Il vecchio stalinista e l'anima nazista della Lega
(umt) E' uscito da alcune settimane in libreria il saggio "Svastica Verde - il lato oscuro del va' pensiero leghista" di Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci, pubblicato da Editori Riuniti.
"Il libro - scrive Massimiliano Cavallo nel blog del Pd di Gerenzano - è un'impressionante raccolta di dichiarazioni pubbliche, documenti politici, proposte di legge e ordinanze di sindaci tutti targati Lega Nord. Ne emerge il quadro inquietante di un partito politico dichiaratamente eversivo (il suo statuto afferma che lo scopo della Lega Nord è l'indipendenza della cosiddetta Padania, come stato sovrano riconosciuto a livello internazionale), xenofobo, razzista e omofobo, ma anche pieno di affaristi senza scrupoli e di cacciatori di poltrone tanto spregiudicati da far apparire, al confronto, Clemente Mastella un dilettante. Il pregio maggiore di questo libro è che a parlare sono i leghisti. E' dalla loro viva voce e da documenti approvati in pubblici congressi che emerge, con luminosa evidenza, qual è lo scopo finale della Lega Nord: distruggere la Repubblica Italiana e fondare, nelle regioni del Nord Italia uno stato totalitario e razzista".
Il saggio finale di Annamaria Rivera, docente di Antropologia a Bari, studiosa delle migrazioni, si sofferma specificamente sull'"anima nazista della Lega" con particolare riferimento alle componenti etnonazionaliste e volkisch.
Al netto degli aggettivi, condivido la tesi di fondo degli autori: e cioè che la Lega attinge gran parte del suo patrimonio culturale e mitologico dai magazzini della destra radicale. Nel proporvi il testo dell'introduzione, non riesco a sottrarmi dal segnalare una curiosità di genere entomologico.
Uno dei due autori, il più noto Walter Peruzzi, è un vecchio quadro stalinista. Nel 1968 era il leader di una delle numerose frazioni in cui si era già diviso il movimento marxista-leninista. La sua pubblicava una rivista di standard nettamente superiore alla produzione media dagli standard dogmatici e legnosi dell'emmeellismo italiano. Tra i suoi redattori si distinguerà poi, per tutt'altre ragioni, Renato Curcio.
Introduzione
Insieme alla Lega è cresciuta, in questi anni, la letteratura sull’argomento: il dibattito si è arricchito di analisi e saggi, spesso pregevoli, sulle origini del movimento leghista, sulla sua storia e le sue svolte. Sui fattori di disagio o di crisi che il Carroccio ha sfruttato per affermarsi. Inoltre gli esponenti leghisti, che fino ai primi anni Novanta erano stati piuttosto snobbati da stampa e televisione, sono diventati ospiti fissi di molte trasmissioni ben disposte e accomodanti, che hanno contribuito a dipingere la Lega sotto una luce migliore.
Viene accreditata come radicamento e attenzione ai problemi del territorio la furbesca capacità della Lega di cavalcare le paure e di far leva sugli istinti per impossessarsi del potere e arraffare tutte le poltrone disponibili.
Vengono elogiati gli amministratori leghisti per la loro concretezza, nonostante qualche espressione o qualche comportamento ruvido, per usare un eufemismo, fatti passare come sano e ritrovato spirito popolare.
Vengono declassati a innocue e risibili sparate folcloristiche linguaggi, gesti triviali, gesti e comportamenti violenti, che ricordano le camicie nere e i cappucci bianchi del Ku Klux Klan, o altre camicie verdi di estrema destra, come le Croci frecciate ungheresi e la Guardia di ferro rumena.
Inoltre, mentre ad alcuni rappresentanti politici di altri movimenti o partiti viene applicata una censura immediata, a Bossi e ai suoi viene lasciata piena libertà di parola, o meglio, d’insulto: essere politicamente scorretti è stigmatizzato per chi fischia o contesta il potere, mentre per il senatùr e gli altri esponenti leghisti la regola non vale.
