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Il Pci le stragi le toghe rosse: parla Berlusconi, pardon Vinciguerra

(umt) La mancata verità sulle stragi? Tutta colpa del Pci e delle toghe rosse che poi fanno carriera politica nella sinistra. Tranquilli, non mi sono mica deciso a raccontarvi l'ultimo show elettorale del presidente del Consiglio. A rilanciare la sua tesi è Vincenzo Vinciguerra, l'ergastolano organizzatore della strage di Peteano che parla di un patto scellerato per il silenzio tra tutta la classe dirigente italiana ma attribuisce un ruolo prevalente per il suo successo alla filiera politico-giudiziaria comunista e post-comunista. Ho già avuto modo di contestare l'impianto complessivo del ragionamento, in garbata polemica con Andrea Carancini . Eppure gli argomenti che incasella non sono suggestivi o arbitrari. E quindi il suo contributo merita una riflessione e un confronto critico... Anche perché per alcuni aspetti il suo discorso riecheggia una delle rare uscite politiche di Renato Curcio dopo la scarcerazione: quando a proposito dell'uccisione del suo fraterno amico e compagno Mauro Rostagno ipotizzò l'esistenza di un "patto di indicibilità" sui misteri italiani...
BACIAMO LE MANI di Vincenzo Vinciguerra
E' ricorrente l'affermazione che in Italia esistano ancora dei misteri sulla "guerra politica" degli anni Sessanta e Settanta, e che la verità non si trova e mai si potrà trovare. Non è vero. La verità c'è, solo che la classe politica e il circo mediatico che da essa dipende non vuole farla conoscere. Il luogo comune che ad opporsi alla divulgazione della verità siano le forze di centro-destra, i servizi segreti "deviati", le forze occulte ed i poteri forti oggi non lo contesta nessuno, o quasi perché lo facciamo noi, e in modo documentato. La verità non si dice perché un patto infame unisce tutta la classe politica italiana dall'estrema destra all'estrema sinistra. Ed è proprio la sinistra italiana ad avere la maggiore responsabilità nell'inganno e nella frode compiuti fin dai primi anni Settanta nei confronti del popolo italiano. Le forze di centro-destra si sono sempre limitate a negare anche l'evidenza dei fatti con un comportamento mafioso ed arrogante che alla fine, però, sarebbe crollato dinanzi alla documentazione ed alle testimonianze che sono emersi nel tempo.
Ad evitare lo sfacelo della menzogna e la disfatta dei suoi alfieri, è stata la sinistra politica in tutte le sue componenti, per motivi semplici quanto abietti: dimostrare agli Stati uniti la loro affidabilità democratica, unico modo per ottenere il loro beneplacito a governare il Paese. All'inizio, la necessità del Pci fu difensiva. I verbali delle riunioni della direzione nazionale del Pci, nel 1969, dimostrano come ai vertici del partito si avevano le idee chiare su quello che stava accadendo in Italia. Si parlava di "svolta autoritaria" patrocinata dall'allora presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat ; delle responsabilità di forze internazionali, prime, fra tutte quelle statunitensi: si prendevano misure per fronteggiare "colpi di Stato" e si programmavano fughe nei paesi dell'Europa dell'est per i vertici comunisti. Di tutto questo, però, pubblicamente non emergeva nulla, così che il Pci può tacere quello che sa e si offre, come prostituta politica, per coprire le responsabilità nazionali ed internazionali dell'anticomunismo in cambio della possibilità del dialogo e del "compromesso storico". I comunisti non hanno mai rivelato il contenuto della lettera di Vittorio Ambrosini indirizzata ai vertici del partito e recapitata personalmente da Achille Stuani, nel gennaio del 1970, ma il suo contenuto lo si può intuire perché Ambrosini ne aveva inviata una altra al ministro degli Interni, Franco Restivo, nella quale accusava i dirigenti di Ordine nuovo come responsabili della strage di piazza Fontana. Non poteva, Ambrosini, aver scritto qualcosa di diverso ai vertici del Pci.
Mentre gli esperti in disinformazione storica di sinistra ricordano che la lettera di Vittorio Ambrosini diretta al ministero degli Interni è scomparsa senza lasciare traccia, dimenticano opportunamente che la stessa fine ha fatto quella inviata a Berlinguer e soci. I vertici del Pci sanno bene che Pino Rauti e colleghi non sono "nazisti", ma dipendenti del Sid, che lavorano per lo Stato non contro di esso, quindi decidono che è meglio tacere. II Pci preferisce non far difendere Pietro Valpreda dal suo deputato e avvocato Alberto Malagugini perché, giustamente, teme che si scopra che l'anarchico Pietro Valpreda o è infiltrato in "Avanguardia nazionale" o è inserito da questa negli ambienti anarchici, quindi preferisce non rischiare. E che dire del compagno Cornelio Rolandi che ha sostenuto di aver portato nel suo taxi Pietro Valpreda o qualcuno che gli somigliava con la borsa contenente la bomba poi esplosa all'interno della Banca dell'Agricoltura?
