9 settembre 1980: i fratelli Fioravanti uccidono Mangiameli/1
La mattina del 9 settembre 1980 il gruppo di fuoco dei Nar che fa capo a Valerio Fioravanti attira in trappola e uccide a tradimento Ciccio Mangiameli, il leader siciliano di Terza posizione proiettato ai vertici del gruppo dal blitz del 28 agosto che aveva spinto in clandestinità Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi. Poiché Mangiameli aveva ospitato a Palermo, fino alla vigilia del 2 agosto, la coppia Fioravanti-Mambro con cui collaborava al progetto di evasione di Pierluigi Concutelli, l'episodio è stato al centro del processo per la strage di Bologna ma anche usato dai calunniatori per avallare la responsabilità di Fioravanti e Gilberto Cavallini nell'omicidio di Piersanti Mattarella, il leader della Dc siciliana, giustiziato da un commando corleonese nel gennaio 1980. Io ne ho parlato in tutti i miei libri. Questo è il paragrafo scritto per la prima edizione di Fascisteria (Castelvecchi 2001) nel capitolo dedicato alla figura di Valerio Fioravanti
Ai limiti dell’autolesionismo – è il comportamento [di Valerio Fioravanti] con Mangiameli, un omicidio che corona il disegno lucidamente perseguito di resa dei conti finale col gruppo dirigente di TP. Le risibili e contraddittorie motivazioni offerte in successione (un ammanco di cassa, un comportamento pavido in azione, uno stile di lavoro non preciso, gli apprezzamenti razzisti verso Vale) finiranno per legittimare, dapprima nell’ambiente e poi nella testa dei magistrati, il sospetto di chissà quale sozzeria da seppellire a ogni costo.
I giudici, inoltre, giocano pesante, “ricamando” sulle preoccupazioni manifestate da Mangiameli dopo che un’intervista di Amos Spiazzi all’Espresso aveva sottolineato il ruolo di un certo “Ciccio” nel processo di riaggregazione dei Nar. La velina dei servizi segreti costruita sulle dichiarazioni di Spiazzi descrive un “Ciccio” che non ha niente in comune con Mangiameli: “un “romanaccio” tarchiato, alto circa mt. 1,75, corporatura robusta, capelli neri e lunghi tirati all’indietro, volto rasato, età apparente anni 40–45, il quale è facilmente riconoscibile sia perché ha una voce cavernosa, sia per la forte sudorazione di cui soffre”. Anche il profilo socio–politico–culturale (appartenenza alla malavita politica di estrema destra di Roma, scarsa preparazione politica, disponibilità di ingenti mezzi finanziari forniti da Delle Chiaie) non ha riscontri.
Qualche investigatore si prende la briga di controllare i ventinove fascisti romani di nome Francesco e arriva alla conclusione che nessuno corrisponde alla descrizione dalla fonte (senza pensare che a Roma “Ciccio” è chiamato qualsiasi “grassone”). Un altro mistero: perché Mangiameli si sente “inchiodato” dall’“infamata” di Spiazzi? Forse perché TP si sentiva già nel mirino dei servizi segreti dopo che un giornalista notoriamente collegato al Sid, l’ex avanguardista Guido Paglia, aveva attribuito la responsabilità della strage a un fantomatico Terzo potere? Certo è che la “velina” del Sisde ricicla notizie di quarta mano provenienti dall’ambiente dei Nar di Fioravanti che nel passare di orecchio in orecchio si sono fortemente deformate.
È il caso della presunta riunione svolta a Milano in un albergo e presieduta da un ex mazziere sambabilino, passato nei ranghi della malavita, Rodolfo “mammarosa” Crovace. I partecipanti sono così descritti: due romani del gruppo di Ciccio, un veronese di nome Valerio, alcuni elementi della malavita milanese, alcuni giovani toscani (tra cui Tomei) collegati a un neonazista di Perugia, tale Lucidi. All’epoca sono due i militanti romani di TP (il gruppo controllato da “Ciccio”) attivi nella “banda Fioravanti”, Giorgio Vale e Luigi Ciavardini; Fioravanti nella primavera ‘80 ha avuto frequenti contatti con la rete veneta di CLA; la banda ha effettivamente rapporti con la malavita milanese (scambio di “basi” e supporto logistico).
È il caso della presunta riunione svolta a Milano in un albergo e presieduta da un ex mazziere sambabilino, passato nei ranghi della malavita, Rodolfo “mammarosa” Crovace. I partecipanti sono così descritti: due romani del gruppo di Ciccio, un veronese di nome Valerio, alcuni elementi della malavita milanese, alcuni giovani toscani (tra cui Tomei) collegati a un neonazista di Perugia, tale Lucidi. All’epoca sono due i militanti romani di TP (il gruppo controllato da “Ciccio”) attivi nella “banda Fioravanti”, Giorgio Vale e Luigi Ciavardini; Fioravanti nella primavera ‘80 ha avuto frequenti contatti con la rete veneta di CLA; la banda ha effettivamente rapporti con la malavita milanese (scambio di “basi” e supporto logistico).
Il riferimento più criptico è al nucleo toscano–perugino: forse si allude a Mario Rossi, un nuovo affiliato della banda, già militante dei GAO di Concutelli, che avevano un forte nucleo perugino. Nella riunione sarebbe stata annunciata l’intenzione dei romani di uccidere un altro magistrato (e infatti nell’estate ‘80 sull’asse Roma–Veneto sarebbe stata progettata l’esecuzione del giudice Stitz). Valerio comunque tenterà di giustificarsi al processo: lui era disposto anche a sentire le ragioni di Mangiameli ma il protagonismo di Cristiano – che ha cominciato a sparare – ha fatto precipitare la situazione. Lo smentiranno diversi militanti di TP.
Nella settimana precedente il delitto Vale si era affannato a mettere tutti in guardia: non fate incontrare Ciccio con Valerio, lo vuole ammazzare. Nessuno aveva preso sul serio la sua determinazione omicida. Per premiarlo del suo impegno pacificatore Valerio, dopo aver sparato su Ciccio, allunga l’arma a Vale per coinvolgerlo direttamente nell’omicidio...
(1-continua)
Nella settimana precedente il delitto Vale si era affannato a mettere tutti in guardia: non fate incontrare Ciccio con Valerio, lo vuole ammazzare. Nessuno aveva preso sul serio la sua determinazione omicida. Per premiarlo del suo impegno pacificatore Valerio, dopo aver sparato su Ciccio, allunga l’arma a Vale per coinvolgerlo direttamente nell’omicidio...
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