E Sarkozy insegue la Le Pen sul fronte identitario -3
(umt) Questo breve saggio che Marco Valle, lo storico leader del Fronte della gioventù di Milano oggi consulente del ministero della Difesa, dedica al Front National è stato pubblicato ieri sul Secolo d'Italia con tagli robusti e un titolo sbagliato ("L'intramontabile Jean Marie guida il dopo Le Pen"): il punto di fuoco del ragionamento non è la restaurazione del potere di Le Pen sr. ma la fuoriuscita del partito dall'orbita dell'estrema destra. Il testo è diviso in tre parti. Qui si può leggere la prima e la seconda parte.
All’indomani del congresso i sondaggi premiavano con cifre importanti la neo presidentessa e stimavano la potenziale crescita elettorale del nuovo FN attorno al venti per cento. Forte di questi dati positivi, con indubbia abilità – e il discreto sostegno di papà, ancora, dato assolutamente non trascurabile, padrone della cassa del movimento –, Marine ha imposto sino ad oggi un precario equilibrio tra il gruppo gli henoisien (innovatori quanto si vuole, ma sempre frontisti) e il suo cenacolo privato di tecnocrati. Talvolta, madame, sempre attenta all'organizzazione, concede qualche soddisfazione ai militanti e, per esempio, vola a Lampedusa in compagnia dell'ingombrante Borghezio, ma subito dopo gestisce, con crudeli sapori femministi, l'imbarazzante vicenda americana di Strauss Kahn.
Al tempo stesso è capace di difendere con orgoglio la storia del FN e archiviare le campagne per la pena di morte (la ghigliottina è ormai sgradita ai francesi). Sull'immigrazione – il cavallo di battaglia di sempre – la presidentessa propone nuove, più tolleranti ricette e, al tempo stesso, imbarazza il governo rivelando i dati segretati da Sarkozy sui clandestini. Un piccolo, grande regalo offerto da un nuovo influente quanto misterioso membro del Cabinet segret.
Terzo punto. L'operazione sembra funzionare. Giocando su due velocità e più culture, Marine – lo confermano gli ultimi dati pubblicati da "Le Figaro" – è riuscita a mantenere e migliorare il suo gradimento nella corsa verso l'Eliseo. Uno scandalo che da mesi politici e giornalisti cercando di capire, comprendere, analizzare. Esorcizzare. Con esiti il più della volta patetici. “Libèration”, l’organo dei radical chic, ha titolato in prima pagina “Gli anti Le Pen hanno fallito?”. La risposta non poteva che essere affermativa. L’euro deputato comunista Jean Luc Melenchon ammetteva «ho sempre sostenuto che bisognava sciogliere il FN. Invano. Oggi è inutile demonizzarlo, non serve a nulla, ma bisogna combatterlo sui contenuti, attaccarlo in maniera razionale e non fantasmagorica». Sulla stessa linea gli altri riferimenti della sinistra — tra cui è ricomparso persino il discusso miliardario Bernard Tapie… —. L’inchiesta di “Libè” si concludeva mestamente con questa analisi «per apparire come un partito di governo, il FN propone idee credibili e realiste. Un discorso che incontra successo soprattutto nelle fasce sociali pauperizzate dalla crisi».
Ancor più preoccupati sono i neo gollisti dell’UMP, già innervositi dal calo di popolarità di Sarkozy, dalle trame centriste e dai ricatti di Dominique de Villepin e Chirac. Ai successi mediali di Marine Le Pen ha subito risposto, miscelando chiusure ed autocritica, la ministra Valeria Pècresse «Il FN può crescere soltanto sul terreno della protesta, agitando idee sempliciste, inefficaci e contradditorie. Può crescere soltanto nell’immobilismo, in assenza di riforme, sui nostri silenzi e nelle nostre assenze». Le ha fatto eco il suo collega di governo, il trombonesco segretario di Stato Thierry Mariani che, dopo essersi felicitato per l’accettazione da parte del FN del fatidico 1789 e delle virtù repubblicane, ha stroncato il programma frontista definendolo un «patchwork d’idee contradditorie e incoerenti» e a concluso, in un crescendo rossiniano, con un appello alla maggioranza per «riaffermare alto e forte che il Front National non ha il monopolio della nazione e ancor meno della Répubblique».
Va segnalata un'eccezione. Importante. Forse decisiva. Il presidente. Sarkozy, dimostrandosi, una volta di più, uomo intelligente ha scelto un profilo sobrio e neo identitario. Mentre Carlà Bruni si gode la sua tardiva maternità, l'inquilino dell'Eliseo pellegrina tra le abbazie e monasteri esaltando le radici cristiane della Francia, frequenta caserme e difende con forza le Forze armate. Infine nomina ministro della Difesa, un vecchio concorrente di Jean Marie: Gérard Longuet, portavoce negli anni Sessanta di Occident e poi capofila di Ordre Nouveau…
Conclusione. Al netto degli stratagemmi e dei riposizionamenti tattici, rimangono solo molte parole e tanta irritata sorpresa e, sia a destra come a sinistra, poche analisi convincenti. A parte (forse) Sarkozy, i professionisti della politica e della comunicazione preferiscono immaginare l’opzione protestataria di un consistente segmento dell’elettorato francese come un mero aspetto della crisi economica e non un riflesso di cause e mali più profondi. Dal coro dell’indignazione e dell’allarme, solo poche voci si sono distaccate tra cui notiamo quella di Ivan Rioufol, editorialista de “Le Figaro”.