Forse, è il caso di iniziare a porsi la domanda, per vedere se è possibile dare una risposta. A tenere i contatti con Umberto Federico D'Amato, direttore del servizio segreto civile, è Gian Carlo Pajetta; a mantenerli con i compagni togati è Alberto Malagugini. Il 15 maggio 1973, un dirigente della federazione del Pci di Treviso, Ivo Dalla Costa, informa i vertici del Pci di aver saputo da Pietro Loredan che due giorni dopo ci sarà, a Milano, un attentato contro un'alta personalità politica. A muoversi per prendere contatto con i rappresentanti delle istituzioni sono proprio Pajetta e Malagugini, per ordine di Enrico Berlinguer. Due giorni più tardi, Gianfranco Bertoli può tirare una bomba a mano contro la vettura di Mariano Rumor, all'uscita della Questura dove ha ricordato la figura del commissario di Ps Luigi Calabresi, uccidendo 4 persone e ferendone altre 46.
“L'ho fatto - dirà Bertoli che si dichiara anarchico - per vendicare Pinelli". I vertici del Pci scelgono la via infame dell'omertà, imponendo il silenzio ai dirigenti periferici e contando su quello dei loro contatti istituzionali, uno dei quali è un magistrato in servizio presso la procura della Repubblica di Milano. Sarebbe sufficiente denunciare pubblicamente Pietro Loredan come persona a conoscenza in anticipo della strage, per obbligare D'Ambrosio a rivolgere la sua attenzione al gruppo veneto nella sua globalità e non solo alla "cellula nera" di Padova.
II nome di Pietro Loredan ricorre, spesso, difatti, negli atti dell'inchiesta su piazza Fontana come amico, complice e sodale di Giovanni Ventura e colleghi. Questo, però, significherebbe volgere la propria attenzione ancora ad Ordine nuovo, ai suoi dirigenti veneti, a Pino Rauti ed ai loro collegamenti istituzionali. L'ordine e la convenienza impongono, invece, di circoscrivere le responsabilità della strage di piazza Fontana a due manovali padovani, di cui uno, Freda, si agita nel proclamarsi "guerriero di Hitler" per la gioia dei comunisti e del Sid per il quale, viceversa, lavora. Non c'è solo una responsabilità politica e morale, ma anche penale da parte di Berlinguer e soci perché con il loro silenzio favoriscono l'impunità degli ordinovisti veneti e concedono loro libertà d'azione per altre operazioni stragiste, come a Brescia il 28 maggio 1974. Non è difficile ipotizzare che se il gruppo spionistico operante in veneto e il suo capo, Pino Rauti, fossero entrati fin da allora nelle inchieste per la strage di piazza Fontana e per quella di via Fatebenefratelli, tutto l'apparato stragista anche quello dislocato a Milano (già parzialmente sotto inchiesta per la mancata strage sul treno Torino-Roma del 7 aprile 1973) in Toscana e a Roma, si sarebbe paralizzato. Berlinguer e soci hanno riso della morte di milioni di persone, massacrate da Josip Stalin, figurarsi se si mettono a piangere per i quattro morti di Milano e per quelli successivi di Brescia, Italicus e Bologna. Se parlavano, i vertici politici democristiani e governativi sarebbero stati investiti da un terremoto insieme a quelli delle istituzioni, ma tacendo Berlinguer e soci provano la loro affidabilità e la loro maturità. E, per loro, è solo questo quello che conta.
Quando, infine, nel 1974 la Democrazia cristiana scarica definitivamente l'estrema destra e trasforma i confidenti di Questura in "terroristi neri" che minacciano la democrazia, il Pci vede finalmente raggiunta la sintonia di immagini e linguaggio con i suoi nemici storici e si fa alfiere della nuova linea, quella definitiva: i"fascisti" che attaccano lo Stato democratico con la complicità dei "servizi deviati", di ufficiali "infedeli" e, successivamente, dei "piduisti" rappresentanti della massoneria "deviata". Sono trascorsi 37 anni, sono emersi migliaia di documenti che smentiscono questa propagandistica ricostruzione storica, ma la sinistra politica, giornalistica e giudiziaria, non si vergogna di sostenerla come fosse la verità. Quando negli anni Novanta, l'istruttoria condotta dal giudice istruttore di Milano, Guido Salvini, accennò all'esistenza di collegamenti internazionali nella strage del 12 dicembre 1969, la reazione degli ex comunisti fu isterica.
