ed importante, tanto più se è interno, dal punto di vista delle fonti, a quel mondo, le cui azioni, iniziative, dinamiche vanno conosciute per essere contrastate sul terreno politico e sociale. Viste e considerate –tra l’altro– le capacità aggregative che certe realtà di quel mondo mostrano di avere tra i settori giovanili, aree di aggregazione sociali e zone delle periferie urbane. Avere un’idea approssimativa o, peggio, caricaturale del “nemico” non è mai una posizione politicamente intelligente e lungimirante. Il pregio informativo che troviamo nel lavoro editoriale di Ugo Maria Tassinari fa però da contraltare al limite che rinveniamo nella scarsa, pressoché nulla, investigazione di quello che è il livello politico-teorico delle diverse formazioni della destra radicale.
Ci pare questo un piano decisivo che potrebbe chiarire e riflettere l’insussistenza, l’infondatezza e la conseguente pretestuosità di molta ‘estetica’ rivendicativa, suppostamente nuova, di diversi gruppi della fascisteria che si dichiara tale e non. Un’ulteriore ricaduta di interesse che rinveniamo nel lavoro d’indagine svolto sull'ambiente di estrema destra emerge dalle innumerevoli ricostruzioni, contenute ad esempio nei libri pubblicati, su tanti passaggi cruciali della storia del nostro paese. Ricostruzioni in cui molte delle figure che in quell’ambiente si ammantano o si sono ammantate di una presunta immagine “rivoluzionaria”e antisistemica, risultano al contrario fortemente colluse, se non organiche, a massonerie, apparati militari e polizieschi, servizi anche stranieri, interessi atlantici. A destra si vive di miti. Demistificarli non potrebbe che fare del bene e aprire gli occhi a tanti giovani che superficialmente si avvicinano a certe aree. Nei testi di Tassinari ce ne sono a iosa di passaggi che in tal senso risulterebbero molto significativi e devastanti per una ricostruzione storica e politica di quel mondo. Collegati ad una disamina analitica politica e teorica, storica ed attuale, le destre anche radicali, nelle sue varie espressioni, ne uscirebbero dialetticamente, politicamente, con le ossa rotte. In tempi di dilagante revisionismo, neanche tanto strisciante, non ci sembra una cosa da poco.
UGO MARIA TASSINARI E “INDIPENDENZA”
Il rapporto con Ugo Maria Tassinari data dal 1992, quando si rese disponibile a subentrare all'allora uscente direttore responsabile della nostra rivista. Per aggirare le norme restrittive sulla libertà di stampa, che impediscono l’edizione di una pubblicazione in assenza di un giornalista professionista o pubblicista che funga da direttore, ci sono giornalisti –non è facile trovarne– che si rendono disponibili a consentire, con il proprio nome, l’esercizio fattivo di detta libertà. Tassinari sinora si è posto tra questi.
Come da prassi in questi casi, all'atto dell’uscita del primo numero di "Indipendenza" recante la sua firma, fu pubblicato un box in cui Tassinari rendeva pubblica la sua scelta precisando che non automaticamente o necessariamente di condivisione delle posizioni politiche della rivista si trattava ma, rispetto appunto a normative illiberali sulla stampa, di un atto garantista da lui rigorosamente affermato e orgogliosamente rivendicato. Insomma, qualcosa riecheggiante quella nota massima, attribuita in modo più o meno condiviso a Voltaire, che riassumerebbe lo spirito dell'epoca dell'Illuminismo: “disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. Lungo tutto questo periodo ad oggi, Tassinari non ha mai ricavato alcunché, in termini di benefici, dal ruolo ricoperto, né esercitato alcun tipo di condizionamento o la benché minima interferenza sulle scelte d’indirizzo ed i contenuti editoriali della rivista cosa che, del resto, avrebbe determinato una separazione.
Per tutto questo non possiamo che esprimere gratitudine e apprezzamento nei suoi confronti.
La storia di Ugo Maria Tassinari ha un retroterra di «militante dell’antagonismo sociale negli anni Settanta», impegnato «sul fronte della solidarietà per i prigionieri degli anni di piombo, partecipando in prima persona alle campagne per la soluzione politica», con posizioni politiche «evolute da un marxismo critico di matrice operaista nella direzione di un radicale libertarismo» che lo vedono ancora collocato, come da sue pubbliche dichiarazioni, irriducibilmente ‘a sinistra’. Da circa 25 anni i suoi interessi di giornalista professionista e di scrittore sono rivolti al variegato mondo della destra radicale che ha portato alla produzione di libri (“Fascisteria”, “Naufraghi”, “Guerrieri”, ecc.), dvd, saggi, un blog (http://www.fascinazione.info/), eccetera. L’investigare con approccio e metodologia da inchiesta sociologica ‘oltre le linee’, il dar voce alla pluralità di voci di quel mondo, la disponibilità a presentare e discutere le proprie pubblicazioni anche in luoghi culturali e politici della destra radicale, tutto questo gli ha attirato contestazioni, anche molto dure, di compagni e settori di cosiddetta "sinistra antagonista". Come effetto derivato, critiche, accuse, provocatorie insinuazioni, veri e propri castelli teoremici falsi e diffamatori, tutto relazionato dall'essere Ugo Maria Tassinari direttore responsabile di "Indipendenza", non sono mancati ad ondate ricorsive dall'investire la rivista, accusata, in sintesi, di collusione, se non proprio –da taluni– di organicità con il mondo della fascisteria.
