Omicidio Verbano: la pista del dossier ritrovato
L'articolo di Giovanni Bianconi pubblicato oggi dal Corriere della sera fa il punto sull'inchiesta Verbano, sottolineando la ricchezza informativa del famoso dossier, sequestrato dal giudice Amato e dato per disperso mentre invece è invece spuntata fuori una copia da qualche armadio impolverato dei carabinieri. Il fatto che sia il prodotto di un lavoro collettivo è evidente e non solo perché ci sono alcune schede compilate con altra grafia ma anche perché la capillarità delle informazioni raccolte e l'ampiezza dell'area territoriale interessate dimostra un più ampio coinvolgimento
Omicidio Verbano, il movente nel dossier
ROMA - L'originale del dossier l'aveva sequestrato la polizia a casa di Valerio Verbano, subito dopo il suo arresto nel 1979. Poi il ragazzo uscì di prigione, e il 22 febbraio 1980 fu ucciso da un proiettile calibro 38 sparato da un commando neo-fascista che lo stava aspettando nell'appartamento in cui abitava insieme ai genitori.
Avrebbe compiuto 19 anni tre giorni più tardi, e in quel dossier poteva esserci il movente del delitto. Lo cercarono negli archivi del palazzo di giustizia, ma senza successo. Era sparito. La polizia ne aveva fotocopiata una parte, poi consegnata agli avvocati della famiglia Verbano, ma era materiale incompleto.
Ora, dagli archivi dei carabinieri è saltata fuori un'altra copia, entrata negli atti dell'inchiesta riaperta dalla Procura di Roma sull'omicidio di trentuno anni fa. Sono 379 fogli, quasi tutti scritti a mano da quel giovane vicino all'area di Autonomia operaia, col chiodo fisso dell'antifascismo, che aveva raccolto notizie su centinaia di militanti dell'opposta fazione, dal Movimento sociale italiani alle nascenti formazioni del terrorismo nero, schedati con una cura quasi maniacale. Ora in ordine alfabetico, ora raccolti per quartieri o sedi di appartenenza, nei quaderni, nelle agende e nelle rubriche di Verbano compaiono indicazioni su personaggi noti e meno noti della destra romana dell'epoca.
Alcuni erano già famosi, altri lo sono diventati in seguito. Sia per aver scalato la politica ufficiale - come Teodoro Buontempo o Francesco Storace, indicato come uno che «porta gli occhiali Lozza da vista, segretario Fdg Acca Larentia, cicciottello» -, sia per il loro ruolo nel neo-fascismo dell'epoca (come Paolo Signorelli e Stefano Delle Chiaie), sia per essere entrati nelle organizzazioni eversive, finiti in carcere o uccisi, come Alessandro Alibrandi. E non mancano i nomi di altri futuri morti; come Luca Perucci, ucciso nel 1981 dai suoi «camerati» per sospetto tradimento; o Angelo Mancia, assassinato il 12 marzo 1980 dai «Compagni organizzati in Volante rossa», probabilmente per vendicare l'omicidio Verbano.
A volte ci sono solo nomi e cognomi, a volte anche gli indirizzi, caratteristiche fisiche, indicazioni delle sezioni missine frequentate, trascorsi politici e giudiziari di chi partecipava alle aggressioni che alimentavano la guerra fra rossi e neri. «È stato visto spesso a via Ottaviano, via Sommacampagna e via Acca Larentia», si dice di un ventunenne ex militante del Fronte della gioventù «ora passato ai Nar dove sembra ricopra la carica di sussistenza alle strutture operative», mentre il fratello minore «si occuperebbe di spedizioni punitive di fascisti contro compagni». E su un altro giovane di destra, di cui è indicata l'abitazione: «Età 21 anni, noto esponente del FdG, arrestato e subito rilasciato per l'assassinio del compagno Walter Rossi, è certo che partecipò alla sparatoria dell'ottobre del '77 che si concluse con il ferimento di un compagno alla Balduina».
Nella prosa un po' da questura si riportano anche informazioni giunte a Verbano chissà attraverso quali canali, su movimenti e aggregazioni di quella stagione. Come quando annota che Cristiano Fioravanti(futuro «pentito» dei Nar) e due suoi amici «sono partiti per Trento il 24 dicembre 1978 su una Land Rover» di un altro neofascista: «Non si conoscono i motivi del viaggio».
E ci sono indicazioni sui finanziamenti ai picchiatori neri che si attrezzavano a diventare terroristi: «Una delle coperture finanziarie (riciclaggio di soldi provenienti da rapine) è offerta dal negozio di giocattoli e merceria», di cui seguono nomi e indirizzo della propietaria: «Il negozio è sempre guardato a vista da due fascisti che stazionano al bar poco più avanti sulla stessa via».
