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Caso De Mauro: perché i giornalisti non verificano le bufale dei pentiti?

La verità del pentito su De Mauro  "I generali golpisti dissero di zittirlo"Sull'onda dell'assoluzione di Totò Riina come mandante dell'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, "La Repubblica" si è preoccupata di intervistare subito il principale accusatore, il boss pentito di Altofonte, Francesco Di Carlo, che ci consegna la sua verità processuale:
i boss Pippo Calderone e Peppe Di Cristina erano in costante contatto con i vertici del Sid  (Vito Miceli e Gianadelio Maletti);  De Mauro fu ucciso perché sapeva del golpe Borghese.
Peccato che Maletti sia arrivato al Sid il 15 giugno 1971, cioè sei mesi dopo la notte di Tora Tora e tre mesi dopo che tutta l'Italia sapeva del golpe, grazie allo scoop di Paese sera  Sarebbe bastato consultare Wikipedia, arrivando alla terza riga ...
Della questione della superficialità giornalistica (e non solo) nell'uso storico delle fonti orali ho avuto modo di occuparmi in occasione del recente convegno di Brescia su "stragi e terrorismo". Una questione su cui toccherà ritornare. 

La verità del pentito su De Mauro

"I generali golpisti dissero di zittirlo" 

Parla il collaborante Francesco Di Carlo, già capo della famiglia di Altofonte. "Non per colpa dei magistrati ma è un processo monco: mancano gli altri mandanti"

di ENRICO BELLAVIA "Riina ha dato l'assenso all'omicidio di De Mauro, ma la sua fine ha un'origine tutta romana. Da Roma era venuto l'ordine di tappargli la bocca. Bisogna guardare ai rapporti che Cosa nostra aveva con i generali per il golpe Borghese (7-8 dicembre 1970, ndr), lì ci sono i mandanti". Parla il collaborante Francesco Di Carlo, già capo della famiglia di Altofonte. Nel 2001 Di Carlo riferì per primo del caso De Mauro. Ha saputo dell'assoluzione di Riina dalla tv, fuori dalla Sicilia dove vive sotto protezione, ma non sembra sorpreso. 
Perché, signor Di Carlo?"Perché Riina, che sostituiva Luciano Liggio nel triumvirato alla guida di Cosa nostra nel 1970 (gli altri due erano Gaetano Badalamenti e Stefano Bontate, ndr) ha avuto un ruolo importante ma non centrale".
Che vuol dire?"La decisione di eliminare De Mauro fu assunta da Cosa nostra dopo che Emanuele D'Agostino, uomo di Stefano Bontate, riferì a quest'ultimo che il giornalista sapeva tutto del golpe Borghese. Prima però ci fu un consulto romano, come ho raccontato nei miei interrogatori e nel libro "Un uomo d'onore"".
Chi erano i protagonisti?"I capi delle altre province erano i più attivi nel progetto di golpe: Pippo Calderone di Catania e Beppe Di Cristina di Riesi andavano continuamente a parlare con il generale Vito Miceli (a capo del Sid, servizio informazioni della difesa, un mese dopo la morte di De Mauro, ndr) e con il colonnello Gianadelio Maletti (numero due del Sid, ndr). C'erano continue riunioni: a Palermo il più interessato era Bontate. E da Roma arrivavano rassicurazioni da uomini dei servizi segreti, che poi ho ritrovato negli elenchi della P2". 

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