Lo strumento più semplice e più diretto per contestare il quadretto idilliaco cui è ridotta la Lega Nord ci è parsa un’antologia. Ecco quindi “la Lega raccontata dalla Lega”, attraverso una raccolta sistematica e ampia, anche se ovviamente incompleta, di opinioni e dichiarazioni dei dirigenti leghisti, degli articoli de La Padania e delle proposte legislative, di iniziative nazionali e locali tratte dalla nuda cronaca, aggiornate ai primi giorni del dicembre 2010. Qualche volta si tratta di riflessioni e di ricostruzioni giornalistiche particolarmente efficaci.
Il risultato ci pare eloquente. La Lega si spiega da sé e il quadro complessivo smentisce tutte le sue tranquillizzanti rappresentazioni. Un movimento apparentemente pacifico, mosso da un onesto desiderio di garantire ai cittadini legalità, sicurezza, decentramento, federalismo e snellimento della macchina burocratica, cala la maschera, mostrando, invece, i lineamenti inconfondibili e brutali di un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario, che ha come unico obiettivo la conquista e la gestione dispotica del potere. La Lega mira a una doppia occupazione: quella dell’immaginario, mediante una forte produzione simbolica, per ora vincente anche a causa del venir meno delle altre grandi narrazioni, e quella del territorio, mediante una lenta penetrazione per via elettorale o mediante alleanze e intese con lobby e centri di potere politico, economico e bancario.
Il carattere eversivo del movimento leghista è scritto nel suo stesso nome, che recita ancora oggi “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”. Un obiettivo riconfermato da Bossi appena qualche mese fa, nel settembre 2010, a Pontida. Il sovvertimento dell’ordine costituzionale, secondo cui la Repubblica è «una e indivisibile», resta lo scopo di un partito i cui massimi esponenti hanno giurato come ministri sulla Costituzione. Forse sarebbe più corretto dire spergiurato. Maroni, per esempio, è stato reclutatore nel 1996 della Guardia padana e per molto tempo è stato indagato insieme ad altri per banda armata: un ministro degli Interni che dovrebbe garantire, invece, la legalità e la sicurezza dello Stato.
Al secessionismo, proclamato in nome della Padania e dei padani, di una nazione e di un’etnia inesistenti, si accompagna un conclamato razzismo contro chi non è padano: che si tratti di romani, meridionali, immigrati, disabili e gay poco importa. Tutti diversi, quindi nemici. Tutti «fuori dalla Padania», oppure dentro quando e per quanto servano come mano d’opera da sfruttare in nero. Per poi magari essere tolti dalle graduatorie, se insegnanti o magistrati meridionali, come la Lega sogna. Peggio ancora se rom o migranti: espulsi, sgomberati ed esclusi dal diritto alla scuola, alla casa o alla salute. Meglio respingerli in mare, negando loro diritto all’asilo e mandandoli a sicura morte in paesi come la Libia, che non rispettano i diritti umani (negati del resto anche in Italia ai migranti rinchiusi in zone di non diritto come i Cie).
Si tratta di un razzismo su base etnica, come quello nazista che si richiama alla razza ariana. Ad esso si accompagna un sessismo becero, analogo a quello del loro alleato e amico Berlusconi, che si serve delle battute o delle immagini più logore e dei più biechi luoghi comuni per ribadire l’assoluta supremazia del maschio, bianco s’intende. Tale razzismo si riflette in un’idea proprietaria del territorio e del potere, in base alla quale chi ha la maggioranza dispone delle istituzioni come vuole. Marchiando, per esempio, la scuola pubblica, le strade e i ponti con i simboli di partito. Seguendo il modello dei regimi totalitari. Svastica verde, appunto: da Adro a Buguggiate, da San Martino di Lupari a Castronno.
