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5 ottobre 1980-2010 Nanni è partito


Trent'anni fa, il giorno dopo l'arresto e due brutali pestaggi, è trovato morto in cella Nanni De Angelis, responsabile del servizio d'ordine di Terza posizione. Ecco come l'ha raccontata il fratello Marcello, in una canzone struggente e che ha contributo a crearne il mito, e come l'ho raccontata io in "Guerrieri" (Immaginapoli, 2005).
La soffiata dell’amico che ha man­tenuto i con­tatti per Ciavardini fa cadere Nanni e Luigi nelle mani della po­lizia. Nanni tenta di impugnare il revolver. Ha un fisico bestiale e per immobilizzarlo sono costretti a picchiarlo duramente, davanti a decine di passanti, a piazza Bar­berini. Poi, evidentemente, ci prendono la mano e continuano anche dopo averlo neutralizzato. Le mo­dalità del­l’arresto sono descritte in una let­tera alla signora De Ange­lis, spedita da un anonimo spettatore (presumibilmente il camerata che aveva appuntamento con i due arrestati):

Mi scusi se vengo a turbare il suo profondo dolore, ma sento il dovere di in­for­marLa che la cattura di suo figlio è avvenuta in circo­stanze da film western, con la più spietata ferocia. Pensi che alcuni uomini presenti al fatto sono addi­rit­tura sve­nuti per quello che i poliziotti sono stati capaci di fare ai due ra­gazzi arrestati. Afferratili, li hanno gettati a terra e li hanno ripetutamente colpiti al capo con i tacchi delle loro scarpe. Quello che è successo a suo fi­glio era il minimo che po­tesse accadergli dopo un simile trattamento. Per sin­ce­rarsi meglio di quanto ho sin qui detto può far interrogare, non penso che Lei personalmente ne avrebbe mai la forza, qualcuno dei negozianti i cui esercizi si affacciano sul luogo dell’arresto. Non so di cosa fosse respon­sabile suo figlio, ma so che la scena cui abbiamo assi­stito mi ha riempito di angoscia e ci ha reso an­cora più diso­rientati. Vorrei tanto firmarmi ma ho paura. Le più sentite condo­glianze[1].

Il pestaggio riprende in Questura: si sparge la voce che è stato catturato il killer di “Serpico”, il popolare collega ucciso al “Giulio Cesare”. Il fratello di Ciavar­dini è capitano di polizia e così il branco sfoga la voglia di vendetta su De Angelis, che dei due sembra il capo ed è sicuramente il più “duro”, al punto

da indurre suc­cessivamente la Digos a far fotografare e ripren­dere dalla televisione solo il Ciavardini, mentre solo dopo diverse ore di perma­nenza nei locali della Que­stura il De Angelis veniva trasportato in ospe­dale [2].

La mattina del 5 ottobre Nanni è portato al San Giovanni dove gli sono ricucite una ferita alla nuca e una alla tempia. Nonostante 7 giorni di prognosi e l’evidente stato di stordimento per i postumi del duplice pestaggio

(gli agenti di pubblica sicurezza lo hanno imme­diatamente disar­mato, lo hanno messo per terra e si sono divertiti a pe­stargli il cranio... portato in Questura il De Ange­lis è stato fatto passare tra due file di po­liziotti ai quali è stato detto: ecco il responsabile dell’assassi­nio di Serpico[3])

è trasferito in cella d’isolamento a Rebibbia e non al centro clinico di Regina Co­eli, come prescritto dai medici del pronto soccorso che avevano autorizzato il trasferimento in carcere a questa condizione. La matricola registra l’ingresso alle 14.10, l’agente che distribuisce la cena lo trova impiccato con un lenzuolo alla finestra della cella alle 17.20. La famiglia si impegna in una dura battaglia legale per dimo­strare che Nanni non si è tolto la vita ma che il suicidio è stato simulato per coprire la morte in cella in conseguenza dei colpi alla testa. Le argomen­tazioni tecniche rical­cano quelle ad­dotte dai familiari del colonnello del Sismi Fer­raro, trovato impiccato al portasciugamani del ba­gno di casa nell’estate 1995. Al suicidio, invece, crede Peppe Dimi­tri. Nella prima intervista all’uscita del carcere racconta:

«E’ stato terribile. Ho vis­suto mesi di durissimo isolamento totale. C’è chi ha scelto di uccidersi. Un mio amico, Nanni de Angelis, trascinato nel braccio d’isolamento, dopo essere stato pestato a sangue durante l’arresto, si è impiccato nella cella accanto alla mia»[4].