Terzo punto. L'operazione sembra funzionare. Giocando su due velocità e più culture, Marine – lo confermano gli ultimi dati pubblicati da "Le Figaro" – è riuscita a mantenere e migliorare il suo gradimento nella corsa verso l'Eliseo. Uno scandalo che da mesi politici e giornalisti cercando di capire, comprendere, analizzare. Esorcizzare. Con esiti il più della volta patetici. “Libèration”, l’organo dei radical chic, ha titolato in prima pagina “Gli anti Le Pen hanno fallito?”. La risposta non poteva che essere affermativa. L’euro deputato comunista Jean Luc Melenchon ammetteva «ho sempre sostenuto che bisognava sciogliere il FN. Invano. Oggi è inutile demonizzarlo, non serve a nulla, ma bisogna combatterlo sui contenuti, attaccarlo in maniera razionale e non fantasmagorica». Sulla stessa linea gli altri riferimenti della sinistra — tra cui è ricomparso persino il discusso miliardario Bernard Tapie… —. L’inchiesta di “Libè” si concludeva mestamente con questa analisi «per apparire come un partito di governo, il FN propone idee credibili e realiste. Un discorso che incontra successo soprattutto nelle fasce sociali pauperizzate dalla crisi».
Ancor più preoccupati sono i neo gollisti dell’UMP, già innervositi dal calo di popolarità di Sarkozy, dalle trame centriste e dai ricatti di Dominique de Villepin e Chirac. Ai successi mediali di Marine Le Pen ha subito risposto, miscelando chiusure ed autocritica, la ministra Valeria Pècresse «Il FN può crescere soltanto sul terreno della protesta, agitando idee sempliciste, inefficaci e contradditorie. Può crescere soltanto nell’immobilismo, in assenza di riforme, sui nostri silenzi e nelle nostre assenze». Le ha fatto eco il suo collega di governo, il trombonesco segretario di Stato Thierry Mariani che, dopo essersi felicitato per l’accettazione da parte del FN del fatidico 1789 e delle virtù repubblicane, ha stroncato il programma frontista definendolo un «patchwork d’idee contradditorie e incoerenti» e a concluso, in un crescendo rossiniano, con un appello alla maggioranza per «riaffermare alto e forte che il Front National non ha il monopolio della nazione e ancor meno della Répubblique».
Va segnalata un'eccezione. Importante. Forse decisiva. Il presidente. Sarkozy, dimostrandosi, una volta di più, uomo intelligente ha scelto un profilo sobrio e neo identitario. Mentre Carlà Bruni si gode la sua tardiva maternità, l'inquilino dell'Eliseo pellegrina tra le abbazie e monasteri esaltando le radici cristiane della Francia, frequenta caserme e difende con forza le Forze armate. Infine nomina ministro della Difesa, un vecchio concorrente di Jean Marie: Gérard Longuet, portavoce negli anni Sessanta di Occident e poi capofila di Ordre Nouveau…
Conclusione. Al netto degli stratagemmi e dei riposizionamenti tattici, rimangono solo molte parole e tanta irritata sorpresa e, sia a destra come a sinistra, poche analisi convincenti. A parte (forse) Sarkozy, i professionisti della politica e della comunicazione preferiscono immaginare l’opzione protestataria di un consistente segmento dell’elettorato francese come un mero aspetto della crisi economica e non un riflesso di cause e mali più profondi. Dal coro dell’indignazione e dell’allarme, solo poche voci si sono distaccate tra cui notiamo quella di Ivan Rioufol, editorialista de “Le Figaro”.
Nella sua rubrica ha tracciato un percorso interpretativo articolato quanto scomodo: partendo dalla recente denuncia su “Le Point” del filosofo Marcel Gauchet contro «le élites dirigenti incapaci ormai di comprendere il paese che pretendono di guidare e ormai convinte della necessità di cancellare “l’exception française” in nome di un presunto universalismo», Rioufol individua il vero punto di forza del nuovo FN nella sua critica alla globalizzazione, nel rifiuto del multiculturalismo e nella difesa dello Stato-Nazione. La presidentessa del Front sembra dare, a differenza dei neogollisti e dei socialisti, risposte e prospettive a un bisogno identitario sempre più diffuso nei ceti più deboli francesi eppure pervicacemente negato dalle classi dirigenti. L’editorialista conclude la sua analisi con un paradosso «quelli che salutano oggi il nazionalismo tunisino sono gli stessi, pervasi da un’autodenigrazione patologica, che definiscono ripugnante il nazionalismo francese… A sinistra, in nome dell’internazionalismo si nega ogni identità. Ma è proprio la Tunisia che ci ricorda come una nazione esasperata possa rovesciare uno Stato ormai estraneo al suo popolo. Le élites francesi, sorde alle sofferenze “populiste”, stanno scavando una distanza simile a quella tracciata da Ben Ali e la Tunisia reale. Vogliamo lasciare le risposte a Marine Le Pen?». Una domanda drammaticamente aperta. (3-fine
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