Che l’unico obiettivo del ceto politico leghista sia il potere, tanto odiato quanto invidiato e conteso a «Roma ladrona», è documentato anche dall’opportunismo senza princìpi che portò la Lega prima ad agitare in Parlamento il cappio, chiedendo l’intervento della magistratura contro i corrotti o invocando i rigori della legge contro «il mafioso di Arcore», poi a solidarizzare proprio con Berlusconi e a votare tutte le leggi ad personam necessarie per tenerlo fuori dalla galera insieme ai suoi parlamentari e sodali indagati per mafia o altri reati. È la stessa disinvoltura di cui la Lega dà prova servendosi strumentalmente della religione a fini di potere, passando dai matrimoni celtici e dal culto pagano del Dio Po alla campagna in favore del crocefisso e del presepio. Oppure dall’intesa con monsignor Fisichella e le solitamente compiacenti gerarchie vaticane in «difesa della vita» e contro la pillola Ru486 agli insulti contro l’«imam» Tettamanzi, troppo «accogliente» verso i musulmani. Doppia morale, dunque, in uno stile a metà strada tra le furbizie ingenue di una maschera popolare(quella bergamasca di Gioppino, nata in funzione antinapoleonica, come ricorda la saggista francese Lynda Dematteo) e il più puro berlusconismo, di chi si sente sopra la legge e intoccabile perché investito di alte missioni. Doppio linguaggio anche: giustizialista se ci si trova all’opposizione, autoassolvente se si è al potere. Lampante il caso delle campagne a suo tempo condotte dalla Lega contro l’uso delle auto blu o per la soppressione delle Provincie: oggi sono utilizzate le une e difese le altre.
Naturalmente non sono mancati, nel corso dei decenni, manifestazioni di dissenso, seguite dall’espulsione o dall’uscita dal movimento di esponenti anche significativi, ora contrari alle svolte moderate (come i primi e più radicali dirigenti autonomisti), ora alle accelerazioni secessioniste (l’ex presidente della Camera Irene Pivetti o l’ex sindaco di Milano Mario Formentini), ora contrari alla deriva affaristica e poltronista, come l’ex parlamentare ed ex assessore alla sanità della Regione Lombardia, Alessandro Cè. Un dissenso sulla linea del partito è stato espresso, l’ottobre scorso, anche dal vice sindaco di Abbiategrasso, Flavio Lovati, che ha criticato una politica sull’immigrazione ridotta a parlare «alla pancia», definendo «fascista» la marchiatura della scuola di Adro, denunciando anche come la Lega si fosse «appiattita» sul berlusconismo e fosse diventata sempre più «romana». Ma né fuoriuscite, né manifestazioni di dissenso, peraltro duramente represse come quella di Lovati, subito rimosso dal suo incarico, sono valse finora a cambiare il volto di un partito secessionista, anticostituzionale, razzista, affamato di potere e di poltrone, illegale ed eversivo; sotto processo da quattordici anni per banda armata, ma autoassoltosi, avendo cancellato tale reato. In compenso, però, ha inventato quello d’immigrazione clandestina.
Tuttavia la Lega non sarebbe arrivata a prendere con il 10 per cento dei voti su scala nazionale il 90 per cento delle decisioni di governo, a infettare le istituzioni e a diffondere il razzismo dal Nord al Sud del paese, se non fosse stata coccolata a turno dalla destra e dalla sinistra. Se non fosse stata, dunque, legittimata a essere perno della politica italiana. È lo stesso Bossi a dire che la Lega «porta voti». Ma anche i media hanno la loro parte di responsabilità, avendo concesso agli esponenti della Lega uno spazio spropositato nei vari talk-show, tutti tesi a inseguire le dichiarazioni sopra le righe, il turpiloquio, le risse verbali e non che la Lega assicura, portando audience. È una grave responsabilità condivisa da politici, conduttori televisivi, intellettuali, se esponenti di un partito che vìola i principi della nostra Costituzione, attraverso la minaccia della secessione e l’incitamento all’odio razziale, siedono in Parlamento e se possono esibire perfino nel nome il loro scopo eversivo: “l’Indipendenza della Padania”.
L’augurio è che queste pagine aiutino a far comprendere meglio cosa sia la Lega e perché rappresenti, al pari degli altri partiti di estrema destra in ascesa in Europa, una minaccia mortale per la convivenza civile, da contrastare anche sul piano giudiziario, in Italia e davanti la Corte europea di Strasburgo, ma soprattutto su quello politico e culturale.
