La memoria intermittente di Franco Servello
Oggi Repubblica.it ha dedicato un ampio reportage sull'attività spionistica svolta dai servizi segreti italiani ai danni del Pci e del Msi, considerate forze potenzialmente eversive dell'ordine repubblicano. oltre a raccontare la storia, sono intervistati due decani degli apparati di partito: il comunista Cossutta, il neofascista Servello. Noi ovviamente ci occuperemo del secondo per la natura assolutamente selettiva della memoria del notabile missino.
Questo è il testo dell'intervista all'anzianissimo leader missino (89 anni portati magnificamente):
ROMA - "Avevo sempre avuto l'impressione che i servizi segreti, e anche i carabinieri, seguissero ogni nostro movimento. E che cercassero contatti non sempre corretti per sollecitare l'attività dei nostri giovani che individuavano nella mia persona (e anche nel partito di allora), un elemento di conservazione rispetto ai progetti rivoluzionari che loro sognavano". Franco Servello, 89 anni, già federale milanese dell'Msi negli anni Settanta ("Mio zio, il giornalista Franco De Agazio, fu ucciso dalla "volante rossa" il 14 marzo '47 mentre dalle colonne del Meridiano d'Italia stava conducendo un'inchiesta sulla sparizione dell'oro di Dongo e sulla fucilazione di Mussolini e Claretta Petacci), avvalora quanto contenuto nelle veline del Sid inviate a Moro alla fine degli anni Sessanta. Sì, conferma Servello, "anche l'Msi era spiato dagli 007".
"Quando mi accorsi che i carabinieri tentarono di infiltrarsi tra di noi - ricorda - chiesi dei chiarimenti al servizio investigativo dell'Arma. Li sollecitai a smetterla con quel doppio gioco che facevano. Ero talmente esasperato che mandai una lettera di protesta al comandante generale della Lombardia". Quel doppio gioco, secondo Servello, "costò la vita a Giancarlo Esposti, un giovane molto sognatore del nostro ambiente". Era il 1974. Il 29 gennaio fu decretato lo stato d'allarme nelle caserme italiane. Violenze e aggressioni fasciste si consumarono in tutta Italia e culminarono il 28 maggio con la strage di Brescia di piazza della Loggia. Due giorni dopo, a Rieti, a Pian del Rascino fu scoperto un campo paramilitare fascista. Un drammatico conflitto a fuoco si svolse tra fascisti e carabinieri. Rimase ucciso uno squadrista di Avanguardia Nazionale, Giancarlo Esposti. II gruppo eversivo stava preparando un altro attentato, forse per la parata militare del 2 giugno. "Fui io a cacciare dal partito quel giovane, Esposti - racconta oggi l'ex federale Msi di Milano - quando mi accorsi che era un elemento di quelli a contatto con l'ambiente dei carabinieri o dei servizi. Ed era stato in un certo senso convinto che scattasse prima o poi una specie di rivoluzione nell'ambito delle istituzioni".
Il gioco degli 007 allora era "era di mettere la destra contro la sinistra in maniera che prevalesse la scelta politica democristiana. Ci sono riusciti in molte situazioni estremamente difficili perché era facile stimolare i giovani sul terreno rivoluzionario. Ma io ero quello che li frenava e cercava di salvarli, anche se non sempre mi hanno ascoltato tanto che qualcuno ci ha rimesso la vita". Noi dell'Msi "eravamo esposti a tutti i venti e le procelle perché avevamo contro la magistratura, i servizi e la stampa. Non era facile sopravvivere a quegli eventi. Io me la cavai brillantemente perché rimasi sempre fuori da tutte le trame". "Il 12 aprile 1973, a Milano - conclude Servello - una delle bombe colpì in pieno l'agente Antonio Marino del 3° reparto Celere, uccidendolo sul colpo. Fu a quel punto che venne intentato una specie di processo contro la destra col tentativo di arrivare, addirittura, a una soluzione di scioglimento dell'Msi".
