Preve: ecco perché io mi sento serbo
Maria Cristina Serban si è assunta il prezioso compito di diffondere su facebook, tra tante facezie, il pensiero profondo e complesso di Costanzo Preve, che notoriamente non frequenta internet. Stanotte ha riesumato un antico saggio della primavera 1999, pubblicato da una rivista di comunisti critici. E' molto lungo ma permette di inquadrare, dal punto di vista degli oppositori alla guerra, la questione serba. Buona lettura.
Prove generali di nazismo umanitario
pubblicata da Maria-Cristina Serban il giorno giovedì 14 ottobre 2010 alle ore 23.34
di Costanzo Preve (Torino, 21 aprile 1999)
1. L'aggressione assassina della NATO in Jugoslavia, iniziata il 24 marzo 1999, è uno degli eventi fondamentali del Novecento europeo, anche se per ora di questo non c'è ancora sufficiente consapevolezza, data l'asfissiante manipolazione e saturazione mediatica sull'operazione di polizia internazionale "umanitaria" resa purtroppo necessaria dai presunti crimini continuati del dittatore genocida Milošević.
Per essere più esatti, si tratta di un evento ancora formalmente "novecentesco", che si situa però ormai al di fuori dei quadri geopolitici, culturali ed economici del cosiddetto "secolo breve". Si tratta infatti della seconda guerra imperiale americana, intendendo la "prima" come la Guerra del golfo contro l'Irak del 1991. È dunque necessario comprendere bene la nozione di guerra imperiale americana, e conseguentemente di "impero americano".
2. Gli USA vengono definiti dai loro capi, cioè dalla élite che li governa (su cui ha scritto parole terribili e profetiche l'americano Christopher Lasch e su cui scrive parole terribili l'americano Noam Chomsky), come l'unica nazione indispensabile del mondo. Questa espressione demenziale connota bene l'autoreferenzialità assoluta di tutte le culture di tipo "imperiale". Le culture imperiali si definiscono in modo autoreferenziale come portatrici di una moralità superiore, ricavata da una specifica secolarizzazione economico-politica di teorie originariamente teologiche (in questo caso giudaico-cristiane, più esattamente giudaico-protestanti). In quanto culture autoreferenziali, considerano "immorale" ogni riferimento di tipo variamente contrattualistico ad un Altro. L'Altro è sempre e soltanto il portatore potenziale del Male e della minaccia relativistica alla propria assolutezza paranoicamente introiettata. In questo modo l'Altro è sempre e soltanto il terminale di una "inclusione" subalterna nella propria logica sociale riproduttiva e nel proprio sistema di valori e di comportamenti.
Una cultura imperiale di questo tipo è pericolosissima perché è incapace di relazionarsi realmente con l'Altro, negandogli a priori ogni legittimità. Il pericolo aumenta quando il supporto materiale di questa assolutezza autoreferenziale è basato su di un dominio soverchiante di tipo economico, finanziario, tecnologico, militare e culturale.
3. La prima guerra imperiale americana fu pianificata e scatenata nel 1991 contro l'Iraq di Saddam Hussein (già allora demonizzato come "nuovo Hitler"), e fu giustificata da alcuni come "guerra giusta" in quanto guerra di ristabilimento della legalità internazionale originariamente violata dall'Irak, che aveva conquistato ed annesso il Kuweit in una breve guerra-lampo svoltasi nell'estate del 1990. Questa guerra fu dunque presentata come una guerra dell'ONU, e come un'affermazione del diritto internazionale contro l'arbitrio nazionalistico.
Trascurando qui ogni riflessione geopolitica sul Vicino Oriente, sul nazionalismo arabo, sul sionismo, sul controllo dei pozzi di petrolio e delle fonti energetiche (e trascurando anche la guerra precedentemente condotta dall'Iraq contro l'Iran con l'assenso, l'armamento e l'appoggio delle grandi potenze occidentali), bisogna invece riconfermare, alla luce soprattutto degli eventi successivi del periodo 1991-1999, che si trattò invece proprio della prima guerra imperiale americana del nuovo periodo storico apertosi con la tragica implosione del comunismo storico novecentesco. Oggi abbiamo informazioni dettagliate di come la guerra fu voluta dagli USA, e di come sono state via via svuotate tutte le iniziative diplomatiche tese ad ottenere un ritiro integrale dell'Irak dal Kuweit. Oggi abbiamo informazioni dettagliate sull'uso di armi criminali, come le armi ad uranio impoverito, come l'isotopo 238, responsabili di danni biologici irreversibili non solo nei corpi degli sconfitti, ma nei corpi degli stessi aggressori. Ma sopra ogni altra cosa siamo dettagliatamente informati sulle vittime innumerevoli, censite e documentate dagli stessi organismi internazionali, causate dall'embargo assassino contro l'intero popolo irakeno. Questo embargo verrà probabilmente ricordato come il più grande crimine "umanitario" dell'intero decennio degli anni Novanta del Novecento. Si tratta di un crimine noto, voluto, protratto, sistematicamente pianificato ed eseguito. Esso è stato ed è un crimine "imperiale", ben noto agli studiosi di storia, che ha come finalità "razionale" la messa in guardia da possibili future ribellioni e disobbedienze verso l'Impero stesso. Questa prima guerra imperiale americana era già stata di fatto uno svuotamento ed una messa ai margini dell'ONU, ma aveva ancora potuto ammantarsi di motivazioni di diritto internazionale violate. Tutto questo viene meno con l'attuale seconda guerra imperiale americana contro l'eroica Jugoslavia e contro l'ammirevole popolo serbo.