"Il libro - scrive Massimiliano Cavallo nel blog del Pd di Gerenzano - è un'impressionante raccolta di dichiarazioni pubbliche, documenti politici, proposte di legge e ordinanze di sindaci tutti targati Lega Nord. Ne emerge il quadro inquietante di un partito politico dichiaratamente eversivo (il suo statuto afferma che lo scopo della Lega Nord è l'indipendenza della cosiddetta Padania, come stato sovrano riconosciuto a livello internazionale), xenofobo, razzista e omofobo, ma anche pieno di affaristi senza scrupoli e di cacciatori di poltrone tanto spregiudicati da far apparire, al confronto, Clemente Mastella un dilettante. Il pregio maggiore di questo libro è che a parlare sono i leghisti. E' dalla loro viva voce e da documenti approvati in pubblici congressi che emerge, con luminosa evidenza, qual è lo scopo finale della Lega Nord: distruggere la Repubblica Italiana e fondare, nelle regioni del Nord Italia uno stato totalitario e razzista".
Il saggio finale di Annamaria Rivera, docente di Antropologia a Bari, studiosa delle migrazioni, si sofferma specificamente sull'"anima nazista della Lega" con particolare riferimento alle componenti etnonazionaliste e volkisch.
Al netto degli aggettivi, condivido la tesi di fondo degli autori: e cioè che la Lega attinge gran parte del suo patrimonio culturale e mitologico dai magazzini della destra radicale. Nel proporvi il testo dell'introduzione, non riesco a sottrarmi dal segnalare una curiosità di genere entomologico.
Uno dei due autori, il più noto Walter Peruzzi, è un vecchio quadro stalinista. Nel 1968 era il leader di una delle numerose frazioni in cui si era già diviso il movimento marxista-leninista. La sua pubblicava una rivista di standard nettamente superiore alla produzione media dagli standard dogmatici e legnosi dell'emmeellismo italiano. Tra i suoi redattori si distinguerà poi, per tutt'altre ragioni, Renato Curcio.
Introduzione
Insieme alla Lega è cresciuta, in questi anni, la letteratura sull’argomento: il dibattito si è arricchito di analisi e saggi, spesso pregevoli, sulle origini del movimento leghista, sulla sua storia e le sue svolte. Sui fattori di disagio o di crisi che il Carroccio ha sfruttato per affermarsi. Inoltre gli esponenti leghisti, che fino ai primi anni Novanta erano stati piuttosto snobbati da stampa e televisione, sono diventati ospiti fissi di molte trasmissioni ben disposte e accomodanti, che hanno contribuito a dipingere la Lega sotto una luce migliore.
Viene accreditata come radicamento e attenzione ai problemi del territorio la furbesca capacità della Lega di cavalcare le paure e di far leva sugli istinti per impossessarsi del potere e arraffare tutte le poltrone disponibili.
Vengono elogiati gli amministratori leghisti per la loro concretezza, nonostante qualche espressione o qualche comportamento ruvido, per usare un eufemismo, fatti passare come sano e ritrovato spirito popolare.
Vengono declassati a innocue e risibili sparate folcloristiche linguaggi, gesti triviali, gesti e comportamenti violenti, che ricordano le camicie nere e i cappucci bianchi del Ku Klux Klan, o altre camicie verdi di estrema destra, come le Croci frecciate ungheresi e la Guardia di ferro rumena.
Inoltre, mentre ad alcuni rappresentanti politici di altri movimenti o partiti viene applicata una censura immediata, a Bossi e ai suoi viene lasciata piena libertà di parola, o meglio, d’insulto: essere politicamente scorretti è stigmatizzato per chi fischia o contesta il potere, mentre per il senatùr e gli altri esponenti leghisti la regola non vale.
Lo strumento più semplice e più diretto per contestare il quadretto idilliaco cui è ridotta la Lega Nord ci è parsa un’antologia. Ecco quindi “la Lega raccontata dalla Lega”, attraverso una raccolta sistematica e ampia, anche se ovviamente incompleta, di opinioni e dichiarazioni dei dirigenti leghisti, degli articoli de La Padania e delle proposte legislative, di iniziative nazionali e locali tratte dalla nuda cronaca, aggiornate ai primi giorni del dicembre 2010. Qualche volta si tratta di riflessioni e di ricostruzioni giornalistiche particolarmente efficaci.
