Header Ads


Omicidio calore/10- Cla-3: la fuga di Freda e il gruppo veneto

Prosegue, nel quadro dello speciale dedicato all'omicidio di Sergio Calore, la pubblicazione della storia di "Costruiamo l'azione", estratta dal mio volume "Guerrieri" (Immaginapoli, 2005).
Qui la prima e la seconda parte.
In occasione della fuga, agli inizi di ottobre 1978, dal soggiorno obbligato di Freda emerge il ruolo centrale di Massimiliano Fachini, considerato a lungo il suo proconsole. Alla pretesa del leader carismatico di avere a disposizione quattro o cinque attendenti per esigenze di sicurezza in latitanza operativa, l’ex delfino oppone le rigide norme da lui fissate nel secondo dei Fogli d’ordine. Così si limita a curarne l’allontanamento. Un’iniziativa raffazzonata: il nucleo di Vigna Clara individuato da Calore e Aleandri viene meno all’ultimo minuto e così Fachini deve istruire all’ultimo momento una diversa “batteria”. Freda sarà affidato dall’avvocato Paolo Romeo, un avanguardista legato a filo doppio al clan De Stefano, a uno ‘ndranghetista che dapprima ne organizza il trasferimento in Costarica e poi se lo “canta”.

Non ha invece difficoltà ad adattarsi alle spartane regole della clandestinità “Gigi” Cavallini, uno degli omicidi di Amoroso, fortunosamente evaso nell’estate 1977. Non potendo fidarsi del partito che l’ha mollato (la banda è stata scoperta per una soffiata di Giorgio Muggiani) chiede aiuto al leader avanguardista del Nord, Marco Ballan, che lo affida appunto a Fachini. Questi ha sempre avuto saldi rapporti con Delle Chiaie e i suoi: nel 1974, sentendo il fiato sul collo degli inquirenti sulla strage di Milano, se ne è andato prudentemente per un anno a Madrid, ospite di “caccola”, per poi partecipare da protagonista al processo di unificazione.
Cavallini è affidato a uno dei quadri più affidabili, Roberto Raho. Vive per due anni in un piccolo centro come Treviso senza problemi. Si fidanza con la figlia del titolare della maggiore agenzia di viaggi cittadina, Flavia Sbrojavacca ma solo quando lei resterà incinta la informerà della sua situazione. Intanto va avanti con le collette degli amici, a pane e mortadella. Fachini lo investe del difficile compito di agente di collegamento con la rete clandestina romana. Ultradiffidente, fissato con la sicurezza, il “nano” non ha grande stima dei giovani Calore e Aleandri e si rende conto che i vari gruppi che nella capitale ruotano intorno al progetto hanno piuttosto caratteristiche da banda o addirittura da batteria di rapinatori. I giovani leoni lo ricambieranno con accuse che il vaglio dei giudici rivelerà false.
Aleandri ricostruisce con dovizia di particolari la fornitura di esplosivi nel corso del maxiprocesso Ordine nuovo bis, costruito a partire dalle fantasmagoriche rivelazioni di Tisei, capace di trasformare un regolamento di conti tra piccoli spacciatori in un affare di spionaggio internazionale con la Libia, ma i giudici non gli credono: "Fachini avrebbe operato una serie di forniture di esplosivo. Una prima fornitura sarebbe stata quella per la quale Dantini si sarebbe reso garante presso Aleandri; l’esplosivo ricevuto sarebbe, poi, stato impiegato nell'attentato al ministero di Grazia e Giustizia compiuto il 22 maggio 1978. Le successive forniture sarebbero state prelevate a Padova da S., sempre presso Fachini e Raho, ed impiegate poi negli attentati alla Sip e alla Prefettura compiuti, rispettivamente, il 26 giugno e il 20 luglio. In seguito Aleandri ha dichiarato essere stato l'esplosivo impiegato nell'attentato alla Sip quello fornito da C., non ricordando, per altro, se quello impiegato nell'attentato alla Prefettura fosse stato procurato presso il Ciampi o per il tramite del gruppo veneto (int. 24.2.83). Detta imprecisione di ricordi, unitamente a tutte le altre non coincidenti o contraddittorie dichiarazioni dell'Aleandri in ordine alla richiesta della prima fornitura di esplosivo e alle circostanze dell'avvenuta consegna, evidenziate nel trattare la posizione di Dantini Enzo Maria, non consentono di ritenere provato sul punto l'assunto accusatorio; tanto più che Iannilli Marcello, come si è detto, ha smentito tout court Aleandri, sostenendo che a procurargli l'esplosivo era stato l'amico N.".
Alla fine il “leader del gruppo Nord “ sarà condannato per i reati associativi e l’evasione di Freda, escludendo il ruolo di “responsabile militare” che è stato a lungo tra i cardini delle ipotesi accusatorie nel processo per la strage di Bologna. Aleandri aveva dichiarato – in aula al dibattimento per la strage - di essere restato, comunque, “sempre in contatto con Fachini che non aveva lesinato forniture di esplosivi e supporti logistici” La corte d'Assise di Roma, tuttavia, conclude: “Ma anche con riferimento a dette forniture non può dirsi raggiunta, per quanto sopra detto, la prova certa della responsabilità del prevenuto”. Così sul presunto recupero di esplosivo nel lago di Garda, che vedrà indagati Fachini, Melioli, Raho e altri esponenti del gruppo veneto, l’inchiesta veneziana si conclude – dopo una ponderosa attività – con il proscioglimento, chiesto anche dal pm. Analogo esito ha avuto il procedimento nei confronti di Fachini (alla cui promozione aveva assegnato rilievo la sentenza di primo grado per la strage) per l'attentato dinamitardo compiuto l'8 marzo 1980 a Castelfranco Veneto nei confronti della onorevole Tina Anselmi, considerato una tappa dell’escalation terroristica del gruppo veneto-romano: in questo caso il proscioglimento del giudice istruttore di Treviso, del 13 luglio 1989 è “per non aver commesso il fatto”.

Nessun commento:

Powered by Blogger.