Vinciguerra e la strana impunità del brigatista nero Almirante
(umt) Nel post di ieri su Vincenzo Vinciguerra sono stato troppo tranciante: l'esistenza di un progetto stragista a direzione unica è solo uno dei cardini del ragionamento. L'altro è la subalternità del neofascismo tutto agli interessi strategici dell'atlantismo: un peccato originale che ha segnato l'intera vicenda del Msi. Di questa idea forza è un buon esempio un recente articolo pubblicato sul suo sito che, come al solito, prende spunto da un pretesto d'occasione per un approfondimento storico.
L'ARTE DEL DOPPIOGIOCO di Vincenzo Vinciguerra
Qualche giorno fa, l'ex nazifascista Ignazio La Russa, ora fiero antifascista, ha celebrato la figura di Giorgio
Almirante. Abbiamo già avuto modo di occuparci di Almirante, rilevando come abbia, costui, ricoperto un ruolo di rilievo nella storia più tragica di questo nostro Paese. Abbiamo ricordato come Giorgio Almirante che nell'Italia fascista, impegnata dal 1935 in avanti in ben quattro guerre (quella di Etiopia, Spagna, Seconda guerra mondiale e guerra civile) sia riuscito nell'impresa di non combatterne alcuna. E' certamente degno di nota che Giorgio Almirante, impegnato ancora nel biennio 1943-45 ad esaltare le teorie del razzismo e dell'antisemitismo sia riuscito contestualmente a proteggere un ebreo che non doveva essere uno sprovveduto se è stato proprio lui, come ha rivelato Assunta Almirante, a fornirgli i documenti falsi dopo il 25 aprile 1945 per vivere in clandestinità. Peraltro, abbiamo scritto senza incontrare smentite che Almirante risulta, al momento, il solo funzionario ministeriale della Rsi, nonché iscritto al Partito fascista repubblicano e, in queste vesti, componente di una Brigata nera, a non essere processato per collaborazionismo. A suo carico non risulta nemmeno iniziata un'istruttoria, certamente non è mai stato emesso un ordine di cattura nei suoi confronti e fatto un processo. Strano, perché le istruttorie e i processi li hanno fatti, dopo magari brevi
periodi di detenzione, anche a personaggi di un certo livello della Rsi che sono stati prosciolti od assolti con formula ampia per aver dimostrato di aver condotto il doppio gioco.
A Giorgio Almirante è stata risparmiata l'onta della pubblica ammissione di aver tradito, ma il nostro sospetto che è proprio questo quello che ha fatto, poggia proprio sull'eccessiva benevolenza dello Stato antifascista nei
confronti di un individuo che era conosciuto come giornalista razzista ed antisemita, che era capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare con accesso, perfino, per le sue funzioni, all'ufficio di Benito Mussolini, che era milite di una Brigata nera. Certo, è da tenere presente che il posto di capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare, fino al mese di dicembre del 1944, era stato ricoperto da Gilberto Bernabei. Proprio costui, quell'ultimo mese del 1944, varcò la linea del fronte e si rifugiò a Roma, occupata dagli alleati dove iniziò una silenziosa ma brillante carriera come "anima nera" di Giulio Andreotti. A prendere il posto di Gilberto Bernabei fu proprio Giorgio Almirante, destinato nel dopoguerra a fare pubblica e brillante carriera come uomo politico autoproclamatosi rappresentante ufficiale dei combattenti e dei caduti della Rsi. Quante volte dal 1945 al 1988, Almirante ha pronunciato la parola "onore"? Tante volte, perché sulla fedeltà agli ideali fascisti e sull'onore dei combattenti della Rsi ha fondato le sue fortune personali e politiche. Oggi, chiediamo una doverosa verifica, sul piano storico, dell'onore di Giorgio Almirante di cui, in modo documentato, dubitiamo che esso sia mai esistito nell'uomo e nel politico che ha fatto fortuna sull'onore
degli altri, sfruttando cinicamente, secondo il nostro parere, l'onore altrui non possedendone uno proprio. Se qualcuno vuole provare il contrario, se è in grado di portare la documentazione riferita alla persecuzione giudiziaria e poliziesca subita da Giorgio Almirante dopo il 25 aprile 1945, se qualcuno vuole illuminarci sulla figura dell'ebreo protetto da Almirante e poi suo protettore con rilascio di documenti d'identità falsi, si faccia avanti. In caso contrario, il nostro dubbio si dovrà trasformare in certezza. E, dopo, aggiungendo quest'ultimo tassello a tutti gli altri, non sarà difficile provare che il neofascismo italiano del dopoguerra è stato creato, organizzato e diretto dall'antifascismo anticomunista, dai suoi esordi alla sua fine.
