Cutonilli: chiediamo solo di storicizzare gli anni di piombo
(umt) Dopo una lunga fase di dipendenza da giochi ormai uso facebook quasi esclusivamente come vetrina e amplificatore del blog. Con ottimi risultati. A pochi minuti dalla pubblicazione della recensione di Bianconi e delle mie osservazioni critiche arriva pronta sulla mia bacheca la replica di Valerio Cutonilli che ritiene forzata la mia interpretazione. Ritengo opportuno rendere partecipi i lettori del blog della discussione
Carissimo Ugo,
innanzitutto grazie per le consuete attenzioni. tengo però a ribadire due aspetti fondamentali. Il primo viene evidenziato già nell’introduzione del libro. Il nostro – a differenza di altri - è un approccio esclusivamente storiografico, associato a un intento pacificatore. Non ci compete emettere o invocare sentenze. Crediamo piuttosto, consapevoli di essere oggi minoranza in tal senso, che debba avere inizio la storicizzazione degli anni di piombo. il secondo è che non intendiamo offrire verità a buon mercato. auspichiamo, piuttosto, che l’ipotesi investigativa tracciata nel libro – che inserisce l’eccidio in una catena di attentati iniziati a roma nel 1973 e che chiama in causa le cd strutture di cerniera insistenti tra partito armato e illegalità di massa – sia oggetto di discussione costruttiva e leale. siamo disponibili a conoscere, e se del caso condividere, quelle argomentazioni che sono in grado demolirla. all’esatto contrario, sino ad oggi abbiamo ascoltato solo un rumoroso silenzio. eccezion fatta per la tua critica netta alla tesi in questione; autorevole, schietta e come al solito serena.
Valerio Cutonilli
A lui ho replicato:
le sentenze lo sappiamo tutti e due (non) le fanno i tribunali. Io mi limito a notare che il libro ha una tesi forte ed esplicita e che la recensione di Bianconi, comunque preziosa, perché alcune decine di migliaia di lettori in tutta Italia altrimenti irragiungibili ora sanno che c'è il vostro libro, è riduttiva.
Credo però di dover aggiungere qualcosa per i lettori del blog per fare chiarezza. Soprattutto con me stesso e con la mia storia personale, cioè quella di un giovane che ha militato per qualche anno (1973-1981) in quell'area, con una fase più limitata temporalmente di forte contiguità proprio con la rete dei comitati comunisti. Le mie obiezioni di fondo all'eccellente (e serenissimo) lavoro di ricostruzione storica di Cutonilli e Valentinotti, che nell'anno di cui si parla andavano sì e no all'asilo, sono due, di diversa natura. La prima fattuale, la seconda logica e sentimentale:
1. non esiste una continuità organizzativa ferrea tra la rete clandestina di Potop, le Fca di Morucci, i Cocorì e le varie frange dei comitati comunisti con le diverse sigle lottarmiste. Si tratta invece di una realtà composita, conflittuale e rissosa (per concorrenza mimetica) in cui sono frequenti gli intrecci e ancor più rapidi e furiosi i disamori. Valgano per esempio proprio le due strutture cerniera cui fan riferimento il libro e cioè i nuclei dei CoCoRo dei Castelli e dell'Alberone. I quadri lottarmatisti del primo confluiscono, attraverso le Formazioni comuniste combattenti in Prima Linea, il secondo transita nel Mpro (organismi di base delle Brigate rosse) alle Br stesse.
2. non c'è dubbio che gli assassini di Acca Larentia provengano da quell'area. Solo che se quell'attentato, come mi sembra ampiamente riconosciuto, aveva lo scopo di candidare gli autori a entrare nelle Br con il bollino blu "dieci e lode", è stato fatto non in nome e per conto di Luigi Rosati ma contro di lui. Così come è successo a Primavalle (un altro attentato di candidatura, come ormai sappiamo) e come è accaduto sull'altro fronte al liceo Giulio Cesare, dove Fioravanti porta due quadri del nucleo operativo di Terza posizione a compiere un'azione armata nel "santuario" del movimento proprio per accentuare lo scontro con il gruppo dirigente.
