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Carancini: perché tanta durezza contro Militia?

Andrea Carancini è tra i più assidui commentatori di questo blog. Nonostante le numerose, evidenti differenze di sensibilità e di agenda politico-culturale e specifiche divergenze interpretative radicali, condividiamo una forte passione e attenzione al tema della libertà di espressione e di critica. Questione per me importante, centrale per Andrea. Un suo post di qualche giorno fa mi sembra assolutamente pertinente al ritorno di fiamma del dibattito sul revisionismo suscitato dagli interventi in questo blog di Olivier Mathieu, il controverso intellettuale francese protagonista di uno delle vicende più clamorose di persecuzione antirevisionista. La questione che Carancini solleva (perché tanto accanimento repressivo per degli striscioni?) riguarda proprio Militia, il gruppo che ha fato della lotta a Israele e all'influenza delle comunità israelitiche ha fatto la propria ragione d'essere. Senza nessun riguardo per l'opportunità politica. Ecco il post di Andrea.  

DOMENICA 13 MARZO 2011

Gli striscioni di Militia e il culto totalitario della Shoah

Giorni fa, guardando il dvd dello storico sceneggiato RAIVino e pane, tratto dal romanzo di Ignazio Silone, ho ascoltato una frase pronunciata dal protagonista - il comunista Pietro Spina (interpretato da Pier Paolo Capponi) - che mi ha colpito. Quando la giovane Bianchina gli riferisce che le scritte antifasciste trovate sui muri del paese dove Spina si era rifugiato ("Viva l'Internazionale", "Abbasso la guerra") avevano "scatenato il finimondo", il protagonista, che era poi l'autore delle scritte, replica (cito a memoria): "Ma nelle dittature è così: puoi avere la macchina propagandista più efficiente del mondo, fare migliaia di discorsi, stampare milioni di manifesti, entrare nel cervello delle persone e condizionarlo fino in fondo, ma se anche un individuo soltanto continua a pensarla in modo diverso e a non adeguarsi, il regime si sente perso".

Sentendo queste parole, chissà perchè, mi è venuto da pensare a un caso d'attualità: agli striscioni di Militia. Al di là dei giudizi, sia politici che personali che si possono dare sui camerati in questione (su queste cose Ugo Tassinari ne sa molto più di me) non può non suscitare impressione - e inquietudine - la sproporzione tra il mero fatto (qualche striscione sui muri) e la foga repressiva che queste "lenzuolate" scatenano (leggo addirittura di una "lunga detenzione preventiva inferta a Stefano Schiavulli":http://fascinazione.blogspot.com/2011/01/militia-non-demorde-scritte-contro-il.html ).

A me, gli striscioni in questione (con l'eccezione di quello, effettivamente ignobile, sui morti di Castelvolturno, di cui però il leader del gruppo ha disconosciuto la paternità) non sembrano così riprovevoli: mi sembrano più il classico sberleffo nei confronti del potere (che a Roma ha una lunga e rispettabile tradizione, a partire dalle pasquinate cinquecentesche) che il vettore di chissà quale pericolo ideologico. Il problema, in realtà, è un altro: a quanto pare, in Italia, oggi come 80 anni fa, basta uno striscione o una scritta sui muri per essere considerati dei pericolosi sovversivi.  

Almeno questo merito, ai camerati di Militia bisogna riconoscerlo (a parte le critiche, vivissime nella loro stessa area, che questo tipo di "testimonanza radicale", con i relativi costi umani, suscita):di aver fatto uscire allo scoperto, solo con qualche innocuo striscione, la natura non solo isterica, ma totalitaria del culto della Shoah (diventato in Italia propaganda di Stato con la legge sul "Giorno della Memoria" del 2000:  http://www.camera.it/parlam/leggi/00211l.htm)

Che abbia ragione Dieudonné, quando ha detto: "L'OCCUPAZIONE TEDESCA IERI, L'OCCUPAZIONE SIONISTA OGGI"? (http://blanrue.blogspot.com/2011/03/dieudonne-dans-rivarol-mon-prochain.html).

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