Alberto Custodero
In rosso sono evidenziate le più evidenti incongruenze dell'intervista che proviamo a rettificare:
1. Esposti non rimase ucciso in un conflitto a fuoco ma fu giustiziato a freddo dopo la sparatoria. Come successe l'anno dopo a Mara Cagol. E comunque non è mai stato un militante di Avanguardia nazionale ma il capo delle Sam e poi figura di riferimento per i fascisti arruolati nel Mar di Fumagalli, il partigiano bianco che lavorava a un progetto di golpe "estremista di centro".
2. Servello è stato processato come organizzatore degli scontri di cui al punto 3 e assolto al processo da una corte presieduta da un giudice destinato a grande fama come toga rossa: il futuro capo del pool di Mani pulite, Borrelli (ricordate? ricordate? ricordate?) e comunque militanti missini milanesi sono stati condannati per la mancata strage sul treno del 7 aprile 1973 che innescò, tra l'altro, la tragica morte dell'agente Marino.
3. Marino non fu ucciso da una bomba ma da una granata da esercitazione (per quel che conta) nel corso di scontri di piazza innescati dal tardivo divieto della Questura allo svolgimento di una manifestazione organizzata dal Msi, circostanza che non emerge dall'intervista. E con tutti i torti che si possono riconoscere alle forze dell'ordine negli anni '70 (e sono migliaia) in quel caso stiamo parlando di una manifestazione organizzata dalla forza politica in cui militava il terrorista arrestato 5 giorni prima perché si era fatto scoppiare addosso, nel cesso di un treno, l'innesco di un ordigno esplosivo che stava predisponendo all'uso.
Questo è il testo dell'intervista all'anzianissimo leader missino (89 anni portati magnificamente):
ROMA - "Avevo sempre avuto l'impressione che i servizi segreti, e anche i carabinieri, seguissero ogni nostro movimento. E che cercassero contatti non sempre corretti per sollecitare l'attività dei nostri giovani che individuavano nella mia persona (e anche nel partito di allora), un elemento di conservazione rispetto ai progetti rivoluzionari che loro sognavano". Franco Servello, 89 anni, già federale milanese dell'Msi negli anni Settanta ("Mio zio, il giornalista Franco De Agazio, fu ucciso dalla "volante rossa" il 14 marzo '47 mentre dalle colonne del Meridiano d'Italia stava conducendo un'inchiesta sulla sparizione dell'oro di Dongo e sulla fucilazione di Mussolini e Claretta Petacci), avvalora quanto contenuto nelle veline del Sid inviate a Moro alla fine degli anni Sessanta. Sì, conferma Servello, "anche l'Msi era spiato dagli 007".
"Quando mi accorsi che i carabinieri tentarono di infiltrarsi tra di noi - ricorda - chiesi dei chiarimenti al servizio investigativo dell'Arma. Li sollecitai a smetterla con quel doppio gioco che facevano. Ero talmente esasperato che mandai una lettera di protesta al comandante generale della Lombardia". Quel doppio gioco, secondo Servello, "costò la vita a Giancarlo Esposti, un giovane molto sognatore del nostro ambiente". Era il 1974. Il 29 gennaio fu decretato lo stato d'allarme nelle caserme italiane. Violenze e aggressioni fasciste si consumarono in tutta Italia e culminarono il 28 maggio con la strage di Brescia di piazza della Loggia. Due giorni dopo, a Rieti, a Pian del Rascino fu scoperto un campo paramilitare fascista. Un drammatico conflitto a fuoco si svolse tra fascisti e carabinieri. Rimase ucciso uno squadrista di Avanguardia Nazionale, Giancarlo Esposti. II gruppo eversivo stava preparando un altro attentato, forse per la parata militare del 2 giugno. "Fui io a cacciare dal partito quel giovane, Esposti - racconta oggi l'ex federale Msi di Milano - quando mi accorsi che era un elemento di quelli a contatto con l'ambiente dei carabinieri o dei servizi. Ed era stato in un certo senso convinto che scattasse prima o poi una specie di rivoluzione nell'ambito delle istituzioni".
