Fuori dal cerchio/7 - Renzaglia: il prezzo dell'empatia
Miro Renzaglia è uno degli intervistati di "Fuori dal cerchio" ma, essendo un esteta, ha ritenuto poco elegante, a differenza di altri (il sottoscritto, Murelli, Adinolfi) parlare del libro (anche se ha dedicato ampio spazio sul web magazine alle recensioni altrui). Il pestaggio di ieri a Perugia, però, l'ha trovato pronto a reagire. Questo è l'intervento pubblicato oggi pomeriggio sul forum del Fondo.
Colpevole di confronto di Miro Renzaglia
Colpevole di confronto di Miro Renzaglia
Nicola Antolini, l’autore del libro Fuori dal cerchio. Viaggio nella destra radicale italiana, è stato pestato ieri, a Perugia, dove si trovava per presentare il suo lavoro. Insieme a lui, è stato aggredito anche uno degli organizzatori di Cpi. Sei persone, cinque a volto coperto e una, il capo operazione, a volto scoperto, e prima dell’inizio della serata, hanno fatto irruzione nella sala e hanno colpito. Su Antolini, caduto a terra per un pugno al volto, hanno continuato a infierire con calci e sediate. Per pura fortuna, i danni fisici riportati dallo scrittore sono stati limitati a un labbro spaccato e tumefatto e a contusioni in varie parti del corpo.
L’ho sentito questa mattina al telefono. Era sereno. Per nulla turbato dall’accaduto. Da persona onesta e mite qual è ha preso semplicemente atto di quello che un po’ tutti gli intervistati del libro avevano presagito avvertendolo: i tuoi compagni te la faranno pagare. Perché Nicola Antolini NON è uno scrittore "di destra": la sua ascendenza politica risale alla militanza giovanile nelle file del Pci modenese. E di sinistra continua a dichiararsi.
Evidentemente, la sua colpa, la colpa circoscritta al libro che ha voluto scrivere, è quella di essersi voluto confrontare con una realtà che, per certi ambienti, ha valore solo come entità da negare. Con la quale non si parla e non si deve parlare. Che non si deve cercare di capire. E, ancora, secondo certi splendidi cervelli, di aver legittimato con il suo libro un intero ambiente che NON deve essere legittimato. E poco vale che a pretenderne l’osservanza siano ormai ambienti residuali che si auto legittimano alienandosi con patacche inservibili alla comprensione della realtà come è l’antifascismo militante.
Ecco, Nicola Antolini, invece, ha disobbedito a questa norma non scritta ma tacitamente imposta.
E, se possibile, ha fatto anche di peggio. Avvicinandosi agli intervistati, non li ha trattati come gli entomologi trattano gli insetti oggetto del loro studio. Non ha adottato la fredda tecnica chirurgica del vivisezionator e. Ha scelto un altro metodo: quello dell’empatia. Che non significa condivisione acritica delle idee altrui ma atteggiamento utile a comprendere intellettualme nte le ragioni (o i torti) degli intervistati, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) ma pure ogni pregiudizio morale.
Chi ha letto il suo libro sa bene che l’Autore non sposa le idee degli intervistati, che li incalza nelle loro contraddizioni, che non abbassa mai il livello della sua criticità nei confronti delle argomentazioni che gli vengono esposte. Ma secondo alcuni questo atteggiamento, privo di odio nei confronti di chi la pensa diversamente da te, è colpevole. E come tale andava punito.
La mia (la nostra...) solidarietà è probabilmente scontata. Aspetto di vedere quante pubbliche manifestazioni di solidarietà arriveranno a Nicola Antolini da sinistra.
L’ho sentito questa mattina al telefono. Era sereno. Per nulla turbato dall’accaduto. Da persona onesta e mite qual è ha preso semplicemente atto di quello che un po’ tutti gli intervistati del libro avevano presagito avvertendolo: i tuoi compagni te la faranno pagare. Perché Nicola Antolini NON è uno scrittore "di destra": la sua ascendenza politica risale alla militanza giovanile nelle file del Pci modenese. E di sinistra continua a dichiararsi.
Evidentemente, la sua colpa, la colpa circoscritta al libro che ha voluto scrivere, è quella di essersi voluto confrontare con una realtà che, per certi ambienti, ha valore solo come entità da negare. Con la quale non si parla e non si deve parlare. Che non si deve cercare di capire. E, ancora, secondo certi splendidi cervelli, di aver legittimato con il suo libro un intero ambiente che NON deve essere legittimato. E poco vale che a pretenderne l’osservanza siano ormai ambienti residuali che si auto legittimano alienandosi con patacche inservibili alla comprensione della realtà come è l’antifascismo militante.
Ecco, Nicola Antolini, invece, ha disobbedito a questa norma non scritta ma tacitamente imposta.
E, se possibile, ha fatto anche di peggio. Avvicinandosi agli intervistati, non li ha trattati come gli entomologi trattano gli insetti oggetto del loro studio. Non ha adottato la fredda tecnica chirurgica del vivisezionator e. Ha scelto un altro metodo: quello dell’empatia. Che non significa condivisione acritica delle idee altrui ma atteggiamento utile a comprendere intellettualme nte le ragioni (o i torti) degli intervistati, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) ma pure ogni pregiudizio morale.
Chi ha letto il suo libro sa bene che l’Autore non sposa le idee degli intervistati, che li incalza nelle loro contraddizioni, che non abbassa mai il livello della sua criticità nei confronti delle argomentazioni che gli vengono esposte. Ma secondo alcuni questo atteggiamento, privo di odio nei confronti di chi la pensa diversamente da te, è colpevole. E come tale andava punito.
La mia (la nostra...) solidarietà è probabilmente scontata. Aspetto di vedere quante pubbliche manifestazioni di solidarietà arriveranno a Nicola Antolini da sinistra.
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