Header Ads


Breve storia della Fiamma tricolore-2 /La scissione del Movimento sociale europeo

Da sinistra: Andrea Miglioranzi, l'ex skin eletto consigliere a Verona
nella lista Tosi, Piero Puschiavo e il sindaco di Verona Flavio Tosi

La decisione di Luca Romagnoli di escludere Piero Puschiavo dalla segreteria nazionale, per indebolirne l'immagine in vista della trattativa con Storace per la confluenza nella Destra, mi ha dato il pretesto di riproporre la storia della Fiamma tricolore. Il testo è il capitolo di Naufraghi (Immaginapoli, 2007), scippato dalla Feltrinelli per il booklet di Nazirock. Il tutto è diviso in quattro parti: nella prima ho raccontato dalla rifondazione missina all'espulsione di Tilgher e dei seguaci di Fiore e Morsello, con la nascita nell'autunno 1997 di Fronte nazionale e Forza nuova, qui, nella seconda racconto la scissione che dà vita alla fugace esperienza del Movimento sociale europeo.

L’iniziativa trainante per il movimento, nel 1999, è la promozione, insieme a Lega nord e Forza nuova, di un referendum contro la legge Turco-Napolitano sull’immigrazione, considerata troppo permissiva. In due settimane sono più di 300mila le firme raccolte. Preponderante il peso organizzativo del Caroccio, il maggior numero di adesioni sono nei santuari leghisti: 80mila tra Bergamo, Varese, Treviso e Vicenza. Alle elezioni europee la Fiamma elegge un eurodeputato (con 500mila voti e l’1.6%). Nonostante l’ottimo risultato nel Lazio  (il 2.4%, record nazionale) per pochi decimali il quoziente scatta al Sud e così va a Strasburgo il vicesegretario nazionale, il napoletano Roberto Bigliardo, e non la favoritissima Isabella Rauti, figlia del leader. A consentire l’imprevisto successo, un manifesto elettorale furbesco, in cui il candidato è immortalato a braccio e mano aperta: chi vuole ci può vedere un saluto romano. Il risultato conferma il prevalente insediamento centromeridionale. Il peggiore risultato del Sud (l’1.8% di Calabria e Campania) è superiore al migliore del Nord (l’1.6% del Friuli-Venezia Giulia). Intorno alla postazione di potere europeo, che offre visibilità, risorse finanziarie e logistiche, si aggrega la dissidenza interna. Rauti punta ancora sull’orgoglio di partito: a fine settembre ottiene il sostegno della segreteria e dei coordinatori regionali alla candidatura solitaria nelle elezioni regionali. Dopo l’ultima seduta del comitato centrale che ancora esprime sostegno (a stretta maggioranza) alla sua linea – e solidarietà per le accuse “calunniose” che lo vedono indagato per la strage di Brescia a 25 anni di distanza dai fatti – Rauti prende posizione sulle “perduranti e astiose polemiche interne”: “Non intendo reprimere né il dibattito, né il dissenso e non dimentico che dibattiti e dissensi ne ho suscitati tanti, nel corso della mia lunga vita politica. Ma quello cui stiamo assistendo ad opera di un gruppo ristretto di dirigenti è un impasto inammissibile di insulti, di diffamazioni - anche personali - di accuse inconsulte e calunniose. E tutto ciò va stroncato perché danneggia l’immagine e insidia la capacità operativa del Movimento. Questa vicenda appare tanto più sconcertante - e dunque del tutto “sospetta” - in quanto dopo i favorevoli risultati ottenuti alle Europee, si è avuto un processo accentuato di crescita del Movimento, con numerosissime nuove adesioni. E allora che senso hanno queste polemiche volgari, queste ondate di calunnie, questo voler mostrare in crisi un Movimento che invece cresce nella stima e nella fiducia di tanta gente?”