Opera 21 marzo 2011
L'ARTE DEL DOPPIOGIOCO di Vincenzo Vinciguerra
Qualche giorno fa, l'ex nazifascista Ignazio La Russa, ora fiero antifascista, ha celebrato la figura di Giorgio
Almirante. Abbiamo già avuto modo di occuparci di Almirante, rilevando come abbia, costui, ricoperto un ruolo di rilievo nella storia più tragica di questo nostro Paese. Abbiamo ricordato come Giorgio Almirante che nell'Italia fascista, impegnata dal 1935 in avanti in ben quattro guerre (quella di Etiopia, Spagna, Seconda guerra mondiale e guerra civile) sia riuscito nell'impresa di non combatterne alcuna. E' certamente degno di nota che Giorgio Almirante, impegnato ancora nel biennio 1943-45 ad esaltare le teorie del razzismo e dell'antisemitismo sia riuscito contestualmente a proteggere un ebreo che non doveva essere uno sprovveduto se è stato proprio lui, come ha rivelato Assunta Almirante, a fornirgli i documenti falsi dopo il 25 aprile 1945 per vivere in clandestinità. Peraltro, abbiamo scritto senza incontrare smentite che Almirante risulta, al momento, il solo funzionario ministeriale della Rsi, nonché iscritto al Partito fascista repubblicano e, in queste vesti, componente di una Brigata nera, a non essere processato per collaborazionismo. A suo carico non risulta nemmeno iniziata un'istruttoria, certamente non è mai stato emesso un ordine di cattura nei suoi confronti e fatto un processo. Strano, perché le istruttorie e i processi li hanno fatti, dopo magari brevi
periodi di detenzione, anche a personaggi di un certo livello della Rsi che sono stati prosciolti od assolti con formula ampia per aver dimostrato di aver condotto il doppio gioco.
A Giorgio Almirante è stata risparmiata l'onta della pubblica ammissione di aver tradito, ma il nostro sospetto che è proprio questo quello che ha fatto, poggia proprio sull'eccessiva benevolenza dello Stato antifascista nei
confronti di un individuo che era conosciuto come giornalista razzista ed antisemita, che era capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare con accesso, perfino, per le sue funzioni, all'ufficio di Benito Mussolini, che era milite di una Brigata nera. Certo, è da tenere presente che il posto di capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare, fino al mese di dicembre del 1944, era stato ricoperto da Gilberto Bernabei. Proprio costui, quell'ultimo mese del 1944, varcò la linea del fronte e si rifugiò a Roma, occupata dagli alleati dove iniziò una silenziosa ma brillante carriera come "anima nera" di Giulio Andreotti. A prendere il posto di Gilberto Bernabei fu proprio Giorgio Almirante, destinato nel dopoguerra a fare pubblica e brillante carriera come uomo politico autoproclamatosi rappresentante ufficiale dei combattenti e dei caduti della Rsi. Quante volte dal 1945 al 1988, Almirante ha pronunciato la parola "onore"? Tante volte, perché sulla fedeltà agli ideali fascisti e sull'onore dei combattenti della Rsi ha fondato le sue fortune personali e politiche. Oggi, chiediamo una doverosa verifica, sul piano storico, dell'onore di Giorgio Almirante di cui, in modo documentato, dubitiamo che esso sia mai esistito nell'uomo e nel politico che ha fatto fortuna sull'onore
degli altri, sfruttando cinicamente, secondo il nostro parere, l'onore altrui non possedendone uno proprio. Se qualcuno vuole provare il contrario, se è in grado di portare la documentazione riferita alla persecuzione giudiziaria e poliziesca subita da Giorgio Almirante dopo il 25 aprile 1945, se qualcuno vuole illuminarci sulla figura dell'ebreo protetto da Almirante e poi suo protettore con rilascio di documenti d'identità falsi, si faccia avanti. In caso contrario, il nostro dubbio si dovrà trasformare in certezza. E, dopo, aggiungendo quest'ultimo tassello a tutti gli altri, non sarà difficile provare che il neofascismo italiano del dopoguerra è stato creato, organizzato e diretto dall'antifascismo anticomunista, dai suoi esordi alla sua fine.
Opera 21 marzo 2011
Spazzatura!!!!
RispondiEliminaonore e rispetto a Vincenzo Vinciguerra , la coerenza fatta persona
RispondiEliminaVinciguerra, non conosce il significato della parola Coerenza.
RispondiEliminaPersonaggio squallido e viscido!