E Marine Le Pen risolleva le bandiere sociali del gollismo -2
Pierre Poujade (a sinistra) in un comizio nel 1955 |
Questo breve saggio che Marco Valle, lo storico leader del Fronte della gioventù di Milano oggi consulente del ministero della Difesa, dedica al Front National è stato pubblicato ieri sul Secolo d'Italia con tagli robusti e un titolo sbagliato ("L'intramontabile Jean Marie guida il dopo Le Pen"): il punto di fuoco del ragionamento non è la restaurazione del potere di Le Pen sr. ma la fuoriuscita del partito dall'orbita dell'estrema destra. Il testo è diviso in tre parti. Questa è la seconda parte. Qui puoi leggere la prima, qui la terza.
di Marco Valle
Val dunque la pena, per esigenze di chiarezza, fare un passo indietro e tornare agli anni '50. Le Pen senior non ha mai dimenticato d'essere stato il più giovane deputato del movimento di Pierre Poujaude, il mitico tribuno (aggressivo nei termini, moderato nei programmi e, dato non trascurabile, lontanissimo dai temi neofascisti) della Francia profonda della IV Repubblica. Interpretando magistralmente i rancori e le paure della piccola borghesia, il volitivo "cartolaio di Saint Céré" conobbe un breve periodo di notorietà e un indubbio successo politico (nel 1956 il suo movimento fu premiato da ben 2,4 milioni di voti), ma la sua esperienza si chiuse con il ritorno al potere di De Gaulle e l'instaurazione della V Repubblica. Il generale, forte del suo carisma e di un improvviso benessere (il "miracolo economico "francese), cancellò rapidamente dal proscenio Poujade e i suoi seguaci. Compreso Le Pen, che da folgorante promessa della politica nazionale si ritrovò, con sua grande amarezza, confinato nel marginalismo.
Val dunque la pena, per esigenze di chiarezza, fare un passo indietro e tornare agli anni '50. Le Pen senior non ha mai dimenticato d'essere stato il più giovane deputato del movimento di Pierre Poujaude, il mitico tribuno (aggressivo nei termini, moderato nei programmi e, dato non trascurabile, lontanissimo dai temi neofascisti) della Francia profonda della IV Repubblica. Interpretando magistralmente i rancori e le paure della piccola borghesia, il volitivo "cartolaio di Saint Céré" conobbe un breve periodo di notorietà e un indubbio successo politico (nel 1956 il suo movimento fu premiato da ben 2,4 milioni di voti), ma la sua esperienza si chiuse con il ritorno al potere di De Gaulle e l'instaurazione della V Repubblica. Il generale, forte del suo carisma e di un improvviso benessere (il "miracolo economico "francese), cancellò rapidamente dal proscenio Poujade e i suoi seguaci. Compreso Le Pen, che da folgorante promessa della politica nazionale si ritrovò, con sua grande amarezza, confinato nel marginalismo.
Seguirono anni d'amarezza e di solitudine, punteggiati da una serie di fallimenti politici ed economici; poi agli inizi dei Settanta l'ex deputato ebbe un'intuizione e giocò la carta degli ultra nazionalisti. Fece "bingo". Con incredibile facilità il pirotecnico Jean Marie s'impose su una galassia magmatica, generosa ma politicamente sterile (interessante, a questo proposito, l'intervista a Jack Marchal, uno dei leader dell'attivismo del tempo, pubblicata sul nuovo numero di "Diorama Letterario") e costruì, sulle ceneri di Ordre Nouveau, del PFN e di altri gruppi e gruppuscoli, il Front Nationale di cui divenne il capo assoluto e indiscusso. In pochi anni, agitando il tema scomodo dell'immigrazione, il movimento divenne una realtà politica di rilievo nazionale con consistenti rappresentanze alla Camera e al parlamento europeo. Una vittoria forte ma incompleta, monca.
Malgrado le percentuali importanti ottenute dai lepenisti a partire dagli anni Ottanta, l'oligarchia francese — un complesso politico economico chiuso e assolutamente trasversale – seppe creare un muro di gomma e d'odio attorno al FN. Sull'onda di una campagna giudiziaria-mediale Jean Marie si ritrovò presto isolato e demonizzato e, una volta in più, ai bordi della grande politica. Un insuccesso storico di cui il presidente frontista preferì incolpare (rimase celebre un'intervista tutta veleno al mensile "le Choc du mois") proprio quel mondo — la destra militante — che l'aveva sempre sostenuto.
Ma torniamo ai giorni nostri. Ora, finalmente libera da antiche obbligazioni (è di questi giorni l'espulsione del braccio destro del povero Gollnish, Yvan Benedetti reo d'atteggiamenti antisemiti e frequentazioni ultrà) Marine cerca d'esprimere un profilo nuovo, decisamente spregiudicato e non privo di contraddizioni, critico verso i poteri forti ma fedele ai dogmi del 1789, fortemente sociale ma non estremista, fieramente francese ma aconfessionale, anti americana ma attenta al fenomeno del Thea Party.
Non tutto, ovviamente, è farina del suo sacco; a sostegno e consiglio della bionda candidata all'Eliseo da tempo opera, accanto all'Ufficio Politico del FN egemonizzato da Henin Beaumont, un Cabinet segret composto da una trentina di alti funzionari dello Stato, énarques o polytechniciens, economisti, professionisti, dirigenti di grandi industrie, tutti provenienti da ogni orizzonte possibile (gollisti eretici, ex sarkozysti, socialisti delusi, ecologisti) salvo quello frontista. E proprio seguendo le coordinate tracciate dal suo personale e prestigioso thing tank, gestito attentamente dall'avvocato Louis Alliot (il compagno di Marine), la figlia del dinosauro ha tracciato il suo discorso d'investitura congressuale. A Tours, Marine ha citato Jaurès e Péguy, esaltato i valori della République contro ogni forma di comunitarismo, evocato la laicità contro l'invasività dell'islamismo (paragonato, altro colpo ai vecchi collabòs, all'invasione nazista…), denunciato gli eccessi della globalizzazione e invocato la restaurazione della sovranità nazionale contro i burocrati di Bruxelles e chiesto l'uscita dal sistema dell'euro, "la moneta dell'occupante". Non sono mancate critiche sull'abbandono da parte di Sarkozy della dottrina gollista in politica estera e militare e sulla nuova subalternità francese nella NATO e, subito dopo, madame Le Pen ha liquidato i cattolici tradizionalisti (presenza ormai insignificante nel panorama transalpino) derubricando la lotta contro l'aborto ad una più ragionevole battaglia per una "politica di sostegno alla vita", sostenuta da sovvenzioni alla famiglia. Il punto centrale del discorso congressuale della signora del FN era però tutto racchiuso nella rivendicazione piena e "sans ambage" di un nuovo patriottismo economico che tuteli i ceti più deboli e comprenda non solo servizi pubblici forti, un fisco giusto ma soprattutto «il controllo dello Stato dei settori strategici: l'energia, i trasporti, la salute, l'educazione" e, se necessario imponga "la nazionalizzazione delle banche, organismi insensibili ad ogni etica e morale». A chi la contestava, l'erede ha risposto che le linee del nuovo FN in campo sociale ed economico (tutte assolutamente scandalose per le élites francesi) si ispirano in buona parte al programma del Conseil National de la Résistance, dunque…. (2-continua)
, subito dopo, madame Le Pen ha liquidato i cattolici tradizionalisti (presenza ormai insignificante nel panorama transalpino).
RispondiEliminaPRemesso che ne avrei da ridire circa questa presunta "Insignificanza", faccio presente che, i Le Pen non sono neppure cattolici, ma calvinisti.