Scontri di Roma, non c'era solo il blocco nero ma i precari in lotta
(umt) Tra le tante narrazioni degli scontri del 15 ottobre a Roma merita qualche attenzione quella di Acrobax, lanciata nei giorni scorsi da "La Repubblica". Il centro sociale del quartiere San Paolo a prevalente composizione di precari, è una realtà dell'antagonismo romano indicata subito tra i protagonisti della guerriglia urbana.
"Non siamo black bloc e l'accostamento con le Br ci fa ridere e infuriare. Siamo ragazzi arrabbiati e indipendenti". Provano a spiegare così, per difendersi da quello che chiamano un "linciaggio mediatico e repressivo", gli attivisti del centro sociale Acrobax in zona San Paolo ciò che è accaduto il 15 ottobre. Al tempo stesso, senza troppi giri di parole, rivendicano azioni ed espropri e "la resistenza coraggiosa" di piazza San Giovanni, prendendo invece del tutto le distanze dai roghi delle auto e dei blindati e dall'assalto alla chiesa dei Santi Marcellino e Pietro. Eravamo in migliaia nello spezzone degli Stati generali della precarietà ed almeno in tremila a San Giovanni. Non siamo i registi delle violenze e non ci piace nemmeno l'apologia degli scontri. (...) "Ci chiamavano black bloc, ora la precarietà è diventata una condizione di massa che coinvolge la casalinga e l'operaio, il disoccupato e lo studente, il No Tav e il migrante. Il 15 ottobre c'è stata la sintesi di questa radicalità. (...) Abbiamo occupato l'hotel Esedra e i Fori Imperiali e fatto irruzione nel supermercato Elite. Azioni non comprensibili ai più, ma che rappresentano un coerente attacco simbolico e materiale al potere in crisi e responsabile della crisi. Non basta la protesta e l'indignazione, è giusto che chi non ha soldi per arrivare a fine mese imponga una tariffazione sociale forfettaria e si riappropri di beni di prima necessità o chi non può pagare un affitto occupi una casa. Bruciare una macchina, dare fuoco a un blindato o altre azioni estreme, invece, sono inutili, dannose, controproducenti e nessuno di noi vi ha partecipato.
Quindi né pura liberazione della violenza come energia distruttrice, dispiegata sin dall'inizio dal cosiddetto blocco nero né semplice necessità tattica difensiva praticata da spezzoni del sindacalismo di base di fronte alla brutalità poliziesca che, in affanno e in ritardo ha reagito, sbagliando la mira, visto che blindati e idranti hanno finito per colpire il corteo pacifico. Del resto, dalle dichiarazioni degli avvocati difensori, emerge con chiarezza come gli arrestati siano in prevalenza soggetti coinvolti marginalmente negli scontri e in qualche misura catturati casualmente.
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