4. Questa seconda guerra imperiale americana presenta tuttavia un interessante aspetto comune con la prima. La prima guerra imperiale americana del 1991 fu una guerra geopolitica di controllo contro il mondo arabo e musulmano, e proprio per questa ragione la potenza imperiale impose la partecipazione subalterna a molti importanti paesi arabi e musulmani (dall'Egitto all'Arabia Saudita). Questa seconda guerra imperiale americana del 1999 è una guerra geopolitica di controllo contro l'Europa, e proprio per questa ragione la potenza imperiale impone la partecipazione subalterna ai più importanti paesi europei (dalla Francia alla Germania alla povera subalterna Italia). Le motivazioni "umanitarie" non riescono ovviamente a nascondere questo aspetto cruciale, su cui si soffermano analiticamente i commentatori più intelligenti. Questa guerra contro l'Europa è anche un vero e proprio suicidio dell'Europa, ed in particolare della Germania e della Francia (dell'Inghilterra di Blair è inutile parlare qui, perché ha riconfermato una scelta strategica fatta a partire dal 1945, quella di operare come il cinquantunesimo stato americano in Europa). L'Europa sarebbe stata perfettamente in grado di contribuire a garantire la convivenza multietnica nei Balcani e nel Kosovo in particolare, anche con un serio monitoraggio internazionale. Certo, questo monitoraggio era incompatibile con l'umiliazione del popolo serbo, con l'avallo all'espulsione delle minoranze serbe in Croazia e nella stessa Bosnia, con l'appoggio militare agli indipendentisti razzisti dell'U.Ç.K. nel Kossovo, eccetera. Questo monitoraggio era ovviamente anche incompatibile con l'incredibile coltivazione, protrattasi dal 1991 al 1999, dell'odio e della demonizzazione verso il popolo serbo, delegata ed appaltata a piccolissimi gruppi intellettuali isterici provenienti dalla vecchia "estrema sinistra" sessantottina (nouveaux philosophes in Francia, ex di Lotta Continua in Italia, eccetera). Questi piccolissimi gruppi intellettuali erano caratterizzati sopra ogni altra cosa dall'ignoranza più assoluta sulla complessità storica, linguistica, religiosa e culturale delle etnie balcaniche reali, un'ignoranza maldestrante coperta da una retorica falsa e strumentale sui diritti umani, diritti umani sempre a corrente alternata ed a geometria variabile, diritti umani sempre e solo garantiti ai propri amici e sempre negati invece ai propri "nemici". Ed è appunto sulla costruzione intellettuale del "nemico serbo" che occorre fare una riflessione particolare.
5. La potenza imperiale americana utilizza ovviamente la retorica umanitaria e la demonizzazione personalizzata dell'avversario (Milošević è lo Hitler dei Balcani così come Saddam era lo Hitler del Medio Oriente), ma non fonda certo la propria legittimità sull'illusione retorica. In modo molto chiaro Henry Kissinger ha ripetuto che forse la guerra non avrebbe dovuto essere cominciata, ma una volta cominciata non può essere condotta a termine che con la sconfitta dell'avversario, pena la "perdita di credibilità" della NATO e soprattutto della superpotenza americana. Questo è un parlare chiaro ed un mettere le carte in tavola. Il discorso è diverso per gli intellettuali di servizio alla Barbara Spinelli ed alla Adriano Sofri, alla Enrico Deaglio ed alla Gad Lerner. Essi devono fornire un "supplemento d'anima" alla strategia militare nazista dei bombardamenti che devono "spianare" un paese praticamente senza vittime fra le forze imperiali, in attesa di una invasione terrestre fatta utilizzando la carne da cannone a buon prezzo delle bande dell'U.Ç.K. (che non mi sogno per nulla di identificare con il popolo albanese in quanto tale).
Questo supplemento d'anima è fornito con una strategia intellettuale che assomiglia in modo impressionante ai meccanismi proiettivi di demonizzazione dell'antisemitismo nazista. L'antisemitismo nazista si basava su di una identificazione esemplare, nel popolo ebraico, di un popolo esemplarmente caratterizzato da due caratteristiche intercambiabili entrambe negative, il cosmopolitismo finanziario e lo sradicamento rivoluzionario. Insomma, gli ebrei sono cattivi collettivamente ed in toto perché in essi si esemplifica e si incarna in modo tristemente esemplare la fusione perversa di cosmopolitismo finanziario e di sradicamento rivoluzionario. Nello stesso modo questi nuovi intellettuali che definirò "nazisti umanitari" identificano l'intero popolo serbo con lo stereotipo diabolico del nazionalismo etnico. I serbi sono oggi i portatori infetti e virulenti del nazionalismo etnico, così come mezzo secolo fa gli ebrei erano i portatori infetti e virulenti del cosmopolitismo finanziario e/o dello sradicamento rivoluzionario.
Abbiamo suggerito una chiave di lettura apparentemente assurda e scandalosa. Ma preghiamo il lettore di non impazientirsi, e di prestare attenzione alle riflessioni che seguiranno.
6. È infatti purtroppo necessario che l'analogia fra il vecchio nazismo antisemita ed il nuovo nazismo umanitario venga presa sul serio. Ripetiamo che l'identificazione simbolica a priori del popolo ebraico maledetto con gli stereotipi demonizzanti del cosmopolitismo finanziario e/o dello sradicamento rivoluzionario esimeva dal prendere in considerazione gli ebrei reali e la loro collocazione nelle società europee. La semplificazione paranoica e l'identificazione diretta con il Male Assoluto permettevano di "saltare" la faticosa presa in considerazione delle oggettività storiche. In questo modo il diritto al Pregiudizio ed all'Ignoranza era garantito e legittimato. In questo modo, ed esattamente in questo modo funziona la nuova identificazione simbolica demonizzante del popolo serbo con il nuovo Male Assoluto del tempo dell'americanizzazione globalizzata del pianeta, il nazionalismo etnico (vero o presunto).