Il comunista Oliviero Diliberto, ministro della Giustizia, chiede personalmente l'inizio di un procedimento disciplinare a carico del giudice istruttore milanese, mentre con un'azione concordata fra le procure della Repubblica di Venezia e di Milano si tenta di delegittimare il magistrato ed i testimoni che provano l'esistenza della pista internazionale e statale, cercando di farli passare per inattendibili e depistatori. I protagonisti giudiziari sono due: Gerardo D'Ambrosio e Felice Casson. I loro tentativi naufragano nel nulla e quando Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi vengono condannati all'ergastolo, in primo grado, l' ex comunista, Piero Fassino, non riesce a nascondere la sua rabbia. "Non lo so se è una sentenza giusta...", dichiara ai giornalisti. La successiva assoluzione dei due per "insufficienza di prove" conforta relativamente i compagni, perché comunque conferma che la strage è maturata in un ambiente dove sono presenti solo uomini in contatto con servizi segreti italiani e stranieri, primi quelli americani. Per Gerardo D'Ambrosio e Felice Casson, il premio giunge puntuale con la nomina a senatori del Partito democratico, ex partito comunista, ma contro le loro pretese verità sui "terroristi neri"e i "servizi deviati." e sulla complicità internazionale dai due disperatamente negate, giungono le ammissioni di Paolo Emilio Taviani, Francesco Cossiga, Gianadelio Maletti, mentre nuovi elementi di prova emergono dopo decenni dalle carte processuali, a conferma di indagini fatte per circoscrivere le responsabilità ad alcuni degli esecutori materiali, senza chiamare in causa i vertici politici e militari.
La strage di piazza Fontana non deve avere verità e, quindi, 40 anni più tardi, la procura della Repubblica di Milano è obbligata, su richiesta delle parti civili che rappresentano i familiari delle vittime della strage, a svolgere indagini preliminari per decidere se riaprire l'inchiesta su quel massacro. L'unico effetto concreto, per ora, è dato dal fatto che il direttore generale dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ha bloccato ogni rapporto con l'esterno di chi scrive perché le sue dichiarazioni possono interferire con indagini giudiziarie in corso. Le sole indagini in corso sono quelle condotte dai colleghi di Gerardo D'Ambrosio e di Felice Casson, che non hanno ancora prodotto alcun esito definitivo. Però, qualcuno si è preoccupato di mettere a tacere chi non si è mai rassegnato ad accettare le menzogne ufficiali sulla strage di piazza Fontana e sulla "guerra politica" in Italia e, quel che più conta, tutto ciò che ha affermato ha sempre trovato puntuale conferma,nonostante i tentativi disperati di toghe di fango (il riferimento a Felice Casson, e non solo) di provare il contrario. I nuovi elementi fanno paura: dal collegamento fra la strage a la manifestazione nazionale del Msi del 14 dicembre 1969, al ruolo di Yves Guerin Serac che dirigeva un'agenzia di copertura della Cia. La verità che la procura della Repubblica di Milano ha negato negli anni Settanta, ha cercato di bloccare negli anni Novanta, si ripresenta nel primo decennio degli anni Duemila.
Mentre la sinistra politica ed un'accozzaglia di giornalisti da trivio ai suoi ordini continua ad imperversare con i "servizi deviati" e i "fascisti", si pretende di difendere la menzogna imponendo il silenzio a chi scrive. Pretesa grottesca,destinata al fallimento, perché la storia non si scrive nei Tribunali, ad opera di magistrati politicizzati che difendono gli interessi di partito e dello Stato e non la verità e la giustizia. La verità finirà per imporsi comunque, contro gli ex comunisti ed i loro tirapiedi, così che a nulla serve a costoro la reverenza ed il baciamano al padrino americano di turno che questi "picciotti" li ha sempre disprezzati, come è giusto che sia verso i servi che,morto il padrone sovietico, sono ancora in attesa di essere assunti dal padrone americano. La Cia non ha resi noti i documenti sulle elezioni politiche in Italia del 18 aprile 1948, su richiesta di un governo italiano presieduto dall'ex comunista Massimo D'Alema. Nel 1990, la Dc, usando i suoi strumenti giudiziari, bloccò tutte le inchieste sul conto del Pci, facendo dichiarare inesistente il suo apparato clandestino, prescritto il reato di finanziamento illecito al partito, non iniziando le indagini sui reati di alto tradimento, spionaggio politico-militare ed economico. Un patto infame per il quale l'anticomunismo cancella i delitti del comunismo, e quest'ultimo s'impegna ad evitare che siano svelati quelli commessi dal primo. Un patto fra infami. Del resto, tutta la storia della politica italiana post-bellica, della sua pseudo cultura storiografica, del suo giornalismo e della sua magistratura politica è infame come gran parte dei suoi protagonisti. Questa e la realtà che spiega perché la verità sulla strage di piazza Fontana e sulla guerra politica italiana il popolo italiano ancora non la conosce. E chi è intellettualmente onesto non può che convenirne.

