Breve storia della Fiamma/ 3: La stagione movimentista
Piero Puschiavo durante un comizio |
La decisione di Luca Romagnoli di escludere Piero Puschiavo dalla segreteria nazionale, per indebolirne l'immagine in vista della trattativa con Storace per la confluenza nella Destra, mi ha dato il pretesto di riproporre la storia della Fiamma tricolore. Il testo è il capitolo di Naufraghi (Immaginapoli, 2007), scippato dalla Feltrinelli per il booklet di Nazirock. Il tutto è diviso in quattro parti: nella prima ho raccontato dalla rifondazione missina all'espulsione di Tilgher e dei seguaci di Fiore e Morsello, con la nascita nell'autunno 1997 di Fronte nazionale e Forza nuova, nella seconda racconto la scissione che dà vita alla fugace esperienza del Movimento sociale europeo. Qui, nella terza, ricostruisco l'inversione di tendenza della prima metà del decennio.
Segretario del Movimento sociale europeo è nominato Roberto Bigliardo [prematuramente scomparso], presidente Clemente Manco. La sede nazionale è fissata presso gli uffici romani del Parlamento europeo. Il nuovo comitato centrale, presieduto da Romolo Sabatini, è composto da 60 membri. Tra i provvedimenti spicca l’abolizione del coordinamento femminile (retto nella Fiamma da Isabella Rauti), la destinazione del 70% del finanziamento pubblico alle federazioni e l’elezione dei coordinatori regionali da parte delle strutture territoriali, due segnali forti contro le tendenze accentratrici di Rauti. Il movimento ha però vita breve perché nell’arco di pochi mesi, dopo un irrilevante sostegno alle liste del centrodestra alle elezioni regionali, Bigliardo rientra in Alleanza nazionale determinando la disgregazione del gruppo, favorita anche dalla perdita della battaglia per il controllo del simbolo.
In questa fase nel Msft acquista peso un giovane professore universitario di geografia, Luca Romagnoli: secondo alcuni il suo principale titolo è di essere il nuovo compagno di Isabella Rauti. Dimostrerà poi di non essere privo di talento. Ad ogni buon conto Rauti blinda la nuova segreteria politica affidandogli il coordinamento regionale del Lazio e lo strategico ufficio tesseramento (nonostante le scissioni a catena sono 15mila gli iscritti dichiarati), mentre l’organizzazione tocca al fedelissimo Giangastone Romani, uno dei pochi ordinovisti storici rimasti al suo fianco, e la cultura a Giuseppe Incardona. Li affiancano, tra gli altri Isabella Rauti, Marcantonio Bezicheri e Stelvio Dal Piaz. Tra i quadri storici mantengono incarichi nazionali Diego Balistreri (Territorio e Ambiente), Alberto Rossi (Promozione di “Linea”), Ulrico Roberto (Ispezioni e Quadri), Giancarlo Cartocci (Rapporti Stampa). Sono 21 le federazioni provinciali commissariate.
Il riavvicinamento al Fn di Tilgher, con un parziale accordo elettorale alle regionali del 2000 e poi un impegno alla fusione preso a ottobre al secondo congresso di Chianciano (e disatteso) è l’ennesimo giro di valzer che Rauti si gioca per mantenere il controllo del partito. Gli accordi locali per il sostegno della Fiamma assicurano alla Casa delle Libertà la vittoria di misura in due regioni, Abruzzo e Calabria (in Campania e Basilicata è troppo netto il vantaggio dell’Ulivo), concorrendo così alle dimissioni del premier Massimo D’Alema, che accelerano la crisi del centrosinistra. La successiva decisione nella primavera 2001 di puntare sull’alleanza elettorale con Berlusconi porta a un’ulteriore scrematura, con le dimissioni del presidente onorario Manlio Sargenti, “ultimo rappresentante vivente dell'organismo statuale della Repubblica Sociale Italiana” e del presidente del comitato centrale Stelvio Dal Piaz, che motiva così la rottura: “L’ipotesi da qualcuno ventilata di contribuire, sia pure con motivazioni tattiche dovute alle inique e penalizzanti regole elettorali, al successo dello schieramento di centrodestra, farebbe ricadere anche su tutta la nostra “area” una responsabilità storica e politica che annullerebbe di colpo la validità della nostra stessa esistenza e sopravvivenza organizzativa. La polarizzazione degli schieramenti noi la dobbiamo viceversa individuare ed interpretare tra il “partito americano” (che va trasversalmente dai comunisti ad Alleanza nazionale) e i movimenti antagonisti e alternativi nazionalpopolari”.