È così possibile non sapere che il "dittatore" Milošević (che il filosofo "pacifista" Norberto Bobbio vorrebbe "spazzato via dalla faccia della terra"), è in realtà stato eletto tre volte in regolari elezioni pluralistiche, che l'opposizione politica in Jugoslavia esiste ed è legalmente garantita, che Milošević non può essere accusato di volere estendere la Grande Serbia al Kossovo per il semplice fatto che il Kossovo è serbo dal tempo delle guerre balcaniche (1912-1913), che persino con le funeste limitazioni dei loro diritti rispetto ai benemeriti tempi di Tito i kossovari albanesi hanno sempre disposto di diritti che i curdi in Turchia e gli arabi in Palestina si sognano di possedere, che Belgrado è una città con circa duecentomila musulmani, che la Voivodina jugoslava e serba è sempre storicamente stata un modello di convivenza etnica, linguistica e religiosa, che i serbi sono stati cacciati dalla Croazia e non viceversa con la connivenza dell'intera Europa, eccetera.
È così possibile non sapere che i cosiddetti accordi di Rambouillet non sono mai stati rivolti a ristabilire le condizioni della convivenza pacifica fra serbi ed albanesi nel Kossovo, ma sono stati concepiti dagli americani per organizzare militarmente una secessione del Kossovo nell'arco di tre anni con un referendum farsa, e prevedevano un'occupazione militare incontrollata dell'intero territorio jugoslavo, e quindi anche una prevedibile secessione pilotata del Montenegro e forse della stessa Voivodina. Del resto, decine di diplomatici hanno chiarito analiticamente questo punto.
È così possibile non sapere che prima del 24 marzo 1999 in Kossovo non solo non c'era un "genocidio" o un olocausto, ma non c'era neppure una "pulizia etnica", cioè una "espulsione etnica" generalizzata. C'era una guerra civile a bassa intensità, o meglio una serie di operazioni antiguerriglia con tutto ciò che questo purtroppo comporta. È noto che se la "espulsione etnica" fosse classificata come un genocidio popoli considerati civili e "buoni" come i cecoslovacchi ed i polacchi sarebbero popoli "genocidi", avendo espulso milioni di tedeschi dai Sudeti e dalla Slesia nel 1946. Ma in Kossovo non c'era neppure questa espulsione etnica generalizzata. Questa espulsione etnica è iniziata dopo i bombardamenti NATO, ed è strettamente collegata con il timore di una insurrezione etnica albanese in concomitanza con una devastante invasione terrestre della NATO e delle bande dell'U.Ç.K., il cui programma è la secessione e l'espulsione dei serbi dal Kossovo. Il popolo kossovaro fugge perché sa perfettamente che si combatterà casa per casa sul suo territorio, e non vuole essere preso in mezzo. Del resto, qualunque cosa facciano i serbi essi saranno comunque demonizzati. Se espellono gli albanesi fanno "pulizia etnica". Se li tengono nel territorio useranno gli albanesi come "scudi umani" e come "banche del sangue". I serbi sono dunque non solo dei nazionalisti etnici, ma anche dei vampiri.
7. Il problema non è dunque, non è mai stato e non sarà mai schierarsi per gli albanesi o per i serbi nel Kossovo. In proposito la sola posizione umana e corretta sta nel lavorare quotidianamente per una armoniosa convivenza multietnica, multilinguistica e multireligiosa. Ma l'aggressione NATO e la seconda guerra imperiale americana sono rivolte contro questa prospettiva, in favore di una ulteriore "balcanizzazione" dell'Europa Orientale, funzionale ad un controllo geopolitico preventivo sulla Russia, sull'Europa e sul Medio Oriente. Le motivazioni "umanitarie" sono una menzogna manifesta e scandalosa. A suo tempo Guernica di Picasso, una delle più famose opere artistiche del Novecento, fu dipinta come una protesta contro i bombardamenti nazisti in Spagna. Oggi Guernica non è più nei paesi baschi, ma è in Serbia e nel Kossovo. I nuovi nazisti sono però ancora più ipocriti dei precedenti, perché vogliono abbellire il loro soverchiante dominio tecnologico con le motivazioni umanitarie e con i cascami della "cultura di sinistra" europea del dopo Sessantotto. Questi cascami sono oggi l'equivalente "buonista" di Goebbels e della sua propaganda.
8. Ancora una volta, l'Italia e lo stato italiano sono fra gli aggressori, anche se coprono questa loro aggressione con un'asfissiante retorica "umanitaria". È dal tempo del Risorgimento che il popolo italiano non fa più una guerra "giusta", nel senso giusnaturalistico del termine, una guerra intesa come una guerra di liberazione nazionale o come guerra di difesa contro un'aggressione manifesta. Guerre di aggressione furono le sue oscene guerre coloniali (Etiopia 1896 e 1935, Libia 1911). Guerra di aggressione fu la sua entrata nella prima guerra mondiale del 1915. Guerra di aggressione fu la sua entrata nella seconda guerra mondiale del 1940. In tutti questi casi la motivazione, ufficiale ed ufficiosa, fu quella di essere un paese "importante" (perché di prima categorria), e dunque degno di partecipare ai grandi eventi internazionali risolutivi) ed un paese "serio" (perché fedele alle alleanze stipulate ed agli alleati principali).
La motivazione dell'importanza e della serietà è stata ripetuta dal cinico baffetto D'Alema, l'aborto terminale del togliattismo e del comunismo storico novecentesco italiano, l'uomo il cui nevrotico sorriso di sufficienza nasconde male l'insicurezza del parvenu ed il nichilismo dell'ultimo uomo, che sa bene che Dio è morto ed appunto per questo tutto è permesso e non vi sono più limiti. Nei primi giorni di bombardamenti, a chi gli faceva osservare che la Grecia, membro della NATO, non partecipava però ai bombardamenti, D'Alema rispose che la Grecia era un paese di seconda categoria e poteva permettersi cose che un paese di prima categoria come l'Italia non poteva permettersi. Continuati i bombardamenti, D'Alema insisté molto sul fatto che l'Italia era un paese "serio", cioè affidabile per la NATO, e che questa serietà doveva essere mostrata anche sul campo, cioè sull'uso delle basi di Aviano per il martirio della Jugoslavia. D'Alema, come tutti i parvenus ex-comunisti, è un provinciale ignorante, esperto solo in intrighi di partito ed in tranelli tesi ai capicordata rivali, ma non è possibile che non sappia che i patti di Rambouillet erano un diktat rivolto a provocare il rifiuto non di Milošević ma di qualunque governo sovrano jugoslavo, che la catastrofe umanitaria dei kossovari è posteriore ai bombardamenti assassini NATO e che infine si tratta nell'essenziale di una guerra imperiale americana di controllo geopolitico regionale del pianeta, e non di un "interventismo" rivolto a prevenire un genocidio ed un olocausto.
