La Marca della secessione venetista - 3
"Legaland" di Sebastiano Canetta ed Ernesto Milanesi (Manifestolibri 2010) è un reportage nel Nordest profondo. Un volume da leggere, a mio giudizio, per la particolare pertinenza con i temi di questo blog. Soprattutto il capitolo che ricostruisce le vicende dell'ultima "banda armata" indipendentista. Perché dietro le sparate cicliche di Bossi sulle centinaia di migliaia di armigeni decisi a tutto per la libertà della patria padana, c'è il fermento reale di piccoli gruppi radicali che, sulla falsariga dei brigatisti di un quarto di secolo fa, vivono come pesci nel brodo primordiale dei territori controllati dalla Lega. E' disponibile on line il capitolo che ricostruisce questa vicenda. Questa è la terza e ultima parte. Qui potete leggere la prima e la seconda parte
Ma tra i polisiotti spunta la paura per il salto nella realtà. Risultato: molti volontari si tirano indietro all’ultimo momento. Per primo abbandona il 23enne Alex Cafra di Conegliano: «Mi hanno messo tutta la domenica a lavorare» si scusa con i capi. Il giorno dopo molla un’altra recluta: un volontario trevigiano che fa sapere di avere «la nonna all’ospedale». Defezioni che colpiscono anche lo stato maggiore della milizia secessionista. Perfino Bortotto tradisce perplessità per la prima operazione in chiaro: «Vengo malvolentieri, solo per il gruppo, perché non credo in questa cosa qua».
Il 1 agosto il «ministro degli Interni» aveva però creduto all’abolizione delle multe da parte del futuro governo veneto. L’aveva confidato a un simpatizzante rivelando anche il contenuto del decreto predisposto da Quaglia. «Avete fatto bene, porco cane» risponde l’altro polisiotto che definisce lo Stato italiano «quei quattro maiali». Bortotto, galvanizzato, rincara la dose: «È ora di finirla anche con le multe fatte da carabinieri, polizia. Non saranno più valide: tutte annullate. Illegali per legge». Stessa storia per le tasse: «Non possono più pretendere soldi dal popolo veneto» sentenzia il capo della Polisia.
Il 15 settembre un simpatizzante telefona a Bortotto per chiedere se gli sconti sull’assicurazioni praticati alle polizie locali valgono anche per loro. «Faremo al più presto anche le nostre assicurazioni» promette il «ministro». Insieme alla garanzia di uno stipendio di 3 mila euro al mese.
Un mese prima la Digos aveva registrato la prova di piani di addestramento militare del gruppo. Il 16 agosto Bortotto e Gallina avevano discusso di un possibile poligono di tiro individuato nella zona del monte Cimon, vicino al rifugio Posa Puner a mezza strada tra Combai e Miane: «Dovremo fare delle squadre… speciali» suggerisce Bortotto. A Gallina viene da ridere: «Ma su una baita, Sergio?» A Montebelluna, nella redazione di Marcaperta minimizzano.
Nessuna insurrezione, giurano. I fucili? «Si tratta di armi che mio figlio Paolo ha sempre detenuto a fini collezionistici. C’era anche una pistola ereditata dal padre. Come le altre regolarmente denunciata, e diligentemente custodita all’interno di un armadio blindato» puntualizza Merotto. E specifica: «Quaglia aveva presentato domanda a Strasburgo per ottenere l’indipendenza del Veneto. Ma per far avanzare quella pratica ci voleva una struttura. E così è stata fatta la pubblicità con la pubblicazione dei moduli per le adesioni».
Il 1 agosto il «ministro degli Interni» aveva però creduto all’abolizione delle multe da parte del futuro governo veneto. L’aveva confidato a un simpatizzante rivelando anche il contenuto del decreto predisposto da Quaglia. «Avete fatto bene, porco cane» risponde l’altro polisiotto che definisce lo Stato italiano «quei quattro maiali». Bortotto, galvanizzato, rincara la dose: «È ora di finirla anche con le multe fatte da carabinieri, polizia. Non saranno più valide: tutte annullate. Illegali per legge». Stessa storia per le tasse: «Non possono più pretendere soldi dal popolo veneto» sentenzia il capo della Polisia.
Il 15 settembre un simpatizzante telefona a Bortotto per chiedere se gli sconti sull’assicurazioni praticati alle polizie locali valgono anche per loro. «Faremo al più presto anche le nostre assicurazioni» promette il «ministro». Insieme alla garanzia di uno stipendio di 3 mila euro al mese.
Un mese prima la Digos aveva registrato la prova di piani di addestramento militare del gruppo. Il 16 agosto Bortotto e Gallina avevano discusso di un possibile poligono di tiro individuato nella zona del monte Cimon, vicino al rifugio Posa Puner a mezza strada tra Combai e Miane: «Dovremo fare delle squadre… speciali» suggerisce Bortotto. A Gallina viene da ridere: «Ma su una baita, Sergio?» A Montebelluna, nella redazione di Marcaperta minimizzano.