Il risultato ci pare eloquente. La Lega si spiega da sé e il quadro complessivo smentisce tutte le sue tranquillizzanti rappresentazioni. Un movimento apparentemente pacifico, mosso da un onesto desiderio di garantire ai cittadini legalità, sicurezza, decentramento, federalismo e snellimento della macchina burocratica, cala la maschera, mostrando, invece, i lineamenti inconfondibili e brutali di un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario, che ha come unico obiettivo la conquista e la gestione dispotica del potere. La Lega mira a una doppia occupazione: quella dell’immaginario, mediante una forte produzione simbolica, per ora vincente anche a causa del venir meno delle altre grandi narrazioni, e quella del territorio, mediante una lenta penetrazione per via elettorale o mediante alleanze e intese con lobby e centri di potere politico, economico e bancario.
Il carattere eversivo del movimento leghista è scritto nel suo stesso nome, che recita ancora oggi “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”. Un obiettivo riconfermato da Bossi appena qualche mese fa, nel settembre 2010, a Pontida. Il sovvertimento dell’ordine costituzionale, secondo cui la Repubblica è «una e indivisibile», resta lo scopo di un partito i cui massimi esponenti hanno giurato come ministri sulla Costituzione. Forse sarebbe più corretto dire spergiurato. Maroni, per esempio, è stato reclutatore nel 1996 della Guardia padana e per molto tempo è stato indagato insieme ad altri per banda armata: un ministro degli Interni che dovrebbe garantire, invece, la legalità e la sicurezza dello Stato.
Al secessionismo, proclamato in nome della Padania e dei padani, di una nazione e di un’etnia inesistenti, si accompagna un conclamato razzismo contro chi non è padano: che si tratti di romani, meridionali, immigrati, disabili e gay poco importa. Tutti diversi, quindi nemici. Tutti «fuori dalla Padania», oppure dentro quando e per quanto servano come mano d’opera da sfruttare in nero. Per poi magari essere tolti dalle graduatorie, se insegnanti o magistrati meridionali, come la Lega sogna. Peggio ancora se rom o migranti: espulsi, sgomberati ed esclusi dal diritto alla scuola, alla casa o alla salute. Meglio respingerli in mare, negando loro diritto all’asilo e mandandoli a sicura morte in paesi come la Libia, che non rispettano i diritti umani (negati del resto anche in Italia ai migranti rinchiusi in zone di non diritto come i Cie).
Si tratta di un razzismo su base etnica, come quello nazista che si richiama alla razza ariana. Ad esso si accompagna un sessismo becero, analogo a quello del loro alleato e amico Berlusconi, che si serve delle battute o delle immagini più logore e dei più biechi luoghi comuni per ribadire l’assoluta supremazia del maschio, bianco s’intende. Tale razzismo si riflette in un’idea proprietaria del territorio e del potere, in base alla quale chi ha la maggioranza dispone delle istituzioni come vuole. Marchiando, per esempio, la scuola pubblica, le strade e i ponti con i simboli di partito. Seguendo il modello dei regimi totalitari. Svastica verde, appunto: da Adro a Buguggiate, da San Martino di Lupari a Castronno.
Che l’unico obiettivo del ceto politico leghista sia il potere, tanto odiato quanto invidiato e conteso a «Roma ladrona», è documentato anche dall’opportunismo senza princìpi che portò la Lega prima ad agitare in Parlamento il cappio, chiedendo l’intervento della magistratura contro i corrotti o invocando i rigori della legge contro «il mafioso di Arcore», poi a solidarizzare proprio con Berlusconi e a votare tutte le leggi ad personam necessarie per tenerlo fuori dalla galera insieme ai suoi parlamentari e sodali indagati per mafia o altri reati. È la stessa disinvoltura di cui la Lega dà prova servendosi strumentalmente della religione a fini di potere, passando dai matrimoni celtici e dal culto pagano del Dio Po alla campagna in favore del crocefisso e del presepio. Oppure dall’intesa con monsignor Fisichella e le solitamente compiacenti gerarchie vaticane in «difesa della vita» e contro la pillola Ru486 agli insulti contro l’«imam» Tettamanzi, troppo «accogliente» verso i musulmani. Doppia morale, dunque, in uno stile a metà strada tra le furbizie ingenue di una maschera popolare(quella bergamasca di Gioppino, nata in funzione antinapoleonica, come ricorda la saggista francese Lynda Dematteo) e il più puro berlusconismo, di chi si sente sopra la legge e intoccabile perché investito di alte missioni. Doppio linguaggio anche: giustizialista se ci si trova all’opposizione, autoassolvente se si è al potere. Lampante il caso delle campagne a suo tempo condotte dalla Lega contro l’uso delle auto blu o per la soppressione delle Provincie: oggi sono utilizzate le une e difese le altre.