Il gioco degli 007 allora era "era di mettere la destra contro la sinistra in maniera che prevalesse la scelta politica democristiana. Ci sono riusciti in molte situazioni estremamente difficili perché era facile stimolare i giovani sul terreno rivoluzionario. Ma io ero quello che li frenava e cercava di salvarli, anche se non sempre mi hanno ascoltato tanto che qualcuno ci ha rimesso la vita". Noi dell'Msi "eravamo esposti a tutti i venti e le procelle perché avevamo contro la magistratura, i servizi e la stampa. Non era facile sopravvivere a quegli eventi. Io me la cavai brillantemente perché rimasi sempre fuori da tutte le trame". "Il 12 aprile 1973, a Milano - conclude Servello - una delle bombe colpì in pieno l'agente Antonio Marino del 3° reparto Celere, uccidendolo sul colpo. Fu a quel punto che venne intentato una specie di processo contro la destra col tentativo di arrivare, addirittura, a una soluzione di scioglimento dell'Msi".
Alberto Custodero
In rosso sono evidenziate le più evidenti incongruenze dell'intervista che proviamo a rettificare:
1. Esposti non rimase ucciso in un conflitto a fuoco ma fu giustiziato a freddo dopo la sparatoria. Come successe l'anno dopo a Mara Cagol. E comunque non è mai stato un militante di Avanguardia nazionale ma il capo delle Sam e poi figura di riferimento per i fascisti arruolati nel Mar di Fumagalli, il partigiano bianco che lavorava a un progetto di golpe "estremista di centro".
2. Servello è stato processato come organizzatore degli scontri di cui al punto 3 e assolto al processo da una corte presieduta da un giudice destinato a grande fama come toga rossa: il futuro capo del pool di Mani pulite, Borrelli (ricordate? ricordate? ricordate?) e comunque militanti missini milanesi sono stati condannati per la mancata strage sul treno del 7 aprile 1973 che innescò, tra l'altro, la tragica morte dell'agente Marino.
3. Marino non fu ucciso da una bomba ma da una granata da esercitazione (per quel che conta) nel corso di scontri di piazza innescati dal tardivo divieto della Questura allo svolgimento di una manifestazione organizzata dal Msi, circostanza che non emerge dall'intervista. E con tutti i torti che si possono riconoscere alle forze dell'ordine negli anni '70 (e sono migliaia) in quel caso stiamo parlando di una manifestazione organizzata dalla forza politica in cui militava il terrorista arrestato 5 giorni prima perché si era fatto scoppiare addosso, nel cesso di un treno, l'innesco di un ordigno esplosivo che stava predisponendo all'uso.
Ai punti 2-3
RispondiEliminaNon c'è alcun nesso tra il fallito attentato del 7 aprile sul treno e il 12 aprile, quando morì l'agente Marino (ucciso da una RSCM ovverosia bomba da esercitazione). Nico Azzi (autore del fallito attentato)non era iscritto al MSI ma era di Ordine Nuovo - La Fenice.
Servello non organizzò gli scontri. La sua responsabilità è indiretta e politica, non operativa.
Il nesso tra il 7 aprile e il 12 aprile è il clima politico che consentì alla Questura il colpo di mano di ritirare l'autorizzazione oltre l'ultimo minuto. Così come c'è un nesso, per quanto folle, tra Nico Azzi, l'agente Marino e il rogo di Primavalle. Gli eventi milanesi inducono gli scellerati aspiranti brigatisti a quell'azione sciagurata perchè "bisogna dare una risposta ai fascisti che stanno rialzando la testa"
RispondiEliminaI militanti della Fenice erano iscritti al Msi o comunque tutta l'infinita produzione di faldoni giudiziari intorno alle vicende milanesi dal 1969 al 1973 dà per acquisito queso dato, intorno a cui sono stati costruiti ulteriori teoremi (sul quadrilatero Maggi-Fachini-Rognoni-Signorelli, cioè di una specifica realtà eversiva composta dagli ordinovisti rientrati nel Msi) a partire dalle dichiarazioni di Calore. Così come ti sarà arrivato all'orecchio di infinite disquisizioni dibattimentali sulla data di nascita della Fenice proprio per stabilire se fosse collegata o meno al rientro nel Msi del centro studi ordine nuovo
Infine, non pretendo di conoscere il processo "politico" sul giovedì nero meglio di te ma Servello è stato processato come organizzatore della manifestazione e quindi ritengo che se è arrivato in tribunale e non se l'è cavata in pretura e perché non di una semplice manifestazione non autorizzata si trattava ma perché appunto la procura ha ipotizzato un nesso di casualità tra l'organizzazione della manifestazione e i successivi scontri. Ipotesi respinta dalla Corte.