9. Questa vergognosa aggressione nazista, che è in corso mentre scrivo queste note e di cui non è ancora prevedibile l'esito finale, è un evento epocale che avrà conseguenze terribili a breve e soprattutto a medio ed a lungo termine. Si tratta di una bancarotta del sistema informativo globale e dei media, che si sono rivelati uno strumento coordinato della propaganda di guerra, per cui si può tranquillamente dire che a volte i giornalisti più coraggiosi dicono la verità (esemplare la magnifica Lietta Tornabuoni ed il coraggioso Michele Santoro), ma i giornali in quanto tali mentono, sempre. Si tratta di una bancarotta della "sinistra" nel suo complesso, avanguardia vociante (ma si ricordino gli "interventisti" del 1914 e 1915!) del massacro amministrativo coperto oscenamente dai "diritti umani". Si tratta infine di un divorzio, a mio avviso ormai irreversibile, fra intellettuali e popolo, in cui il settore maggioritatio degli intellettuali e degli opinion makers si è rivelato essere composto da una canea di belve rabbiose e con la bocca sporca di sangue, il sangue sia dei serbi (che essi odiano in quanto incarnazione maledetta del Nazionalismo Etnico) sia dei kossovari (che essi fingono di amare in quanto vittime impotenti della cattiveria umana).
10. Per la prima volta nella mia vita, essendo nato nel 1943, ho finalmente capito cosa volesse dire essere antifascisti negli anni Trenta. Immagino che significasse sperare nella vittoria militare del Negus di Etiopia e dei repubblicani spagnoli contro i propri stessi degenerati connazionali. Immagino che significasse provare un sentimento di radicale estraneità per la propria stessa formale cittadinanza. Io oggi mi sento serbo, come Peter Handke, in quanto cittadino di una nazione martire aggredita ingiustamente, per di più con "motivazioni umanitarie". Io oggi mi sento a tutti gli effetti un cristiano greco-ortodosso, perché solo in questo modo posso esser vicino alle vittime dell'aggressione (nello stesso modo in cui Bergson decise di rimanere ebreo nel tempo in cui gli ebrei erano perseguitati e sterminati). Ma mi sento soprattutto internazionalista, perché ho capito ormai bene che il cosmopolitismo imperiale, con il pretesto di colpire le nazioni, i popoli e le etnie ribelli, colpisce in realtà i fondamenti di una loro possibile convivenza futura pacifica e solidale.
NOTA AGGIUNTIVA
In una lunga intervista pubblicata da L'Unità (25/4/1998), Norberto Bobbio ha fatto dichiarazioni non solo sconcertanti, ed indegne del suo passato intellettuale, ma anche a tutti gli effetti infami. "Infame" è purtroppo l'unico termine utilizzabile nel contesto di argomentazioni indegne: "Non possiamo non dirci filoamericani... Non ha più senso chiedersi se una guerra sia giusta o ingiusta... Questa guerra ricorda le guerre sante contro gli infedeli", eccetera. Queste infamie hanno passato la misura. Ho finalmente capito che cosa significhi, ed abbia significato, trahison des clercs, tradimento degli intellettuali. È possibile che l'intervistatore abbia subornato con l'astuzia un vecchio, sfruttando la sua ignoranza del contesto storico e politico. In ogni caso, se Norberto Bobbio è un intellettuale, sono fiero e contento di non appartenere a questa indegna categoria (Torino, 25 aprile 1999).
fonte: Koiné, NN°6/10 Gennaio/Settembre - 1999
1. L'aggressione assassina della NATO in Jugoslavia, iniziata il 24 marzo 1999, è uno degli eventi fondamentali del Novecento europeo, anche se per ora di questo non c'è ancora sufficiente consapevolezza, data l'asfissiante manipolazione e saturazione mediatica sull'operazione di polizia internazionale "umanitaria" resa purtroppo necessaria dai presunti crimini continuati del dittatore genocida Milošević.
Per essere più esatti, si tratta di un evento ancora formalmente "novecentesco", che si situa però ormai al di fuori dei quadri geopolitici, culturali ed economici del cosiddetto "secolo breve". Si tratta infatti della seconda guerra imperiale americana, intendendo la "prima" come la Guerra del golfo contro l'Irak del 1991. È dunque necessario comprendere bene la nozione di guerra imperiale americana, e conseguentemente di "impero americano".
2. Gli USA vengono definiti dai loro capi, cioè dalla élite che li governa (su cui ha scritto parole terribili e profetiche l'americano Christopher Lasch e su cui scrive parole terribili l'americano Noam Chomsky), come l'unica nazione indispensabile del mondo. Questa espressione demenziale connota bene l'autoreferenzialità assoluta di tutte le culture di tipo "imperiale". Le culture imperiali si definiscono in modo autoreferenziale come portatrici di una moralità superiore, ricavata da una specifica secolarizzazione economico-politica di teorie originariamente teologiche (in questo caso giudaico-cristiane, più esattamente giudaico-protestanti). In quanto culture autoreferenziali, considerano "immorale" ogni riferimento di tipo variamente contrattualistico ad un Altro. L'Altro è sempre e soltanto il portatore potenziale del Male e della minaccia relativistica alla propria assolutezza paranoicamente introiettata. In questo modo l'Altro è sempre e soltanto il terminale di una "inclusione" subalterna nella propria logica sociale riproduttiva e nel proprio sistema di valori e di comportamenti.