Naturalmente non sono mancati, nel corso dei decenni, manifestazioni di dissenso, seguite dall’espulsione o dall’uscita dal movimento di esponenti anche significativi, ora contrari alle svolte moderate (come i primi e più radicali dirigenti autonomisti), ora alle accelerazioni secessioniste (l’ex presidente della Camera Irene Pivetti o l’ex sindaco di Milano Mario Formentini), ora contrari alla deriva affaristica e poltronista, come l’ex parlamentare ed ex assessore alla sanità della Regione Lombardia, Alessandro Cè. Un dissenso sulla linea del partito è stato espresso, l’ottobre scorso, anche dal vice sindaco di Abbiategrasso, Flavio Lovati, che ha criticato una politica sull’immigrazione ridotta a parlare «alla pancia», definendo «fascista» la marchiatura della scuola di Adro, denunciando anche come la Lega si fosse «appiattita» sul berlusconismo e fosse diventata sempre più «romana». Ma né fuoriuscite, né manifestazioni di dissenso, peraltro duramente represse come quella di Lovati, subito rimosso dal suo incarico, sono valse finora a cambiare il volto di un partito secessionista, anticostituzionale, razzista, affamato di potere e di poltrone, illegale ed eversivo; sotto processo da quattordici anni per banda armata, ma autoassoltosi, avendo cancellato tale reato. In compenso, però, ha inventato quello d’immigrazione clandestina.
Tuttavia la Lega non sarebbe arrivata a prendere con il 10 per cento dei voti su scala nazionale il 90 per cento delle decisioni di governo, a infettare le istituzioni e a diffondere il razzismo dal Nord al Sud del paese, se non fosse stata coccolata a turno dalla destra e dalla sinistra. Se non fosse stata, dunque, legittimata a essere perno della politica italiana. È lo stesso Bossi a dire che la Lega «porta voti». Ma anche i media hanno la loro parte di responsabilità, avendo concesso agli esponenti della Lega uno spazio spropositato nei vari talk-show, tutti tesi a inseguire le dichiarazioni sopra le righe, il turpiloquio, le risse verbali e non che la Lega assicura, portando audience. È una grave responsabilità condivisa da politici, conduttori televisivi, intellettuali, se esponenti di un partito che vìola i principi della nostra Costituzione, attraverso la minaccia della secessione e l’incitamento all’odio razziale, siedono in Parlamento e se possono esibire perfino nel nome il loro scopo eversivo: “l’Indipendenza della Padania”.
L’augurio è che queste pagine aiutino a far comprendere meglio cosa sia la Lega e perché rappresenti, al pari degli altri partiti di estrema destra in ascesa in Europa, una minaccia mortale per la convivenza civile, da contrastare anche sul piano giudiziario, in Italia e davanti la Corte europea di Strasburgo, ma soprattutto su quello politico e culturale.