Gli appunti non sono scritti solo da Verbano. Con un'altra calligrafia, ad esempio, è scritto che i fascisti del quartiere Tuscolano «si riuniscono a piazza Montecastrilli, ritrovo al bar della piazza», mentre in un bar latteria di via Gela «si ritrovano tutti quelli di via Noto (dove c'era una sede missina, ndr). Nel retrobottega di questo piccolo bar vengono preparate le aggressioni».
Come sono arrivate tutte queste notizie a un ragazzo comunista di 19 anni che le ha raccolte nel suo personale schedario della violenza politica a Roma di fine anni Settanta? Forse è proprio questo che volevano sapere i tre killer che lo aspettarono a casa dopo aver legato e imbavagliato i genitori, e lo uccisero al termine di una colluttazione.
Un omicidio non preventivato, secondo i carabinieri del Ros che hanno riaperto il caso. Forse doveva essere solo un ferimento, seguito a un interrogatorio della vittima per farsi dire il nome della «spia», o delle «spie» da punire. È l'ipotesi più accreditata dagli investigatori, che hanno centrato l'attenzione su due nomi di possibili esecutori. Uno dei quali compare anche fra le centinaia messe insieme dal giovane autonomo nel suo dossier. Che dunque torna ad essere il possibile movente del delitto; non tanto per il suo contenuto, quanto per le fonti sulla base del quale era stato composto.
I due sospettati appartenevano, in quel periodo, all'area estremista che gravitava fra Terza Posizione e i Nar, probabilmente un nucleo proveniente dal primo gruppo intenzionato a transitare nel secondo, accreditandosi con quell'azione. Dagli archivi della vecchia indagine i carabinieri hanno recuperato anche la voce degli assassini. È stato infatti rispolverato, per essere analizzato (per la prima volta) e poter procedere a difficili perizie vocali, il nastro con la registrazione della telefonata di rivendicazione giunta all'agenzia Ansa alle 21 del 22 febbraio 1980: «Nuclei armati rivoluzionari, avanguardia di fuoco, alle ore 13,40 abbiamo giustiziato Valerio Verbano».
A parlare era certamente uno dei killer, perché fornì un paio di particolari non ancora di pubblico dominio: il calibro della pistola che aveva ucciso e soprattutto il dettaglio di un'altra dimenticata sul luogo del delitto. «Abbiamo lasciato nell'appartamento di Verbano una pistola 7,65», disse l'anonimo. Si riferiva all'arma con un silenziatore artigianale montato col nastro adesivo, uno dei pochi reperti scampati alla sparizione o alla distruzione. Sui quali ora saranno tentati nuovi rilievi scientifici, alla ricerca di un'impronta genetica o digitale che possa aiutare a incastrare i sicari.
RIAPERTA L'inchiesta SUL DELITTO DEL 1980
Omicidio Verbano, il movente nel dossier
di Valerio su segreti e soldi della destra
Era scomparso dopo l'omicidio del ragazzo: in 379 fogli schedati i violenti e anche politici come Storace. Appunti a mano del giovane autonomista, sequestrati nel '79
Valerio Verbano ad una manifestazione sul finire degli anni '70 (foto dal web) |
Avrebbe compiuto 19 anni tre giorni più tardi, e in quel dossier poteva esserci il movente del delitto. Lo cercarono negli archivi del palazzo di giustizia, ma senza successo. Era sparito. La polizia ne aveva fotocopiata una parte, poi consegnata agli avvocati della famiglia Verbano, ma era materiale incompleto.
Manifestazione a Roma in ricordo di Verbano, in occasione dei 30 anni dall'omicidio (Eidon) |
Alcuni erano già famosi, altri lo sono diventati in seguito. Sia per aver scalato la politica ufficiale - come Teodoro Buontempo o Francesco Storace, indicato come uno che «porta gli occhiali Lozza da vista, segretario Fdg Acca Larentia, cicciottello» -, sia per il loro ruolo nel neo-fascismo dell'epoca (come Paolo Signorelli e Stefano Delle Chiaie), sia per essere entrati nelle organizzazioni eversive, finiti in carcere o uccisi, come Alessandro Alibrandi. E non mancano i nomi di altri futuri morti; come Luca Perucci, ucciso nel 1981 dai suoi «camerati» per sospetto tradimento; o Angelo Mancia, assassinato il 12 marzo 1980 dai «Compagni organizzati in Volante rossa», probabilmente per vendicare l'omicidio Verbano.
