Fausto e Iaio, spunta la pista dei servizi segreti
(umt) Finita la stagione dei grandi processi per stragi, ripartono le inchieste sugli omicidi irrisolti degli anni di piombo. E' di ieri lo scoop di La Repubblica sulla nuova pista per il delitto Verbano, con due antici militanti neofascisti del quartiere sotto accusa. Un cold case che punta sulle nuove tecnologie: sarebbe infatti oggi recuperabile il profilo di un Dna da una traccia organica lasciata su un reperto. E' di oggi invece la divulgazione di un'intervista alla madre di Fausto Tinelli, uno delle due vittime dell'omicidio del Leoncavallo. L'anziana signora denuncia le manovre dei servizi segreti prima e dopo l'agguato e l'inquietante silenzio degli investigatori, che non l'hanno mai sentita come testimone.
dal Corriere.it
L'inchiesta venne archiviata dal giudice Forleo nel 2000
«Fausto e Iaio uccisi dai servizi segreti»
Lo dice la madre, mai interrogata, di uno dei due ragazzi del Leoncavallo fatti fuori a Milano nel 1978 pochi giorni dopo il rapimento di Aldo Moro
MILANO - Potrebbe esserci una svolta sulle cause dell'omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo «Iaio» Iannucci, avvenuto a Milano il 18 marzo 1978, due giorni dopo il rapimento di Aldo Moro. Danila Angeli, madre di Fausto, ora accusa i servizi segreti in un'intervista al programma di Radio 24 Italia in controluce che andrà in onda mercoledì 23 febbraio alle 13,30. La stessa ipotesi ventilata in un'intervista e Sky Tg24.
ARCHIVIAZIONE - L'inchiesta della magistratura non è arrivata ad accertare i responsabili dell'agguato contro due ragazzi diciottenni che frequentavano il centro sociale Leoncavallo. Il giudice Clementina Forleo, il 6 dicembre 2000, archiviò l'indagine con questa motivazione: «Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva e in particolare degli attuali indagati (Massimo Carminati, Claudio Bracci, Mario Corsi), appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni».
DURANTE IL RAPIMENTO MORO - «Dopo l'omicidio di mio figlio», racconta ora la madre di Tinelli, «ognuno offriva la sua versione. Chi parlò di regolamento di conti tra spacciatori di droga, oppure una faida tra gruppi della sinistra extraparlamentare. Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell'ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segreti. Gli apparati dello Stato avevano affittato un appartamento al terzo piano del mio palazzo, in via Monte Nevoso 9, esattamente davanti all'appartamento in cui risiedevano appartenenti alle Brigate Rosse, responsabili del rapimento Moro, dove vennero rinvenuti i memoriali del presidente della Democrazia cristiana».
RACCONTO - Danila Tinelli entra quindi nei particolari della sua testimonianza. «Prima del rapimento Moro e dell'omicidio di mio figlio, tra la fine del '77 e l'inizio del '78, la famiglia che occupava l'appartamento al terzo piano del mio palazzo venne mandata via d'urgenza con uno sfratto esecutivo. La casa era rimasta vuota per qualche settimana. A un certo punto la portinaia dello stabile, mentre puliva al terzo piano, vide alcune persone entrare nell'appartamento, si agitò e me ne parlò. E da allora ho cominciato a sentire rumori sulle scale specie di notte, fino a vedere attraverso lo spioncino persone che andavano al terzo piano con strani congegni, apparecchi fotografici. Nessuno, oltre a me, si è domandato cosa stessero facendo quelle persone. Ho messo in relazione la presenza di quelle persone con alcuni fatti strani avvenuti prima dell'omicidio. Una ragazza venne a cercare mio figlio a casa mia. Quando la descrissi, mio figlio non la riconobbe come un'amica. Eravamo spiati, controllati, almeno due mesi prima».
MAI INTERROGATA - Perché in tutti questi anni gli investigatori non hanno interrogato la signora Danila Tinelli? «Nessuno mi ha mai interrogata. Fausto e Iaio sono come un segreto di Stato... un depistaggio. Hanno scelto mio figlio perché abitava in via Monte Nevoso dove era in corso un'operazione coperta dei servizi, qualcosa che non doveva emergere». (fonte: Agi)
dal Corriere.it
L'inchiesta venne archiviata dal giudice Forleo nel 2000
«Fausto e Iaio uccisi dai servizi segreti»
Lo dice la madre, mai interrogata, di uno dei due ragazzi del Leoncavallo fatti fuori a Milano nel 1978 pochi giorni dopo il rapimento di Aldo Moro
Manifesto in ricordo di Fausto e Iaio |
ARCHIVIAZIONE - L'inchiesta della magistratura non è arrivata ad accertare i responsabili dell'agguato contro due ragazzi diciottenni che frequentavano il centro sociale Leoncavallo. Il giudice Clementina Forleo, il 6 dicembre 2000, archiviò l'indagine con questa motivazione: «Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva e in particolare degli attuali indagati (Massimo Carminati, Claudio Bracci, Mario Corsi), appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni».
DURANTE IL RAPIMENTO MORO - «Dopo l'omicidio di mio figlio», racconta ora la madre di Tinelli, «ognuno offriva la sua versione. Chi parlò di regolamento di conti tra spacciatori di droga, oppure una faida tra gruppi della sinistra extraparlamentare. Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell'ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segreti. Gli apparati dello Stato avevano affittato un appartamento al terzo piano del mio palazzo, in via Monte Nevoso 9, esattamente davanti all'appartamento in cui risiedevano appartenenti alle Brigate Rosse, responsabili del rapimento Moro, dove vennero rinvenuti i memoriali del presidente della Democrazia cristiana».
RACCONTO - Danila Tinelli entra quindi nei particolari della sua testimonianza. «Prima del rapimento Moro e dell'omicidio di mio figlio, tra la fine del '77 e l'inizio del '78, la famiglia che occupava l'appartamento al terzo piano del mio palazzo venne mandata via d'urgenza con uno sfratto esecutivo. La casa era rimasta vuota per qualche settimana. A un certo punto la portinaia dello stabile, mentre puliva al terzo piano, vide alcune persone entrare nell'appartamento, si agitò e me ne parlò. E da allora ho cominciato a sentire rumori sulle scale specie di notte, fino a vedere attraverso lo spioncino persone che andavano al terzo piano con strani congegni, apparecchi fotografici. Nessuno, oltre a me, si è domandato cosa stessero facendo quelle persone. Ho messo in relazione la presenza di quelle persone con alcuni fatti strani avvenuti prima dell'omicidio. Una ragazza venne a cercare mio figlio a casa mia. Quando la descrissi, mio figlio non la riconobbe come un'amica. Eravamo spiati, controllati, almeno due mesi prima».
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