Nessuna insurrezione, giurano. I fucili? «Si tratta di armi che mio figlio Paolo ha sempre detenuto a fini collezionistici. C’era anche una pistola ereditata dal padre. Come le altre regolarmente denunciata, e diligentemente custodita all’interno di un armadio blindato» puntualizza Merotto. E specifica: «Quaglia aveva presentato domanda a Strasburgo per ottenere l’indipendenza del Veneto. Ma per far avanzare quella pratica ci voleva una struttura. E così è stata fatta la pubblicità con la pubblicazione dei moduli per le adesioni».
Il patrocinio? «Dopo un anno di mancate risposte mi sono rivolta a una funzionaria della Provincia. Ho chiesto notizie e lei ha mandato avanti la richiesta. Il presidente Muraro alla fine ha firmato, raccomandandosi che l’utilizzo del logo fosse a fin di bene». Merotto insiste: «Era tutto alla luce del sole». Intanto, nel complesso di Sant’Artemio, sede della Provincia di Treviso, si tenta di smorzare la polemica sul nascere: «Non siamo certo in grado di controllare tutte le iniziative che si avvalgono del nostro logo» puntualizza il presidente Muraro giustificando così il patrocinio. Dall’opposizione fanno notare che, almeno in questo caso, avrebbe dovuto farlo. «Il fatto è grave. Vogliamo capire come e perché si è concesso l’utilizzo del logo. Bisogna capire se in Provincia erano a conoscenza dell’abbinamento con lo Stato delle Venethie» accusano i consiglieri di minoranza.
Archiviata l’era Galan, il Veneto scopre così il sottoprodotto di un federalismo artefatto, nebuloso, urlato, su cui politicamente hanno soffiato cani e porci. Le intercettazioni della Digos di Treviso decrittano i sintomi della metastasi autonomista e provano che il «piombo» promesso da Bossi & soci qui viene preso sempre sul serio.
È accaduto nel 1992, quando il senatur promise di prendere il moschetto contro la truffa subita in Parlamento. Poi ricordò i fucili «caldi» e un esercito di 300 mila «martiri» pronti a mettere in campo la rivolta leghista. Non basta, perché si sono aggiunte altre dichiarazioni di stampo militaresco e «rivoluzionario» da parte del fondatore del Carroccio. È toccato alle pallottole «che costano solo 300 lire», destinate ai giudici che avessero osato indagare sulla Lega Nord.
Nell’archivio delle intimidazioni c’è anche un’inquietante «oliatura dei Kalashnikov» e il previsto arrivo di «camionate di mitra dalla Slovenia e dalla Croazia».
Fin qui Bossi. Ma in Veneto negli ultimi 15 anni sono cresciuti gruppi, sigle e sodalizi che hanno estremizzato l’autonomismo «serenissimo ». Nel solco del sogno del vero secessionismo da Roma. Fino a inabissarsi nella Polisia. (3-fine)
Archiviata l’era Galan, il Veneto scopre così il sottoprodotto di un federalismo artefatto, nebuloso, urlato, su cui politicamente hanno soffiato cani e porci. Le intercettazioni della Digos di Treviso decrittano i sintomi della metastasi autonomista e provano che il «piombo» promesso da Bossi & soci qui viene preso sempre sul serio.
È accaduto nel 1992, quando il senatur promise di prendere il moschetto contro la truffa subita in Parlamento. Poi ricordò i fucili «caldi» e un esercito di 300 mila «martiri» pronti a mettere in campo la rivolta leghista. Non basta, perché si sono aggiunte altre dichiarazioni di stampo militaresco e «rivoluzionario» da parte del fondatore del Carroccio. È toccato alle pallottole «che costano solo 300 lire», destinate ai giudici che avessero osato indagare sulla Lega Nord.
Nell’archivio delle intimidazioni c’è anche un’inquietante «oliatura dei Kalashnikov» e il previsto arrivo di «camionate di mitra dalla Slovenia e dalla Croazia».
Fin qui Bossi. Ma in Veneto negli ultimi 15 anni sono cresciuti gruppi, sigle e sodalizi che hanno estremizzato l’autonomismo «serenissimo ». Nel solco del sogno del vero secessionismo da Roma. Fino a inabissarsi nella Polisia. (3-fine)
Che dire buttata giù cosi, la cosa sembrerebbe da ridere, una commedia all'italiana sul genere del film "Vogliamo i colonnelli" con Ugo Tognazzi (ex brigate nere). Invece io non sottovaluterei il fenomeno che con la crisi è destinato ad ampliarsi.In fine dei conti rammento a tutti che Hitler esordì in una birreria di Monaco, salendo sopra un tavolo ricolmo di boccali di birra. Nessuno all'epoca avrebbe scommesso su di lui un solo centesimo. E come non ricordare la facile ironia del quotidiano socialista "Avanti", nel 1919, sulla trombatura dei fasci di combattimento nelle elezioni, che furono un fiasco per Mussolini non più socialista. Tutti i movimenti all'inizio vengono derisi e sottovalutati, al suo debutto anche Bossi veniva definito come un avvinazzato, ora è l'ago della bilancia di ogni governo e al nord senza Lega non si governa, perfino gli operai ex comunisti delusi, lo votano. La militanza venetista è un campanello d'allarme, guai a sottovalutarlo.
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