Con Dal Piaz esce – per aderire al processo costituente che ruota intorno al Fronte nazionale - il nutrito gruppo di militanti aretini che fa capo a Maurizio Canosci e all’associazione Carpe Diem:
“Non intendiamo più entrare nel merito delle scelte di Rauti e della dirigenza che l’ha seguito nella folle corsa all’eutanasia del Movimento sociale: tutto quello che c'era da scrivere e dire prima che la realtà amara si delineasse noi l’avevamo scritto e detto. Da questo momento in avanti dunque la Fiamma tricolore nelle persone di Rauti e dei dirigenti corresponsabili sono da trattarsi come nemici così come iniziammo a trattare, nella nostra lotta politica giornaliera, da nemici gli anali di Fini dopo Fiuggi nel 1995” .
La desistenza assicurerà un collegio senatoriale in Sicilia e il finanziamento pubblico al partito ma il risultato nazionale è inquietante: solo l’1% dei voti al Senato (mentre Fronte e Forza nuova raggiungono separati un irrisorio 0.4%).
Nel congresso del 2002 Rauti passa il testimone al genero, Luca Romagnoli, che dopo la rottura personale con Isabella (che torna con il marito) si autonomizza e rivela insospettate qualità politiche. Poiché è oramai evidente che lo scontro nell’area è su chi avrà la capacità di determinare e gestire quel processo di riaggregazione che tutti mettono al primo posto dell’agenda politica, il nuovo leader si trova uno sponsor prestigioso: quel Le Pen che ha appena umiliato la sinistra francese escludendola dal ballottaggio presidenziale. Il leader del Front national impone due discriminanti personali che tagliano fuori i principali “avversari” di Romagnoli: Rauti e Tilgher. Quei due – che in precedenti occasioni si sono rivelati inaffidabili – non possono partecipare alla costituzione di un “cartello elettorale europeo” comune di “tutte le forze nazional-popolari”. L’appello, preparato in un incontro tra Le Pen e Romagnoli a Nizza in occasione del congresso del Front National, nell’aprile 2003, è pubblicato a fine luglio da Linea e fa vibrare le corde dei temi cari ai settori più antagonisti della destra radicale, in una sapiente miscela di antiamericanismo, populismo e socialismo nazionale, in antitesi “ai due blocchi di destra e di sinistra che accettano di governare il nostro paese per conto terzi, al servizio dei poteri forti che gestiscono la globalizzazione mondialista senza alcun rispetto per i Popoli, né per le leggi che dovrebbero governare la convivenza internazionale”.
Garante del comitato promotore è un prestigioso intellettuale d’area, Alberto B. Mariantoni. Il primo incontro pubblico è fissato in un’altra sede “aperta”, l’Università d’Estate, promossa in una cascina del Lodigiano da Murelli, Adinolfi e Graziani jr. Il 12 settembre, Romagnoli e Bruno Gollnisch si incontrano a Piacenza e inaugurano insieme l’Ude. Il giorno dopo si svolge la terza riunione del comitato promotore del cartello elettorale.
L’irruzione a novembre di Alessandra Mussolini sulla scena movimenta i giochi. Romagnoli scavalcando il comitato unitario a cui avevano aderito piccoli gruppi e personalità autorevoli dell’area chiude l’accordo con la “nipote”, Tilgher e Fiore, ma mette le mani avanti: lista unitaria per le Europee ma in sede locale restano validi gli accordi presi. Sarà questo il pretesto per la rottura. A chi gli contesta la difficoltà di una campagna elettorale con una duplice collocazione di schieramento, Romagnoli replica piccato: “Io ho un partito a cui rendere conto, non sono un ras”. Già da settembre, infatti, Rauti e i suoi fedelissimi, il campano Bruno, il pugliese Incardona organizzano un giro nelle federazioni lombarde, interessate agli accordi con il Polo, e suscitano una levata di scudi contro il progetto unitario. Ai primi di febbraio, incassato il sì del comitato centrale alla lista unitaria Romagnoli va allo scontro finale. Invocando l’impropria gestione del finanziamento pubblico e il controllo familistico sulla società editrice di Linea espelle Rauti che con poche centinaia di fedelissimi dà vita al Movimento Italia Sociale. Il suo Mis si posiziona esplicitamente nella Casa delle libertà, caratterizzandosi nella sigla e nel simbolo scelto come operazione di disturbo contro la Fiamma. Ciò nonostante il cartello unitario abortisce: adducendo il pretesto degli accordi locali con il Polo, Romagnoli viene escluso. Invertendo una tendenza pluriennale alla diaspora ora il partito diventa attrattivo. Aderiscono alla Fiamma, Base autonoma, gli ex di Mp transitati in Forza nuova , che portano in dote il “santuario” di Acca Larentia, e il leader del Veneto fronte skinhead Piero Puschiavo. Comunque, grazie alla precedente elezione di Bigliardo, la Fiamma evita le forche della raccolta delle firme e un omeopatico 0.7% basta a mandare Luca Romagnoli a Strasburgo.
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