5 dicembre 1979, un giorno maledetto
Il 5 dicembre 1979 era arrestato nel corso di una rapina a Roma Dario Pedretti. Era l'inizio di due catene maledette: una per il giorno, che si sarebbe rivelato funesto, una per il mese che avrebbe visto decapitare in due settimane tutte le strutture della destra armata romana. Così in "Fascisteria" riportavo l'incredibile storia della cabala dei Nar
“5 marzo 1978–5 marzo 1988. Gli eroi non muoiono. Franco vive”. La scritta sbiadita sul muro del casermone popolare all’Appio Tuscolano colpisce. Il riferimento a Franco Anselmi, il compagno di banco di Valerio Fioravanti, è evidente eppure qualcosa stride. Anselmi, infatti, è stato ucciso, dopo una rapina in un’armeria di Monteverde, il suo quartiere, colpito alla schiena dal proprietario, il 6 marzo 1978. Una data “storica”: ogni anno, per commemorare il primo militante dei Nar caduto in combattimento, i camerati organizzeranno una rapina. E poco importa che l’anno dopo la rapina – quella all’Omnia sport, a quattro passi dalla Questura: che vide coinvolti a diverso titolo decine di militanti del Fuan, e non solo – l’abbiano fatta dieci giorni dopo, perché un banale incidente aveva fatto saltare quella in programma per il 6: la sera prima il camioncino da parcheggiare davanti all’armeria di Prati (a duecento metri dai Carabinieri) per la copertura con le armi lunghe aveva strisciato l’auto del giornalaio. Un errore incomprensibile, che mi è divenuto chiaro solo un paio di anni dopo, nel corso della ricerca, quando uno dei miei corrispondenti – un ergastolano che non ha mai manifestato inclinazioni esoteriche o turbe superstiziose – mi ha riferito con tutta serietà della “maledizione del cinque” che ha decimato i NAR. Il riscontro è semplice:
5 ottobre 1980. Nanni De Angelis è trovato cadavere nella cella di Rebibbia con una corda al collo.
5 febbraio 1981. Valerio Fioravanti, ferito in un conflitto a fuoco con i carabinieri a Padova, sta morendo dissanguato ed è arrestato perché Francesca Mambro per salvargli la vita telefona al 113.
5 dicembre 1981. Alessandro Alibrandi muore nella sparatoria del Labaro.
5 marzo 1982. Francesca Mambro, ferita da un colpo di rimbalzo nel conflitto a fuoco di Piazza Irnerio, è abbandonata davanti all’ospedale ed arrestata.
5 maggio 1982. Un colpo di pistola alla tempia uccide Giorgio Vale sorpreso da un’irruzione della polizia in un appartamento di via Decio Mure.
Franco Anselmi, l’unico militante dei Nar “caduto” in combattimento in un giorno diverso dal 5, è stato “annesso” dall’autore della scritta alla maledizione. E invece sono state cinque (non poteva essere altrimenti) le vittime della cabala. I “guerrieri senza sonno” sono stati protagonisti di numerosi altri conflitti a fuoco (Belsito a Piramide, Vale in una stazione della Metropolitana, Sordi e Cavallini all’ufficio di rappresentanza dell’OLP) o di sparatorie contro le forze dell’ordine (in agguati o in contatti casuali) sempre finiti bene per i militanti dei Nar e con molti poliziotti e carabinieri uccisi (la pattuglia DIGOS di Milano, il carabiniere Lucarelli nella carrozzeria di Lambrate, l’agguato al liceo Giulio Cesare, l’agente Arnesano). Mai il 5. C’è un unico arresto incruento di rilievo: quello di Pedretti (il 5 dicembre 1979) dopo una rapina alla gioielleria Uno–A–Erre di via Rattazzi a Roma ma solo perché il leader del Fuan (tradito da un palo vigliacco che scappa all’arrivo dei carabinieri) si arrende alla prima intimazione. (1-continua)
“5 marzo 1978–5 marzo 1988. Gli eroi non muoiono. Franco vive”. La scritta sbiadita sul muro del casermone popolare all’Appio Tuscolano colpisce. Il riferimento a Franco Anselmi, il compagno di banco di Valerio Fioravanti, è evidente eppure qualcosa stride. Anselmi, infatti, è stato ucciso, dopo una rapina in un’armeria di Monteverde, il suo quartiere, colpito alla schiena dal proprietario, il 6 marzo 1978. Una data “storica”: ogni anno, per commemorare il primo militante dei Nar caduto in combattimento, i camerati organizzeranno una rapina. E poco importa che l’anno dopo la rapina – quella all’Omnia sport, a quattro passi dalla Questura: che vide coinvolti a diverso titolo decine di militanti del Fuan, e non solo – l’abbiano fatta dieci giorni dopo, perché un banale incidente aveva fatto saltare quella in programma per il 6: la sera prima il camioncino da parcheggiare davanti all’armeria di Prati (a duecento metri dai Carabinieri) per la copertura con le armi lunghe aveva strisciato l’auto del giornalaio. Un errore incomprensibile, che mi è divenuto chiaro solo un paio di anni dopo, nel corso della ricerca, quando uno dei miei corrispondenti – un ergastolano che non ha mai manifestato inclinazioni esoteriche o turbe superstiziose – mi ha riferito con tutta serietà della “maledizione del cinque” che ha decimato i NAR. Il riscontro è semplice:
5 ottobre 1980. Nanni De Angelis è trovato cadavere nella cella di Rebibbia con una corda al collo.
5 febbraio 1981. Valerio Fioravanti, ferito in un conflitto a fuoco con i carabinieri a Padova, sta morendo dissanguato ed è arrestato perché Francesca Mambro per salvargli la vita telefona al 113.
5 dicembre 1981. Alessandro Alibrandi muore nella sparatoria del Labaro.
5 marzo 1982. Francesca Mambro, ferita da un colpo di rimbalzo nel conflitto a fuoco di Piazza Irnerio, è abbandonata davanti all’ospedale ed arrestata.
5 maggio 1982. Un colpo di pistola alla tempia uccide Giorgio Vale sorpreso da un’irruzione della polizia in un appartamento di via Decio Mure.
Franco Anselmi, l’unico militante dei Nar “caduto” in combattimento in un giorno diverso dal 5, è stato “annesso” dall’autore della scritta alla maledizione. E invece sono state cinque (non poteva essere altrimenti) le vittime della cabala. I “guerrieri senza sonno” sono stati protagonisti di numerosi altri conflitti a fuoco (Belsito a Piramide, Vale in una stazione della Metropolitana, Sordi e Cavallini all’ufficio di rappresentanza dell’OLP) o di sparatorie contro le forze dell’ordine (in agguati o in contatti casuali) sempre finiti bene per i militanti dei Nar e con molti poliziotti e carabinieri uccisi (la pattuglia DIGOS di Milano, il carabiniere Lucarelli nella carrozzeria di Lambrate, l’agguato al liceo Giulio Cesare, l’agente Arnesano). Mai il 5. C’è un unico arresto incruento di rilievo: quello di Pedretti (il 5 dicembre 1979) dopo una rapina alla gioielleria Uno–A–Erre di via Rattazzi a Roma ma solo perché il leader del Fuan (tradito da un palo vigliacco che scappa all’arrivo dei carabinieri) si arrende alla prima intimazione. (1-continua)
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