Brescia, i consulenti smantellano la credibilità di Digilio
Il pentito Carlo Digilio lavorava molto di fantasia e comunque non era in grado di testimoniare. I periti messi in campo da Zorzi al processo per la strage di Brescia, prestigiosi docenti universitari, hanno smantellato la credibilità dell'agente doppio amerikano-ordinovista, unico condannato (prescritto) per la strage di piazza Fontana.
A esplodere nel cestino di piazza Loggia è stato Tnt, trinitrotoluene e non dinamite o gelignite, come sostenuto dall'accusa sulla base della testimonianza di Digilio. Occorre ricordare che se su un tema così importante si lavora sulle narrazioni dei testimoni è perché il giorno stesso della strage la piazza fu lavata con gli idranti rimuovendo ogni traccia d'esplosivo. Il consulente difensivo Paolo Berry, docente all'Università di Bologna, concorda con i periti della Corte ne è arcisicuro: «L'affumicatura alta un metro e trentadue rimasta sulla colonna della piazza è il segno inequivocabile che si è trattato di un esplosivo a bilancio di ossigeno negativo. E quindi tnt, tritolo e non dinamite. Gelignite e dinamite non avrebbero potuto lasciare la traccia di affumicatura perchè sono esplosivi a bilancio d'ossigeno positivo».
L'ingegnere minerario ha saputo anche giustificare la più evidente contraddizione tra la sua tesi, che sostanzilmente sposa quella dei periti del tribunale, e il colore del fumo descritto dai testimoni. Il tritolo sprigiona fumo nero, ma tutti, tranne uno, hanno visto un fumo di vari toni, ma tutti chiari: «Il fumo grigio-biancastro che è stato visto in piazza della Loggia dopo l'esplosione è portatore del particolato della colonna». Per il consulente in sostanza la fumata nera del tritolo è stata schiarita dalla polvere di marmo della colonna.
Per Berry sono poco credibili altri particolari del racconto di Digilio: la descrizione della bomba, il suo intervento per sistemare il congegno a tempo e scongiurare il rischio che Marcello Soffiati rischiasse di saltare in aria nel trasporto da Mestre a Milano con la sua valigetta 24 ore: «Digilio appare come una persona che non sa quello che dice. Ho l'impressione che lavorasse molto di fantasia. Sia timer che detonatori elettrici erano in uso, sperimentare una cosa così [una sveglia per innescare il detonatore] non ha molto senso»
Invece per i due consulenti medico-legali della difesa Zorzi, Claudio De Bertolini e Paolo Moreni, Digilio, a causa delle condizioni di salute, peggiorate dall'ictus «non era assolutamente in grado di testimoniare».
fonte: Bresciaoggi
A esplodere nel cestino di piazza Loggia è stato Tnt, trinitrotoluene e non dinamite o gelignite, come sostenuto dall'accusa sulla base della testimonianza di Digilio. Occorre ricordare che se su un tema così importante si lavora sulle narrazioni dei testimoni è perché il giorno stesso della strage la piazza fu lavata con gli idranti rimuovendo ogni traccia d'esplosivo. Il consulente difensivo Paolo Berry, docente all'Università di Bologna, concorda con i periti della Corte ne è arcisicuro: «L'affumicatura alta un metro e trentadue rimasta sulla colonna della piazza è il segno inequivocabile che si è trattato di un esplosivo a bilancio di ossigeno negativo. E quindi tnt, tritolo e non dinamite. Gelignite e dinamite non avrebbero potuto lasciare la traccia di affumicatura perchè sono esplosivi a bilancio d'ossigeno positivo».
L'ingegnere minerario ha saputo anche giustificare la più evidente contraddizione tra la sua tesi, che sostanzilmente sposa quella dei periti del tribunale, e il colore del fumo descritto dai testimoni. Il tritolo sprigiona fumo nero, ma tutti, tranne uno, hanno visto un fumo di vari toni, ma tutti chiari: «Il fumo grigio-biancastro che è stato visto in piazza della Loggia dopo l'esplosione è portatore del particolato della colonna». Per il consulente in sostanza la fumata nera del tritolo è stata schiarita dalla polvere di marmo della colonna.
Per Berry sono poco credibili altri particolari del racconto di Digilio: la descrizione della bomba, il suo intervento per sistemare il congegno a tempo e scongiurare il rischio che Marcello Soffiati rischiasse di saltare in aria nel trasporto da Mestre a Milano con la sua valigetta 24 ore: «Digilio appare come una persona che non sa quello che dice. Ho l'impressione che lavorasse molto di fantasia. Sia timer che detonatori elettrici erano in uso, sperimentare una cosa così [una sveglia per innescare il detonatore] non ha molto senso»
Invece per i due consulenti medico-legali della difesa Zorzi, Claudio De Bertolini e Paolo Moreni, Digilio, a causa delle condizioni di salute, peggiorate dall'ictus «non era assolutamente in grado di testimoniare».
fonte: Bresciaoggi
Digilio mi sembra non sia stato ammesso come teste credibile (per via dell'ictus) nemmeno al processo per la strage di bologna riguardo all'alibi di Francesca e Valerio che quel 2 agosto erano a Padova perchè Cavallini aveva appuntamento proprio con Digilio...
RispondiEliminaMassimo.