Il libro su Valerio scritto da Carla Verbano con Alessandro Capponi |
Nella prosa un po' da questura si riportano anche informazioni giunte a Verbano chissà attraverso quali canali, su movimenti e aggregazioni di quella stagione. Come quando annota che Cristiano Fioravanti(futuro «pentito» dei Nar) e due suoi amici «sono partiti per Trento il 24 dicembre 1978 su una Land Rover» di un altro neofascista: «Non si conoscono i motivi del viaggio».
E ci sono indicazioni sui finanziamenti ai picchiatori neri che si attrezzavano a diventare terroristi: «Una delle coperture finanziarie (riciclaggio di soldi provenienti da rapine) è offerta dal negozio di giocattoli e merceria», di cui seguono nomi e indirizzo della propietaria: «Il negozio è sempre guardato a vista da due fascisti che stazionano al bar poco più avanti sulla stessa via».
La madre di Valerio Verbano con una foto del figlio (foto Jpeg) |
Come sono arrivate tutte queste notizie a un ragazzo comunista di 19 anni che le ha raccolte nel suo personale schedario della violenza politica a Roma di fine anni Settanta? Forse è proprio questo che volevano sapere i tre killer che lo aspettarono a casa dopo aver legato e imbavagliato i genitori, e lo uccisero al termine di una colluttazione.
Un omicidio non preventivato, secondo i carabinieri del Ros che hanno riaperto il caso. Forse doveva essere solo un ferimento, seguito a un interrogatorio della vittima per farsi dire il nome della «spia», o delle «spie» da punire. È l'ipotesi più accreditata dagli investigatori, che hanno centrato l'attenzione su due nomi di possibili esecutori. Uno dei quali compare anche fra le centinaia messe insieme dal giovane autonomo nel suo dossier. Che dunque torna ad essere il possibile movente del delitto; non tanto per il suo contenuto, quanto per le fonti sulla base del quale era stato composto.
I due sospettati appartenevano, in quel periodo, all'area estremista che gravitava fra Terza Posizione e i Nar, probabilmente un nucleo proveniente dal primo gruppo intenzionato a transitare nel secondo, accreditandosi con quell'azione. Dagli archivi della vecchia indagine i carabinieri hanno recuperato anche la voce degli assassini. È stato infatti rispolverato, per essere analizzato (per la prima volta) e poter procedere a difficili perizie vocali, il nastro con la registrazione della telefonata di rivendicazione giunta all'agenzia Ansa alle 21 del 22 febbraio 1980: «Nuclei armati rivoluzionari, avanguardia di fuoco, alle ore 13,40 abbiamo giustiziato Valerio Verbano».
A parlare era certamente uno dei killer, perché fornì un paio di particolari non ancora di pubblico dominio: il calibro della pistola che aveva ucciso e soprattutto il dettaglio di un'altra dimenticata sul luogo del delitto. «Abbiamo lasciato nell'appartamento di Verbano una pistola 7,65», disse l'anonimo. Si riferiva all'arma con un silenziatore artigianale montato col nastro adesivo, uno dei pochi reperti scampati alla sparizione o alla distruzione. Sui quali ora saranno tentati nuovi rilievi scientifici, alla ricerca di un'impronta genetica o digitale che possa aiutare a incastrare i sicari.
Vi segnalo questo articolo trovato sul Bellaciao
RispondiEliminaRiappare dopo 31 anni l’archivio di Valerio Verbano
4 commenti
Personale e politico di un sedicenne dell’Autonomia. Ecco cosa c’è nel “dossier”
Giorgio Ferri e Nicola macò
Liberazione 8 marzo 2011
Ci sono i voti del semestre appena concluso, l’orario delle lezioni, il testo della canzone di De André, Il bombarolo, e poi in stampatello sul frontespizio: «Portare l’attacco al cuore dello Stato», con una falce e martello e un mitra sovrapposti e sotto la sigla Ccr, collettivo comunista rivoluzionario quarta zona, composto dagli studenti del liceo scientifico Archimede. E’ la copia fotostatica dell’agenda rossa 1977, edita dalla Savelli, appartenente a Valerio Verbano, allora studente appena sedicenne, riemersa da un buio lungo 31 anni. Ai lati dei fogli la firma di Rina Zapelli, nome da ragazza di Carla Verbano, madre di Valerio, apposta al momento del sequestro la sera del 20 aprile 1979......
http://bellaciao.org/it/spip.php?article28609
L'articolo è molto lungo e interessante, in effetti. Grazie
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