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Uomo nuovo, dal carcere una speranza di rinascita

Percorsi di recupero attraverso una concezione alternativa del gioco del calcio e la nascita di una squadra, la A.S.Uomo Nuovo-Napoli, iscritta al torneo di terza categoria ed affidata all’ex calciatore Carmine Di Napoli. E ancora, l’apertura di centri, già attivi nei quartieri di Barra e Scampia, di “mediazione sociale”, sportelli di “Avvocati del Popolo” ed infine distribuzione di generi alimentari alle famiglie dei detenuti ed agli indigenti. Sono alcune delle attività messe in campo dal Movimento ‘Uomo Nuovo’ e presentate nel corso del seminario su “Carcere- Società, Legalità, Giustizia. La terza via tra imprenditorialismo carcerario-istigazione alla sicurezza-stato di polizia-garantismo-anarchismo”. Vi hanno preso parte il professor Alessandro Bertirotti, docente di antropologia della mente all’Università di Firenze, l’avvocato Valerio De Martino della Camera Penale di Napoli, l’ex terrorista nero , attualmente operatore di comunità, Antonia Santoro, responsabile dipartimento femminile movimento Uomo Nuovo, Ugo Maria Tassinari, politologo e scrittore e , segretario nazionale del movimento Uomo Nuovo. “Il concetto di pena è sbagliato, inutile. Bisognerebbe, invece, parlare di rieducazione e redenzione in quanto molti miei ex ‘colleghi’, una volta uscire dal carcere, non sono riusciti a crearsi rapporti sociali o a costruirsi una vita normale”, ha detto l’ex primula nera,. “Fino a qualche anno fa – ha ripreso l’ex protagonista della lotta armata degli anni di piombo ed oggi operatore di comunità – sulle cartelle dei detenuti all’ergastolo era scritto fine pena mai, oggi, invece c’é il numero 9999 proprio a far capire che non c’é speranza. Io, oggi sono detenuto in regime di semi libertà e posso senza dubbio affermare che la vita può cambiare basta solo volerlo. Rieducare è meglio che tenere migliaia di persone peggio delle bestie come spesso accade nelle carceri italiane. Le leggi devono cambiare ma i politici e la società debbono volerlo realmente devono volerlo veramente. Non bisogna ghettizzare nessuno. Per chi sta in carcere, specialmente per periodi lunghi, il tempo sembra fermarsi al momento dell’ingresso e per questo una volta fuori non ci si riesce ad integrare”. Nel corso del convegno è stato analizzato l’impatto devastante del carcere sull’uomo, sono state ascoltate le testimonianze dirette di chi il carcere lo ha vissuto e lo vive e si è dibattuto sul passaggio dall’utopia dell’abolizione alla proposta concreta di mutare il regime detentivo di espiazione della pena con un modello di condanna a fare del bene secondo quello di ‘redenzione e ricostruzione’ proposto da “Uomo Nuovo”.
fonte: Videocomunicazioni

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