Una cultura imperiale di questo tipo è pericolosissima perché è incapace di relazionarsi realmente con l'Altro, negandogli a priori ogni legittimità. Il pericolo aumenta quando il supporto materiale di questa assolutezza autoreferenziale è basato su di un dominio soverchiante di tipo economico, finanziario, tecnologico, militare e culturale.
3. La prima guerra imperiale americana fu pianificata e scatenata nel 1991 contro l'Iraq di Saddam Hussein (già allora demonizzato come "nuovo Hitler"), e fu giustificata da alcuni come "guerra giusta" in quanto guerra di ristabilimento della legalità internazionale originariamente violata dall'Irak, che aveva conquistato ed annesso il Kuweit in una breve guerra-lampo svoltasi nell'estate del 1990. Questa guerra fu dunque presentata come una guerra dell'ONU, e come un'affermazione del diritto internazionale contro l'arbitrio nazionalistico.
Trascurando qui ogni riflessione geopolitica sul Vicino Oriente, sul nazionalismo arabo, sul sionismo, sul controllo dei pozzi di petrolio e delle fonti energetiche (e trascurando anche la guerra precedentemente condotta dall'Iraq contro l'Iran con l'assenso, l'armamento e l'appoggio delle grandi potenze occidentali), bisogna invece riconfermare, alla luce soprattutto degli eventi successivi del periodo 1991-1999, che si trattò invece proprio della prima guerra imperiale americana del nuovo periodo storico apertosi con la tragica implosione del comunismo storico novecentesco. Oggi abbiamo informazioni dettagliate di come la guerra fu voluta dagli USA, e di come sono state via via svuotate tutte le iniziative diplomatiche tese ad ottenere un ritiro integrale dell'Irak dal Kuweit. Oggi abbiamo informazioni dettagliate sull'uso di armi criminali, come le armi ad uranio impoverito, come l'isotopo 238, responsabili di danni biologici irreversibili non solo nei corpi degli sconfitti, ma nei corpi degli stessi aggressori. Ma sopra ogni altra cosa siamo dettagliatamente informati sulle vittime innumerevoli, censite e documentate dagli stessi organismi internazionali, causate dall'embargo assassino contro l'intero popolo irakeno. Questo embargo verrà probabilmente ricordato come il più grande crimine "umanitario" dell'intero decennio degli anni Novanta del Novecento. Si tratta di un crimine noto, voluto, protratto, sistematicamente pianificato ed eseguito. Esso è stato ed è un crimine "imperiale", ben noto agli studiosi di storia, che ha come finalità "razionale" la messa in guardia da possibili future ribellioni e disobbedienze verso l'Impero stesso. Questa prima guerra imperiale americana era già stata di fatto uno svuotamento ed una messa ai margini dell'ONU, ma aveva ancora potuto ammantarsi di motivazioni di diritto internazionale violate. Tutto questo viene meno con l'attuale seconda guerra imperiale americana contro l'eroica Jugoslavia e contro l'ammirevole popolo serbo.
4. Questa seconda guerra imperiale americana presenta tuttavia un interessante aspetto comune con la prima. La prima guerra imperiale americana del 1991 fu una guerra geopolitica di controllo contro il mondo arabo e musulmano, e proprio per questa ragione la potenza imperiale impose la partecipazione subalterna a molti importanti paesi arabi e musulmani (dall'Egitto all'Arabia Saudita). Questa seconda guerra imperiale americana del 1999 è una guerra geopolitica di controllo contro l'Europa, e proprio per questa ragione la potenza imperiale impone la partecipazione subalterna ai più importanti paesi europei (dalla Francia alla Germania alla povera subalterna Italia). Le motivazioni "umanitarie" non riescono ovviamente a nascondere questo aspetto cruciale, su cui si soffermano analiticamente i commentatori più intelligenti. Questa guerra contro l'Europa è anche un vero e proprio suicidio dell'Europa, ed in particolare della Germania e della Francia (dell'Inghilterra di Blair è inutile parlare qui, perché ha riconfermato una scelta strategica fatta a partire dal 1945, quella di operare come il cinquantunesimo stato americano in Europa). L'Europa sarebbe stata perfettamente in grado di contribuire a garantire la convivenza multietnica nei Balcani e nel Kosovo in particolare, anche con un serio monitoraggio internazionale. Certo, questo monitoraggio era incompatibile con l'umiliazione del popolo serbo, con l'avallo all'espulsione delle minoranze serbe in Croazia e nella stessa Bosnia, con l'appoggio militare agli indipendentisti razzisti dell'U.Ç.K. nel Kossovo, eccetera. Questo monitoraggio era ovviamente anche incompatibile con l'incredibile coltivazione, protrattasi dal 1991 al 1999, dell'odio e della demonizzazione verso il popolo serbo, delegata ed appaltata a piccolissimi gruppi intellettuali isterici provenienti dalla vecchia "estrema sinistra" sessantottina (nouveaux philosophes in Francia, ex di Lotta Continua in Italia, eccetera). Questi piccolissimi gruppi intellettuali erano caratterizzati sopra ogni altra cosa dall'ignoranza più assoluta sulla complessità storica, linguistica, religiosa e culturale delle etnie balcaniche reali, un'ignoranza maldestrante coperta da una retorica falsa e strumentale sui diritti umani, diritti umani sempre a corrente alternata ed a geometria variabile, diritti umani sempre e solo garantiti ai propri amici e sempre negati invece ai propri "nemici". Ed è appunto sulla costruzione intellettuale del "nemico serbo" che occorre fare una riflessione particolare.