Resta un fatto inoppugnabile,che Umberto Bossi è stato iscritto al partito comunista, ai tempi di Pinochet e del golpe avvenuto in Cile;mentre Roberto Maroni era un extraparlamentare di sinistra, aderente ad Avanguardia Operaia.Io reputo che l'inversione di marcia si avvenuta dopo il decesso di Gianfranco Miglio,l'unico grande pensatore del federalismo contemporaneo. Per il resto la Lega ha saputo inglobare ex missini e comunisti in crisi di identità.La base è simile ai vecchi militanti del defunto partito comunista, sono militanti in buona fede che partecipano volontariamente alle feste padane, con lo stesso slancio a cui partecipavano alle feste dell'Unità. La classe dirigente della Lega ha conosciuto delle vere e proprie purghe staliniane, da parte del capo supremo e indiscusso. Era Stalin il quale sosteneva che le purghe facevano bene al partito, Bossi ne ha fatto tesoro.Per quanto riguarda il resto è indiscutibile che la Lega naviga a vista, programmi e principi sono subordinati all'insegna del pragmatismo e delle convergenze di interesse. Un punto fermo rimane: al nord senza Lega non si governa! T.V.
RispondiEliminaUn'insulto al simbolo unico di amore, libertà e potenza.
RispondiEliminala LEGA e' comuqnue l'unico partito serio in ITALIA votato da destra e sinistra che ha imparato d asubito che usare le celtiche o le svastiche non paga , ed il neofascismo non paga neppure quello..eppure ha fatto molte cose che la destra radicale porta avanti solo con chiacchere
RispondiEliminaleninista di destra
anche questo è vero. Freda ha ragione quando dice che il programma del suo Fronte nazionale è oggi agenda di governo ... ma è un errore imperdonabile essere in anticipo sui tempi
RispondiEliminaAnalisi condivisibile tranne il paragone,insostenibile, tra i magna magna di Bossi e la Guardia di Ferro di Codreanu. Come paragonare Comunione e Liberazione ai Cavalieri Teutonici.
RispondiEliminaForse Bossi che è un animale politico autentico, unico vero e raro esemplare in circolazione tra i leader,ha capito che il vino andava annacquato, altrimenti oggi nella penisola saremo tutti intenti a leccarci le ferite di una lunga e sanguinosa guerra civile di secessione.In Europa abbiamo l'esempio eclatante dell'IRA irlandese e dell'ETA basca,mi sovviene alla mente la guerra civile dell'ex Yugoslavia, con le sue fosse comuni e l'intervento degli esportatori di democrazia.UMT pensa a quali scenari andavamo incontro, se l'intuito e la saggezza di Bossi, non avessero prevalso alla fine. La sua idea del federalismo è il male minore;in un paese dove il nord è tra le regioni più ricche e avanzate del mondo (Tremonti docet) cosa sarebbe il Salento, la Lucania, senza pensioni dei falsi invalidi civili. oppure cosa farebbero (ndrangheta?) le migliaia di guardie forestali calabresi,fatte assumere dall'ex ministro all'agricoltura Alemanno, più numerose dell'intero Canada'. T.V.
RispondiEliminahttp://forum.politicainrete.net/regno-delle-due-sicilie/77032-il-sacco-del-nodde.html
RispondiEliminaLA LEGA e' l'unico movimento che ha unito ITALIANI di tutte le ideologie
RispondiEliminaed ha unito anche l'ITALIA !
priapo
è osceno accostare il kkk e la Lega alla Guardia di Ferro, si dovrebbero vergognare
RispondiEliminaricordo ad un solstizio in Piemonte,Borghezio in delirio aizza la folla e chiude con "Siamo tutti alti, biondi e con gli occhi azzurri... DENTRO!"... Grandi momenti di alta politica trash.
RispondiEliminaMah, il trippone da tedesco che si abboffa di wrustel e birra a colazione ce l'ha
RispondiEliminamah, l'atteggiamento ondivago e opportunista, tipico della Lega, sa più di Dc/Psi che di nazista!
RispondiEliminaVedremo cosa si dirà quando Bossi a caccia di potere e poltrone farà l'ennesimo giro di walzer...
Confermo poi il passato di Bossi e Maroni nelle file dell'ultrasinistra. Se non sbaglio entrambi frequentavano la sede Ho Chi Min del Pci di Varese...
In effetti Maroni ha proprio l'aria da ex-ultrà marxista convertito alle poltrone, come certi del Pd!
oh oh non mischiamo la merda con il cioccolato, la lega non ha niente a che spartire con socialismo nazionale eh.
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