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Inchiesta ter per Primavalle, un processo che nasce già morto

Un'inchiesta che nasce morta, quella sul rogo di Primavalle. E non solo perché appena qualche mese fa la Procura di Roma aveva archiviato il procedimento contro i tre ex militanti di Potere operaio (Diana Perrone, Elisabetta Lecco e Paolo Gaeta) accusati nel 2005 da Lollo di aver concorso all'attentato. Ma perché l'accusa di strage non regge ed è solo un'escamotage per tenere aperto un fascicolo. Il fatto è stato infatti qualificato giuridicamente come duplice omicidio colposo e come incendio doloso. E se gli autori materiali sono già stati condannati per questa fattispecie di reato (e hanno avuto le pene prescritte) è IMPOSSIBILE che qualsiasi giudice posso qualificare come strage la responsabilità degli eventuali complici. E quindi per i tre iscritti al registro ex articolo 21 (notizie di reato) è già abbondantemente prescritto il reato. Quante alle "confessioni" di Grillo alla giornalista mi sembrano evidenti gli aspetti farneticanti ("aoh, te lo dico, il grande vecchio ci ha detto fate sto nucleo e poi si vede...")



Il rogo di Primavalle: inchiesta 38 anni dopo "Tre persone indagate"

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Rogatoria in Nicaragua per Manlio Grillo che, con Achille Lollo, è stato condannato per la morte dei fratelli Mattei

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nostro inviato a Rio de Janeiro
Da Roma a Rio de Janeiro fino a Managua. Rimbalza come una biglia nel flipper la notizia della clamorosa riapertura dell’inchiesta sul rogo di Primavalle. Schizza impazzita dall’altra parte dell’Oceano nel giorno in cui il Giornale rivela che Achille Lollo, uno dei tre mostri di Potere Operaio condannati a 18 anni quali assassini «colposi» dei fratelli Mattei bruciati vivi il 16 aprile del 1973, è tornato a Roma libero da pendenze giudiziarie (mai scontato un giorno di galera, condanna prescritta) dopo una latitanza trentennale trascorsa soprattutto in Brasile. La procura di Roma, che nell’ottobre scorso aveva archiviato il supplemento di inchiesta nato nel 2005 dalle dichiarazioni choc del condannato Lollo sulla compartecipazione all’agguato anche dei compagni Diana Perrone, Elisabetta Lecco e Paolo Gaeta (indagati e poi archiviati) ha messo sott’inchiesta nuovamente questi tre soggetti. Che risultano iscritti a modello 21 per il reato di strage, in concorso fra loro. E ciò alla luce di nuovi elementi top secret emersi nelle indagini e dagli accertamenti incrociati dopo il confronto fra le interviste rilasciate da Lollo con quelle del compare di Pot Op, Manlio Grillo (anche lui condannato per Primavalle al pari di Manlio Clavo) rifugiatosi in Nicaragua insieme al brigatista Alessio Casimirri col quale inaugurò il ristorante Magica Roma.
Latitanza dorata col placet dei sandinisti che diedero ospitalità a rifugiati rossi del calibro di Guglielmo Guglielmi, Tommaso Gino Liverani, Giovanni Lucchesi, Maurizio Leonelli, Angelo Vignolo, Almachiara D’Angelo, Enrico Castaldo, Daniela Dolce e molti altri. I magistrati romani hanno ripreso e sviluppato il fascicolo nato dalle dichiarazioni di Lollo (archiviato tre mesi fa) sulla base di quanto esternato in più interviste da Grillo, oggetto di specifica richiesta di rogatoria dei pubblici ministeri alle autorità di Managua. Nella prima intervista a Repubblica, del 17 febbraio 2005, l’ex katanga diventato maestro di diving a Managua smentiva l’amico Achille sostenendo che a partecipare materialmente all’attentato erano stati solo loro, che Lollo «aveva fantasie da borgataro», che dunque «i tre accusati da Lollo erano innocenti». Di lì a poco, alla giornalista Solange Manfredi, Grillo fece ulteriori rivelazioni che in parte smentivano le sue frasi virgolettate precedentemente da Repubblica. Specie laddove escludeva il coinvolgimento di Paolo Gaeta e Diana Perrone, senza invece fare alcun riferimento a Elisabetta Lecco, quasi a voler lasciare intendere la fondatezza del coinvolgimento di quest’ultima nell’esecuzione dell’agguato con una tanica di benzina.
L’interesse dei pm per Manlio Grillo punta soprattutto a fare luce su determinati aspetti che l’ex Pot Op ha sollevato nelle sue confessioni. A cominciare dall’interrogatorio a caldo subìto in Svizzera da Oreste Scalzone, Valerio Morucci e Jaroslaw Novak interessati a capire come si erano svolti realmente i fatti di Primavalle. Per passare alle presunte raccomandazioni dell’avvocato Tommaso Mancini, attraverso suo fratello Enzo, sul profilo «negazionista» da tenere con i media rispetto all’uscita kamikaze di Lollo.
La necessità di sentire Manlio Grillo in qualità di testimone, con l’obbligo di dire la verità, nascerebbe dunque dalla necessità di appurare le sue reali conoscenze sull’eventuale coinvolgimento di Paolo Gaeta, Diana Perrone ed Elisabetta Lecco. E in subordine per cercar di capire, una volta per tutte, se l’azione di Primavalle fosse un’iniziativa sporadica e isolata oppure rientrasse in una precisa strategia criminale inserita nel contesto della lotta armata che un’organizzazione come quella di Potere Operaio (nella quale militava Morucci, futuro brigatista rosso) poteva aver realizzato in tandem con affiliati alla formazione militarista della stella a cinque punte. Anche perché nella chiacchierata con la giornalista Solange il buon Grillo si lasciò andare a confidenze devastanti. Una su tutte. L’esistenza di un Grande Vecchio, burattinaio della lotta armata: «Altri due compagni, di cui uno è il capo effettivamente, a te lo dico, che è quello che ci ha detto “Fate sto nucleo e poi vediamo”, capisci? Quello è uno grosso, quello sta fuori. Si è salvato pure da tutte ’ste cose delle Brigate Rosse. Non ho mai capito, nessuno l’ha mai saputo, il nome di questo. È uno potente adesso - continua Grillo - già allora era potente a livello politico, potente ai livelli di Br e caso Moro. Duemila persone in galera e di lui? Da nessuno è mai stato fatto il nome suo». Anche di questo la procura di Roma vuol chiedergli conto.

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