5. La potenza imperiale americana utilizza ovviamente la retorica umanitaria e la demonizzazione personalizzata dell'avversario (Milošević è lo Hitler dei Balcani così come Saddam era lo Hitler del Medio Oriente), ma non fonda certo la propria legittimità sull'illusione retorica. In modo molto chiaro Henry Kissinger ha ripetuto che forse la guerra non avrebbe dovuto essere cominciata, ma una volta cominciata non può essere condotta a termine che con la sconfitta dell'avversario, pena la "perdita di credibilità" della NATO e soprattutto della superpotenza americana. Questo è un parlare chiaro ed un mettere le carte in tavola. Il discorso è diverso per gli intellettuali di servizio alla Barbara Spinelli ed alla Adriano Sofri, alla Enrico Deaglio ed alla Gad Lerner. Essi devono fornire un "supplemento d'anima" alla strategia militare nazista dei bombardamenti che devono "spianare" un paese praticamente senza vittime fra le forze imperiali, in attesa di una invasione terrestre fatta utilizzando la carne da cannone a buon prezzo delle bande dell'U.Ç.K. (che non mi sogno per nulla di identificare con il popolo albanese in quanto tale).
Questo supplemento d'anima è fornito con una strategia intellettuale che assomiglia in modo impressionante ai meccanismi proiettivi di demonizzazione dell'antisemitismo nazista. L'antisemitismo nazista si basava su di una identificazione esemplare, nel popolo ebraico, di un popolo esemplarmente caratterizzato da due caratteristiche intercambiabili entrambe negative, il cosmopolitismo finanziario e lo sradicamento rivoluzionario. Insomma, gli ebrei sono cattivi collettivamente ed in toto perché in essi si esemplifica e si incarna in modo tristemente esemplare la fusione perversa di cosmopolitismo finanziario e di sradicamento rivoluzionario. Nello stesso modo questi nuovi intellettuali che definirò "nazisti umanitari" identificano l'intero popolo serbo con lo stereotipo diabolico del nazionalismo etnico. I serbi sono oggi i portatori infetti e virulenti del nazionalismo etnico, così come mezzo secolo fa gli ebrei erano i portatori infetti e virulenti del cosmopolitismo finanziario e/o dello sradicamento rivoluzionario.
Abbiamo suggerito una chiave di lettura apparentemente assurda e scandalosa. Ma preghiamo il lettore di non impazientirsi, e di prestare attenzione alle riflessioni che seguiranno.
6. È infatti purtroppo necessario che l'analogia fra il vecchio nazismo antisemita ed il nuovo nazismo umanitario venga presa sul serio. Ripetiamo che l'identificazione simbolica a priori del popolo ebraico maledetto con gli stereotipi demonizzanti del cosmopolitismo finanziario e/o dello sradicamento rivoluzionario esimeva dal prendere in considerazione gli ebrei reali e la loro collocazione nelle società europee. La semplificazione paranoica e l'identificazione diretta con il Male Assoluto permettevano di "saltare" la faticosa presa in considerazione delle oggettività storiche. In questo modo il diritto al Pregiudizio ed all'Ignoranza era garantito e legittimato. In questo modo, ed esattamente in questo modo funziona la nuova identificazione simbolica demonizzante del popolo serbo con il nuovo Male Assoluto del tempo dell'americanizzazione globalizzata del pianeta, il nazionalismo etnico (vero o presunto).
È così possibile non sapere che il "dittatore" Milošević (che il filosofo "pacifista" Norberto Bobbio vorrebbe "spazzato via dalla faccia della terra"), è in realtà stato eletto tre volte in regolari elezioni pluralistiche, che l'opposizione politica in Jugoslavia esiste ed è legalmente garantita, che Milošević non può essere accusato di volere estendere la Grande Serbia al Kossovo per il semplice fatto che il Kossovo è serbo dal tempo delle guerre balcaniche (1912-1913), che persino con le funeste limitazioni dei loro diritti rispetto ai benemeriti tempi di Tito i kossovari albanesi hanno sempre disposto di diritti che i curdi in Turchia e gli arabi in Palestina si sognano di possedere, che Belgrado è una città con circa duecentomila musulmani, che la Voivodina jugoslava e serba è sempre storicamente stata un modello di convivenza etnica, linguistica e religiosa, che i serbi sono stati cacciati dalla Croazia e non viceversa con la connivenza dell'intera Europa, eccetera.
È così possibile non sapere che i cosiddetti accordi di Rambouillet non sono mai stati rivolti a ristabilire le condizioni della convivenza pacifica fra serbi ed albanesi nel Kossovo, ma sono stati concepiti dagli americani per organizzare militarmente una secessione del Kossovo nell'arco di tre anni con un referendum farsa, e prevedevano un'occupazione militare incontrollata dell'intero territorio jugoslavo, e quindi anche una prevedibile secessione pilotata del Montenegro e forse della stessa Voivodina. Del resto, decine di diplomatici hanno chiarito analiticamente questo punto.
È così possibile non sapere che prima del 24 marzo 1999 in Kossovo non solo non c'era un "genocidio" o un olocausto, ma non c'era neppure una "pulizia etnica", cioè una "espulsione etnica" generalizzata. C'era una guerra civile a bassa intensità, o meglio una serie di operazioni antiguerriglia con tutto ciò che questo purtroppo comporta. È noto che se la "espulsione etnica" fosse classificata come un genocidio popoli considerati civili e "buoni" come i cecoslovacchi ed i polacchi sarebbero popoli "genocidi", avendo espulso milioni di tedeschi dai Sudeti e dalla Slesia nel 1946. Ma in Kossovo non c'era neppure questa espulsione etnica generalizzata. Questa espulsione etnica è iniziata dopo i bombardamenti NATO, ed è strettamente collegata con il timore di una insurrezione etnica albanese in concomitanza con una devastante invasione terrestre della NATO e delle bande dell'U.Ç.K., il cui programma è la secessione e l'espulsione dei serbi dal Kossovo. Il popolo kossovaro fugge perché sa perfettamente che si combatterà casa per casa sul suo territorio, e non vuole essere preso in mezzo. Del resto, qualunque cosa facciano i serbi essi saranno comunque demonizzati. Se espellono gli albanesi fanno "pulizia etnica". Se li tengono nel territorio useranno gli albanesi come "scudi umani" e come "banche del sangue". I serbi sono dunque non solo dei nazionalisti etnici, ma anche dei vampiri.