Il “gruppo ristretto di dirigenti” convoca una seduta alternativa del comitato centrale, il 24 ottobre, abbastanza rappresentativa da destituire Rauti . Il primo convegno organizzato dalla minoranza, a metà novembre, sul tema Quale destra oltre il Polo conferma che il possibile rientro nel gioco politico della Fiamma interessa tanto gli intellettuali di area (l’editore Enzo Cipriano, lo scrittore Enrico Landolfi, Maurizio Messina del Centro Italicum, i giornalisti Gabriele Fergola, Maurizio Cabona, Maria Lina Veca) quanto i partiti del centrodestra (presenti con Antonio Tajani, Giangualberto Niccolini e Sabatino Aracu per Forza Italia, Buontempo per An, Gianfranco Rotondi del Cdu, Alberto Lembo della Lega Nord, Franco Piro per il Nuovo Psi). I dissidenti contestano la scelta di correre da soli alle regionali e chiedono conto dei fondi pubblici, due miliardi e 700 milioni gestiti dal segretario-padrone, e in particolare dei costi di Linea, 180 milioni al mese per diffondere 300 copie al giorno. Rauti, seguendo il rituale delle scissioni gruppuscolari, a sua volta espelle Sabatini, che aveva riunito il Cc nonostante le sue ripetute diffide, e il sindaco di Chieti, Cucculo, che si era distinto negli attacchi personali, mentre l’ “estremo appello” unitario agli altri cade nel vuoto. Il congresso straordinario indetto dai dissidenti – l’unico ordinario si era concluso con un accordo plebiscitario a Chianciano, tre anni prima – sancisce nel gennaio 2000 la scissione.
La scelta di contestare la decisione di Rauti di correre da soli alle regionali affolla il parterre del congresso di fondazione (sono 400 i delegati) con numerosi ambasciatori del Polo, da Rotondi a Tajani. All’assise prendono parte diverse delegazioni straniere. Tra gli altri, eurodeputati francesi e fiamminghi, un greco ma soprattutto Jean Marie Le Pen. Particolarmente qualificata la rappresentanza di Alleanza nazionale, da Storace a Buontempo, da Donato Lamorte a Fabio Sabatini Schiuma, da Remo Cioce al leader sindacale Mauro Nobilia. I principali animatori della fuga dalla Fiamma sono con l’europarlamentare Bigliardo, l’ex deputato missino Clemente Manco, presidente della camera penale di Brindisi, il dirigente culturale Nicola Cospito, il milanese Marco Valle (i due autori delle tesi congressuali) e Cucculo, sindaco di Chieti, sfiduciato dai suoi consiglieri inviperiti per la sua nuova linea politica. Tra i protagonisti del congresso c’è anche la redazione di Rinascita, con Ugo Gaudenzi e Paolo Emiliani, usciti con il Fronte nazionale ma già distaccatisi da Tilgher. La spaccatura si consuma fra gli insulti. Bigliardo parla di Rauti come di “un uomo frastornato che non capisce la nuova realtà”. Su Orientamenti Cospito gli scarica addosso tutte le responsabilità:  “Tra le cause che hanno tarpato le ali al movimento che pure all’indomani del congresso di Fiuggi e della svolta liberista di An sembrava destinato ad imporsi come l’unica forza di opposizione, non si può non rinvenire una gestione eccessivamente verticistica e deludente che soprattutto negli ultimi due anni ha sembrato trasformare il Msft nel partito personale di Pino Rauti (…) E questo spiega come mai, nonostante l’enorme spazio politico disponibile anche in seguito alla crisi interna di An, la nave della Fiamma – per usare un’espressione cara a Rauti - non sia ancora riuscita ad uscire dalla bottiglia. Certo, in occasione delle recenti elezioni europee il partito è cresciuto, passando dallo 0,9% della media nazionale a l’1,6 abbondante, ma l’obiettivo di portare a Strasburgo qualcosa di più di un unico deputato, non è stato raggiunto. E non a caso il seggio della Fiamma è stato conquistato non al Centro ma al Sud. Qui infatti la propaganda del partito è risultata più politica e intelligente perché ha saputo fare leva, anche nelle parole d’ordine, sui sentimenti di rabbia e di orgoglio delle genti meridionali tradite dal sistema. Tema questo di grande impatto ed efficacia. Al Centro invece il risultato è mancato per soli 28.000 suffragi che non sono arrivati anche a causa degli errori e delle manchevolezze di chi ha gestito il partito in prima persona. L’imposizione del capolistato di Isabella Rauti ad esempio, non giustificato in alcun modo dal suo essere la responsabile del settore femminile, settore, tra l’altro esistente unicamente sulla carta, ha accentuato all’esterno, ma soprattutto nel nostro elettorato potenziale, l’impressione del partito a conduzione familiare, più orientato a sistemare qualcuno, che a battersi per un obiettivo politico”.
(2-continua)

Nessun commento:

Powered by Blogger.