Di diversa natura è l’omaggio che i camerati hanno riconosciuto a Nanni de Ange­lis, morto con una corda al collo, in una cella d’isolamento di Rebibbia, il giorno dopo la cattura. Non è più tempo di corteo: in due anni e mezzo di sangue, lacrime e merda la poli­tica in piazza, faccia al sole, è finita. Dalla morte di Franco [Anselmi] a quella di Nanni è successo di tutto: gli omicidi dei Nar e la strage di Bologna, la decapi­tazione del vertice e lo sbando di Terza Posizione per il blitz del 23 settembre. Nonostante il clima da scene di caccia in Bassa Baviera decine di camerati var­cano il portoncino del vil­lino dei Parioli, per stringersi intorno alla fa­miglia. Quella casa la conoscono tutti: negli anni del­l’impegno pub­blico ha rappresentato per molti l’occasione di un pasto caldo e di un mate­rasso su cui ri­posare nei ristrettissimi tempi che una militanza forsennata la­sciava alle più strette necessità fisiologiche. Rosa, una pic­cola ed energica na­poletana, quattro figli militanti in Tp (Nazareno “Nanni”, Marcello, Giorgio e Ger­mana, il quinto è un bambino ma ha già preso confidenza con le perquisi­zioni all’alba con i mitra pun­tati), non ha mai sbattuto la porta in faccia a nessuno. Quando qualche mese dopo il Telegiornale annuncia l’ucci­sione di un poliziotto, il piccolo esulta, la madre lo rimprovera: “Pensa alla madre, poverina” e lui, pronto: “Perché, Nanni non ce l’aveva una mamma?”.
A difendere la memoria di Nanni, girando per le redazioni, ci pensa Giorgio [anche lui scomparso prematuramente, in un incidente motociclistico: qui la commosso riflessione di Francesco Mancinelli]: Mar­cello è anch’egli latitante e tocca a lui – un ragazzino robusto e laconico, diciott’anni ma è già un campione di rugby - spiegare a un redattore di Paese Sera che Nanni non era mai stato missino, come aveva frettolosamente scritto il quotidiano, ma un militante antisistema. Il simbolo che gli hanno trovato al collo, pre­cisa, era amerindio: il loro mito. In tempi in cui impera­vano i martelli di Odino, il cugino Lele Macchi, un altro capobanda, aveva scoperto la storia dei pellerossa come arche­tipo di una ci­viltà guerriera e nomade, non materialista né gerarchica e Nanni, caratterialmente irridu­cibile a qualsiasi catena, era stato il primo adepto del nuovo culto. La sua stanza è rimasta tappez­zata dei manifesti di Geronimo e Cavallo Pazzo. Nanni era amatissimo dai camerati, ma an­che da molti ragazzi di sinistra che gli erano amici [tra questi Margherita Bui]. Il ri­tratto collettivo che viene re­sti­tuito dai tanti che l’hanno pianto è quello di una persona buona e gentile: un artista (suoi i primi murales di destra) che non ha mai alzato un dito per teppismo o inutile violenza. Campione di football americano, Nanni non si è mai tirato indietro nel bisogno, anche se alla noia della sezione preferisce il cazzeggio da bar e la cac­cia alle donne.


[1] La lettera anonima è un espresso con timbro postale del 9.10.80.
[2] Michele Marchio In memoria di un camerata innocente che il regime ha fatto giustiziare, dattilo­scritto dell’intervento al Senato nella seduta del 10 febbraio 1981, p.4
[3] idem, p.6
[4] Sandro Provvisionato Profondo cit.

2 commenti:

  1. Il cielo di questa mattina è grigio e piovoso, e non ricordo piu' come fosse trent'anni fa.

    Ricordo solo che in molti uscimmo spezzati da quella maledetta giornata, per quella " calda estate del 1980 " che sembrava non volesse finire.

    Non erano bastate a piegare " il movimento" le retate del 28 agosto e del 23 settembre;
    non erano bastate le calunnie e le insinuazioni degli " istutzionali di destra " sulla responsabilità della strage di bologna , quegli ISTITUZIONALI sempre pronti a pararsi il culo, nei momenti di criticità.

    In molti militanti, fino a quel 5 ottobre c'era ancora la volontà di riprendere la piazza, l'attività, la voglia di RESISTERE .

    Poi la notizia trapelo'dai telegiornali, e come il rintocco di un tamburo, si consumo' tra le Tribu' della capitale, assediate e confuse, preda ormai di una deriva tardo-nichilista ed impolitica, he si stava facendo strada e che avrebbe fagocitato completamente
    i ragazzi della Generazione 78' , i guerreri senza sonno ...

    La morte di Nanni sprofondò tutti nel silenzio e nell'angoscia , cosi' come la morte di Ettore arresto' i cuori di tutta Troia, che chino' gli sguardi rigonfi di pianto dalle mura di Pergamo.

    A Nanni tocco' infine la triste sorte di essere tacciato come l'autore della Strage piu' infame della storia , cosi'come a Giorgio Vale , perchè lo Stato ha tentato di addossare ai morti, piu' volte, la nefandezza e la responsabilità della violenza "subita" ; ed infine pesa su questa vicenda tutta l'irresponsabilità di una società politica assassina ed imelle, nata da una storia senza onore che risale a 65 anni fà, e peggio ancora di una società civile completamente "levantinizzata" assolutamente complice; complice consapevole della Decadenza e del Tradimento.

    Non so'cosa resta dopo trent'anni, in termini di "igiene umano" intendo; direi molto poco, ma perlomeno il ricordo non è spezzato.

    Cosi' resta viva la leggenda di Nanni Uomo Libero, che seppe incarnare nella vita di tutti giorni, un modello semplicemente "umano", di forza e limpidezza, di rettitudine e adamantina purezza ; Lui oggi vive libero nelle sterminate praterie dei Campi Elisi, accanto a Suo/nostro fratello Giorgio, che lo ha raggiunto tragicamente a Marzo di quest'anno.

    ... Il cielo di questa mattina è grigio e piovoso, e non ricordo piu', come fosse trent'anni fa ....

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  2. Sciacalli e Iene non passeranno mai ...

    5 ottobre 1980
    5 ottobre 2015

    Onore a Nanni - Onore a Piccolo Attila - Onore a Terza Posizione

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