7. Il problema non è dunque, non è mai stato e non sarà mai schierarsi per gli albanesi o per i serbi nel Kossovo. In proposito la sola posizione umana e corretta sta nel lavorare quotidianamente per una armoniosa convivenza multietnica, multilinguistica e multireligiosa. Ma l'aggressione NATO e la seconda guerra imperiale americana sono rivolte contro questa prospettiva, in favore di una ulteriore "balcanizzazione" dell'Europa Orientale, funzionale ad un controllo geopolitico preventivo sulla Russia, sull'Europa e sul Medio Oriente. Le motivazioni "umanitarie" sono una menzogna manifesta e scandalosa. A suo tempo Guernica di Picasso, una delle più famose opere artistiche del Novecento, fu dipinta come una protesta contro i bombardamenti nazisti in Spagna. Oggi Guernica non è più nei paesi baschi, ma è in Serbia e nel Kossovo. I nuovi nazisti sono però ancora più ipocriti dei precedenti, perché vogliono abbellire il loro soverchiante dominio tecnologico con le motivazioni umanitarie e con i cascami della "cultura di sinistra" europea del dopo Sessantotto. Questi cascami sono oggi l'equivalente "buonista" di Goebbels e della sua propaganda.
8. Ancora una volta, l'Italia e lo stato italiano sono fra gli aggressori, anche se coprono questa loro aggressione con un'asfissiante retorica "umanitaria". È dal tempo del Risorgimento che il popolo italiano non fa più una guerra "giusta", nel senso giusnaturalistico del termine, una guerra intesa come una guerra di liberazione nazionale o come guerra di difesa contro un'aggressione manifesta. Guerre di aggressione furono le sue oscene guerre coloniali (Etiopia 1896 e 1935, Libia 1911). Guerra di aggressione fu la sua entrata nella prima guerra mondiale del 1915. Guerra di aggressione fu la sua entrata nella seconda guerra mondiale del 1940. In tutti questi casi la motivazione, ufficiale ed ufficiosa, fu quella di essere un paese "importante" (perché di prima categorria), e dunque degno di partecipare ai grandi eventi internazionali risolutivi) ed un paese "serio" (perché fedele alle alleanze stipulate ed agli alleati principali).
La motivazione dell'importanza e della serietà è stata ripetuta dal cinico baffetto D'Alema, l'aborto terminale del togliattismo e del comunismo storico novecentesco italiano, l'uomo il cui nevrotico sorriso di sufficienza nasconde male l'insicurezza del parvenu ed il nichilismo dell'ultimo uomo, che sa bene che Dio è morto ed appunto per questo tutto è permesso e non vi sono più limiti. Nei primi giorni di bombardamenti, a chi gli faceva osservare che la Grecia, membro della NATO, non partecipava però ai bombardamenti, D'Alema rispose che la Grecia era un paese di seconda categoria e poteva permettersi cose che un paese di prima categoria come l'Italia non poteva permettersi. Continuati i bombardamenti, D'Alema insisté molto sul fatto che l'Italia era un paese "serio", cioè affidabile per la NATO, e che questa serietà doveva essere mostrata anche sul campo, cioè sull'uso delle basi di Aviano per il martirio della Jugoslavia. D'Alema, come tutti i parvenus ex-comunisti, è un provinciale ignorante, esperto solo in intrighi di partito ed in tranelli tesi ai capicordata rivali, ma non è possibile che non sappia che i patti di Rambouillet erano un diktat rivolto a provocare il rifiuto non di Milošević ma di qualunque governo sovrano jugoslavo, che la catastrofe umanitaria dei kossovari è posteriore ai bombardamenti assassini NATO e che infine si tratta nell'essenziale di una guerra imperiale americana di controllo geopolitico regionale del pianeta, e non di un "interventismo" rivolto a prevenire un genocidio ed un olocausto.
9. Questa vergognosa aggressione nazista, che è in corso mentre scrivo queste note e di cui non è ancora prevedibile l'esito finale, è un evento epocale che avrà conseguenze terribili a breve e soprattutto a medio ed a lungo termine. Si tratta di una bancarotta del sistema informativo globale e dei media, che si sono rivelati uno strumento coordinato della propaganda di guerra, per cui si può tranquillamente dire che a volte i giornalisti più coraggiosi dicono la verità (esemplare la magnifica Lietta Tornabuoni ed il coraggioso Michele Santoro), ma i giornali in quanto tali mentono, sempre. Si tratta di una bancarotta della "sinistra" nel suo complesso, avanguardia vociante (ma si ricordino gli "interventisti" del 1914 e 1915!) del massacro amministrativo coperto oscenamente dai "diritti umani". Si tratta infine di un divorzio, a mio avviso ormai irreversibile, fra intellettuali e popolo, in cui il settore maggioritatio degli intellettuali e degli opinion makers si è rivelato essere composto da una canea di belve rabbiose e con la bocca sporca di sangue, il sangue sia dei serbi (che essi odiano in quanto incarnazione maledetta del Nazionalismo Etnico) sia dei kossovari (che essi fingono di amare in quanto vittime impotenti della cattiveria umana).