Ora, la necessità di avere un direttore responsabile, che presti la sua firma senza nulla a pretendere a partire dai contenuti e dagli indirizzi della rivista, non ci porterebbe a cercare una figura purchessia, collocata in ambito politico a noi estraneo e contrapposto. Chi ci legge, segue le nostre iniziative, osserva con chi costruiamo relazioni politiche e non è prevenuto per livore o pregiudizio politico o, peggio ancora, per stupidità o interessata attività di provocazione dettata, ad esempio, dalla sua internità ad apparati della repressione, sa che le accuse che ci vengono rivolte –di essere in qualche modo “contigui” all’ambiente politico che fa riferimento alla destra radicale– sono a dir poco risibili.
Tutto ciò poteva essere superfluo ma tant’è.
Qui potremmo chiudere la questione, però qualche considerazione ci preme farla, per chiarezza ulteriore e per la valenza politica di una questione che, pur non riguardando direttamente né indirettamente "Indipendenza" ma il lavoro di Ugo Maria Tassinari, pur tuttavia merita a nostro avviso di essere focalizzata.
Innanzitutto documentarsi e parlare con cognizione di causa non fa mai male. Dovrebbe essere l’abc. Da questo punto di vista il lavoro d’informazione e documentazione di Tassinari sulla fascisteria è interessante ed importante, tanto più se è interno, dal punto di vista delle fonti, a quel mondo, le cui azioni, iniziative, dinamiche vanno conosciute per essere contrastate sul terreno politico e sociale. Viste e considerate –tra l’altro– le capacità aggregative che certe realtà di quel mondo mostrano di avere tra i settori giovanili, aree di aggregazione sociali e zone delle periferie urbane. Avere un’idea approssimativa o, peggio, caricaturale del “nemico” non è mai una posizione politicamente intelligente e lungimirante. Il pregio informativo che troviamo nel lavoro editoriale di Ugo Maria Tassinari fa però da contraltare al limite che rinveniamo nella scarsa, pressoché nulla, investigazione di quello che è il livello politico-teorico delle diverse formazioni della destra radicale.
Ci pare questo un piano decisivo che potrebbe chiarire e riflettere l’insussistenza, l’infondatezza e la conseguente pretestuosità di molta ‘estetica’ rivendicativa, suppostamente nuova, di diversi gruppi della fascisteria che si dichiara tale e non. Un’ulteriore ricaduta di interesse che rinveniamo nel lavoro d’indagine svolto sull'ambiente di estrema destra emerge dalle innumerevoli ricostruzioni, contenute ad esempio nei libri pubblicati, su tanti passaggi cruciali della storia del nostro paese. Ricostruzioni in cui molte delle figure che in quell’ambiente si ammantano o si sono ammantate di una presunta immagine “rivoluzionaria”e antisistemica, risultano al contrario fortemente colluse, se non organiche, a massonerie, apparati militari e polizieschi, servizi anche stranieri, interessi atlantici. A destra si vive di miti. Demistificarli non potrebbe che fare del bene e aprire gli occhi a tanti giovani che superficialmente si avvicinano a certe aree. Nei testi di Tassinari ce ne sono a iosa di passaggi che in tal senso risulterebbero molto significativi e devastanti per una ricostruzione storica e politica di quel mondo. Collegati ad una disamina analitica politica e teorica, storica ed attuale, le destre anche radicali, nelle sue varie espressioni, ne uscirebbero dialetticamente, politicamente, con le ossa rotte. In tempi di dilagante revisionismo, neanche tanto strisciante, non ci sembra una cosa da poco.
"Indipendenza" non sarebbe niente male se non avesse contratto il solito stupido antifascismo di maniera. I vincitori della 2GM hanno creato il virus più resistente e più distruttivo che la storia politica moderna abbia mai conosciuto.
RispondiElimina"E infine buon anno a tutti quelli che agiscono in prima persona, controcorrente, per una presenza intelligente e attiva, per una socialità autonoma e vissuta e che, restando fedeli ai rispettivi humus, possono fornire le diverse avanguardie di una nuova sintesi peronista". (Dagli auguri di buon anno di Adinolfi).
Non so se Adinolfi abbia avuto occasione di leggere quanto scrissi su CPI qualche tempo fa, ovvero che mi ricordava - occupando case per sfrattati - la sinistra peronista più che il fascismo (movimento o regime). Certamente le sintesi possono essere peroniste, bolivariane, o, in Europa, fasciste, ma anche no, perché la demonizzazione del fascismo peserà ancora come un macigno. Furono fortunati gli intellettuali fascisti che "vissero due volte", diventando comunisti... e lo furono quasi tutti, molto fortunati, grazie a Togliatti... anche il nostro Presidente della Repubblica, che sulla rivista studentesca padovana "il Bò" scrisse, nel 1941, sull'Operazione Barbarossa in termini elogiativi: la descrisse in termini di missione civilizzatrice dei popoli slavi.
A proposito che "a destra si vive di miti", come scrivono i pur bravi compagni di "Indipendenza", vittime anche loro di quella Monsanto antifascista che è il "Repubblichiere della Sera".
i compagni di "indipendenza" si dovrebbero rendere conto che non possono permettersi di prendere per culo i compagni e poi pretendere di essere accolti nei nostri spazi.
RispondiEliminaSiamo antifascisti e voi liberi di scegliere come comportarvi. Tra l'altro neanche vi rendete conto che i veri patrioti (voi direste nazionalitari,sbagliando) stanno proprio a sinistra...crepate da soli.
Patria o morte!
Come dire, cornuto e mazziato...
RispondiEliminaMa no, le corna come le mazzate si danno e si prendono. Basta non prendersi troppo sul serio ...
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