Quest'ultima è un'obiezione logica, dicevo, ma anche sentimentale. Perché ho un'antica amicizia con Rosati, anche se è parecchio che non ci vediamo. Da decenni si è messo alla spalle quelle storie e per come lo conosco mi piace pensare che non sarebbe stato capace di farlo con un simile macigno sul cuore.
Carissimo Ugo,
innanzitutto grazie per le consuete attenzioni. tengo però a ribadire due aspetti fondamentali. Il primo viene evidenziato già nell’introduzione del libro. Il nostro – a differenza di altri - è un approccio esclusivamente storiografico, associato a un intento pacificatore. Non ci compete emettere o invocare sentenze. Crediamo piuttosto, consapevoli di essere oggi minoranza in tal senso, che debba avere inizio la storicizzazione degli anni di piombo. il secondo è che non intendiamo offrire verità a buon mercato. auspichiamo, piuttosto, che l’ipotesi investigativa tracciata nel libro – che inserisce l’eccidio in una catena di attentati iniziati a roma nel 1973 e che chiama in causa le cd strutture di cerniera insistenti tra partito armato e illegalità di massa – sia oggetto di discussione costruttiva e leale. siamo disponibili a conoscere, e se del caso condividere, quelle argomentazioni che sono in grado demolirla. all’esatto contrario, sino ad oggi abbiamo ascoltato solo un rumoroso silenzio. eccezion fatta per la tua critica netta alla tesi in questione; autorevole, schietta e come al solito serena.
Valerio Cutonilli
A lui ho replicato:
le sentenze lo sappiamo tutti e due (non) le fanno i tribunali. Io mi limito a notare che il libro ha una tesi forte ed esplicita e che la recensione di Bianconi, comunque preziosa, perché alcune decine di migliaia di lettori in tutta Italia altrimenti irragiungibili ora sanno che c'è il vostro libro, è riduttiva.
Credo però di dover aggiungere qualcosa per i lettori del blog per fare chiarezza. Soprattutto con me stesso e con la mia storia personale, cioè quella di un giovane che ha militato per qualche anno (1973-1981) in quell'area, con una fase più limitata temporalmente di forte contiguità proprio con la rete dei comitati comunisti. Le mie obiezioni di fondo all'eccellente (e serenissimo) lavoro di ricostruzione storica di Cutonilli e Valentinotti, che nell'anno di cui si parla andavano sì e no all'asilo, sono due, di diversa natura. La prima fattuale, la seconda logica e sentimentale:
1. non esiste una continuità organizzativa ferrea tra la rete clandestina di Potop, le Fca di Morucci, i Cocorì e le varie frange dei comitati comunisti con le diverse sigle lottarmiste. Si tratta invece di una realtà composita, conflittuale e rissosa (per concorrenza mimetica) in cui sono frequenti gli intrecci e ancor più rapidi e furiosi i disamori. Valgano per esempio proprio le due strutture cerniera cui fan riferimento il libro e cioè i nuclei dei CoCoRo dei Castelli e dell'Alberone. I quadri lottarmatisti del primo confluiscono, attraverso le Formazioni comuniste combattenti in Prima Linea, il secondo transita nel Mpro (organismi di base delle Brigate rosse) alle Br stesse.
2. non c'è dubbio che gli assassini di Acca Larentia provengano da quell'area. Solo che se quell'attentato, come mi sembra ampiamente riconosciuto, aveva lo scopo di candidare gli autori a entrare nelle Br con il bollino blu "dieci e lode", è stato fatto non in nome e per conto di Luigi Rosati ma contro di lui. Così come è successo a Primavalle (un altro attentato di candidatura, come ormai sappiamo) e come è accaduto sull'altro fronte al liceo Giulio Cesare, dove Fioravanti porta due quadri del nucleo operativo di Terza posizione a compiere un'azione armata nel "santuario" del movimento proprio per accentuare lo scontro con il gruppo dirigente.
Quest'ultima è un'obiezione logica, dicevo, ma anche sentimentale. Perché ho un'antica amicizia con Rosati, anche se è parecchio che non ci vediamo. Da decenni si è messo alla spalle quelle storie e per come lo conosco mi piace pensare che non sarebbe stato capace di farlo con un simile macigno sul cuore.
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