10. Per la prima volta nella mia vita, essendo nato nel 1943, ho finalmente capito cosa volesse dire essere antifascisti negli anni Trenta. Immagino che significasse sperare nella vittoria militare del Negus di Etiopia e dei repubblicani spagnoli contro i propri stessi degenerati connazionali. Immagino che significasse provare un sentimento di radicale estraneità per la propria stessa formale cittadinanza. Io oggi mi sento serbo, come Peter Handke, in quanto cittadino di una nazione martire aggredita ingiustamente, per di più con "motivazioni umanitarie". Io oggi mi sento a tutti gli effetti un cristiano greco-ortodosso, perché solo in questo modo posso esser vicino alle vittime dell'aggressione (nello stesso modo in cui Bergson decise di rimanere ebreo nel tempo in cui gli ebrei erano perseguitati e sterminati). Ma mi sento soprattutto internazionalista, perché ho capito ormai bene che il cosmopolitismo imperiale, con il pretesto di colpire le nazioni, i popoli e le etnie ribelli, colpisce in realtà i fondamenti di una loro possibile convivenza futura pacifica e solidale.
NOTA AGGIUNTIVA
In una lunga intervista pubblicata da L'Unità (25/4/1998), Norberto Bobbio ha fatto dichiarazioni non solo sconcertanti, ed indegne del suo passato intellettuale, ma anche a tutti gli effetti infami. "Infame" è purtroppo l'unico termine utilizzabile nel contesto di argomentazioni indegne: "Non possiamo non dirci filoamericani... Non ha più senso chiedersi se una guerra sia giusta o ingiusta... Questa guerra ricorda le guerre sante contro gli infedeli", eccetera. Queste infamie hanno passato la misura. Ho finalmente capito che cosa significhi, ed abbia significato, trahison des clercs, tradimento degli intellettuali. È possibile che l'intervistatore abbia subornato con l'astuzia un vecchio, sfruttando la sua ignoranza del contesto storico e politico. In ogni caso, se Norberto Bobbio è un intellettuale, sono fiero e contento di non appartenere a questa indegna categoria (Torino, 25 aprile 1999).
fonte: Koiné, NN°6/10 Gennaio/Settembre - 1999
La Serbia prepara la prossima guerra
RispondiEliminadel Kosovo
di Anna Di Lellio
Nelle sue affascinanti memorie, Paix et Châtiment, Florence Hartmann scrive che finchè ai sopravvissuti sarà negata giustizia, “i morti di Srebrenica si agireranno come fantasmi sul vecchio continente”. Dal 2000 al 2007 la Hartmann è stata la portavoce di Carla Del Ponte, procuratore capo del Tribunale Criminale Internazionale per l’ex Jugoslavia. Il suo è un appassionato ma amaro j’accuse contro le potenze occidentali (non solo l’Europa ma anche gli USA). Hanno barattato la giustizia per la sicurezza, dice la Hartmann. La diplomazia, l’intelligence e perfino i peace-keepers occidentali hanno impedito l’arresto di Ratko Mladic e Radovan Karadzic (indiziati per il massacro di Srebrenica) in complicità con una leadership nazionalista serba che continua a proteggere i due criminali di guerra.
Questo libro va letto e subito, perché ciò che rivela sul Tribunale dell’Aja non è solo una storia morale sul ruolo della giustizia internazionale e dei diritti umani nelle situazioni di post-conflitto. Ci fa anche vedere il prossimo futuro dei Balcani, specialmente adesso che l’aspirazione del Kosovo all’indipendenza si trova ad affrontare, ancora una volta, le stesse forze che la negarono alla Bosnia.
La Hartmann setaccia documenti chiave che furono per lungo tempo rifiutati al Tribunale. Tra questi, le minute delle riunioni del Consiglio Supremo della Difesa della Repubblica Jugoslava, le stesse che sono state negate alla Corte di Giustizia Internazionale, permettendo così l’assoluzione della Serbia dall’accusa di genocidio in Bosnia. Lì si trovano le prove di come Milosevic e le altre autorità serbe abbiano orchestrato e siano stati i coautori della guerra in Bosnia, facendo finta di non esserne coinvolti; di come abbiano dissimulato la loro partecipazione diretta, mettendo sotto il commando delle forze militari locali bosniache le proprie unità speciali del Ministro dell’Interno; e di come abbiano finanziato e protetto Mladic e Karadzic per più di dieci anni.
Tutto questo merita grande attenzione. Non c’è nessuno nella leadership post-Milosevic, fatta eccezione del Primo Ministro Zoran Djindjic, che abbia deviato del dittatore. Djindjic mandò Milosevic all’Aja e cercò di fare lo stesso con Mladic, ma fu assassinato prima di riuscirci nel marzo 2003. A succederlo è stato Kostunica. Da Presidente della Serbia Kostunica si era opposto all’arresto di Milosevic e solo con riluttanza aveva firmato il decreto che mandava in pensione Mladic dall’esercito serbo, nel maggio del 2002. E’ sotto il suo governo che Karadzic e Mladic sono vissuti da uomini liberi in Serbia per anni, visitando spesso la Bosnia. Il primo ora viaggia sempre più spesso in Grecia, dove si nasconde vicino al Monte Athos, il secondo si sposta frequentemente tra i sette indirizzi di Belgrado che gli amici militari gli hanno messo a disposizione.
La conoscenza di una donna serba in italia per lavoro mi ha portato a questo scritto. Ho vissuto le vicende del 1999 con le informazioni che arrivavano dai nostri giornali e telegiornali che dipingevano il popolo serbo come sterminatori, senza entrare troppo nella conoscenza delle vicende. Adesso il sentire di quanti crimini siano stati fatti da tutte le parti, sentire lei che si rifugiava con il suo bambino mentre avvenivano i bombardamenti anche da parte italiana, lei che si chiedeva perchè fanno questo in una parte della serbia in cui le persone comuni convivevano pacificamente anche se di diverse etnie mi porta ancora di più a pensare a quanto schifo ci sia nella politica internazionale ed italiana, a quanta ignoranza ci sia in noi gente comune che giustamente ci scandalizziamo se un politico va con ragazzine ma che non reagiamo minimamente se per motivi assurdi i nostri aerei si alzano in volo per bombardare donne e bambini.....
RispondiElimina