MA NON PARLA DELLE DELAZIONI DELL'MSI CHE HANNO PORTATO ALL'ARRESTO DEI CAMERATI??MAH...
RispondiEliminaAl riguardo di Massimiliano Fachini, egli non risulta essere rientrato nel MSI; fu consigliere comunale del MSI per un determinato periodo, espulso dallo stesso da Almirante. A seguito di una informazione proveniente dal Comando Generale dell'Arma a Pino Romualdi, nella quale si informavano i vertici del MSI, che la federazione missina di Padova, era al centro di un traffico di armi. Dopodiché Almirante mandò l'onorevole Tullio Abelli di Torino (morto dopo alcuni anni suicida) a condurre una ispezione nella federazione missina. Fachini venne sollevato da ogni incarico e non risulta un suo successivo rientro nel MSI. E' una ingenuità pensare che il MSI di Almirante, potesse riprendere nelle proprie fila uno come Fachini, che era il braccio destro di Freda, gestore per conto dell'editore in galera, della sua libreria Ezzelino, ubicata a qualche decina di metri dall'Università patavina, ove insegnava Toni Negri, obiettivo fisso di attentati degli autonomi, tanto da costringere i gestori della libreria, a tenere la saracinesca perennemente chiusa, e aprirla solo un paio d'ore serali.Il fatto che Freda avesse sub affittato ad Emilio Vesce leader di Potere Operaio, una stanza della libreria, con esposizione di testi marxisti e di Feltrinelli, non garantiva alla stessa,l'agibilità.
RispondiEliminaI servizi segreti spiavano comunisti e missini.
RispondiEliminaLo rivelano alcuni documenti sequestrati dal pm Anna Canepa ad uno dei più eclettici 007 del Sismi (Servizio Segreto Militare). Altana Pietro. Alcuni di questi documenti svelano che mentre i Servizi Segreti spiavano Victor Uckmar in realtà avevano tra gli obiettivi il Partito Comunista Italiano. Dell’imponente carteggio acquisito vi segnaliamo solo alcuni dei documenti che hanno catalogato gli uomini dell’intelligence.
Una lettera dello studio dei commercialisti Gian Pietro Gastaldi, porta la data del 9 giugno 2006, ha ad oggetto: “L’Unità”. La missiva è indirizzata al Senatore Ugo Sposetti, Direzione Nazionale Democratici di Sinistra, Via Palermo, 12 00184 Roma. “Caro Senatore Le invio il Promemoria relativo alle posizioni ancora pendenti con ex dipendenti”.
Nel dossier vi sono alcuni Pareri ProVeritate del Prof. Avv. Victor Uckmar sull’ipotesi di “scissione e risanamento de L’Unità”, e sulla dismissione del patrimonio immobiliare del Partito Comunista che portano la data del 2 giugno 1997, 4 giugno 1007 e del 7 dicembre 1995 che il noto fiscalista genovese invia al Dott. Francesco Riccio (Direzione del Partito Democratici di Sinistra,, Via Delle Botteghe Oscure, 4 00186 Roma), al Dott. Alfredo Medici (Beta Immobiliare Srl) e al Dott. Marco Fredda (L’Unità Spa in liquidazione).
Che c’entrino sti carteggi con la sicurezza nazionale è ancora tutto da capire. Ma un fatto è certo; il Partito Comunista è un attenzionato di vecchia data. Che l’assunto non sia del tutto campato in aria è rivelato anche da altri documenti rinvenuti nell'Archivio centrale dello Stato (di cui dà notizia La Repubblica nell’edizione odierna)
Vi sono alcuni documenti inediti indirizzati ad Aldo Moro che documentano l'attività di spionaggio nei confronti non solo del PCI ma anche dal Movimento Sociale Italiano (MSI). Le preoccupazioni maggiori venivano dai comunisti: "Hanno 300mila militanti pronti all'attività eversiva"
Dunque i servizi segreti spiavano il Pci e l'Msi (o spiano ancora … chi lo sa).
Dal portale Indymedia al link:
http://piemonte.indymedia.org/article/10345