3 commenti:

  1. In effetti penso che la barzelletta dei "servizi segreti deviati" circoli solo in questo disgraziato e putrefatto 'paese'...Qualcuno sano di mente riesce ad immaginare quei quattro cialtroni raccomandati dei servizi (igienici?) segreti (perchè là dentro si entra solo se si è amici di qualcuno), che per decenni fanno i cazzi loro senza che i vertici politici e militari (leggi: Carabinieri, soprattutto) non ne sappiano nulla? Ma andate a dar via il...

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  2. Passo dopo passo, noto con piacere che finalmente qualcuno incomincia a ragionare sul ruolo equivoco giocato dagli anarchici. Sulla validità e sulla veridicità del riconoscimento operato dal militante comunista Cornelio Rolandi, vittima di una orchestrata manovra di denigrazione, volta a screditarlo. E' giunta l'ora di smascherare e di denunciare il mito fasullo degli anarchici, agnelli sacrificali, povere vittime innocenti. Costoro sono e furono negli anni dei gran maneggioni e trafficanti di esplosivi,proprio a Milano ci furono due stragi antecedenti a quella della BNA. Furono entrambe stragi antifasciste con autori materiali anarchici. Senza dimenticare che comunisti e antifascisti in genere, delegavano a costoro il "lavoro sporco" da compiere:vale a dire esecuzioni di fascisti e attentati vari, in specie in Francia durante il ventennio, in quanto i fuoriusciti antifascisti, erano ovunque, senza dimenticare la fissa dell'attentato a Mussolini, convinti che fatto fuori lui, il regime sarebbe crollato.Ovviamente pistaroli,fontanologhi,gazzettieri, pennivendoli, ultimo ma non per importanza, storici di regime, hanno steso una cortina fumogena lunga come la muraglia cinese, affinché la verità non trapeli, e avanti tutti in coro a recitare il solito mantra, che le trame sono nere e solo nere,che le stragi sono tutte fasciste,forse anche quella di via Rasella, magari a suon di fascisti infiltrati e agenti prezzolati, tanto ci hanno ben intossicati per decenni con campagne di stampa simili. T.V.

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  3. ........pero' Vinciguerra ci dice un po' il contrario se si legge bene: quindi si Valpreda c'entra e c'entra eccome!( non dimentichiamoci l'alibi falso e la condanna della zia oltre le ammissioni contenute negli archivi BR (......non propriamente simpatizzanti neri o Della Destra Radicale), ma Valpreda era proprio anarchico?? Ne siete sicuri??
    un'ultima osservazione, non irrilevante . Guardate che un condannato per Piazza Fontana c'e'ed e' Digilio............Agente Cia, come volevasi dimostrare!.
    E per cosa e' condannato Digilio ??. Avercela portata ( mica scemo a questi livelli un Agente Cia non ci arriva). INfatti e' stato condannato per aver monomesso il timer, da esperto di eslosivi quale era.
    E chi e' il sosia di Valpreda visto invece dopo, al ritorno??
    E gira e rigira e siamo sempre li': mica ci vanno di persona questi qua a mettere le bombe, ma a controllare questi ci sono sempre pero'!.
    E poi tutto quadrerebbe con il carattere bellicista, sanguinario ma in verita' di tontolone un po' ( molto un po'........) gonzo del Valpreda.
    COsi e' (se vi pare) come ci diceva un noto drammaturgo siciliano
    Nel frattempo altri furbastri ci raccontavano la disintegrazione del sistema. Disintegrazione moltoooooooooo anomala e bizzzarra dato che erano agenti del SID e componenti dei Nuclei difesa dello Stato e in ON nessuno manco sapeva chi fossero.
    O noooooo?????

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