Una sporca trama contro Delle Chiaie e i suoi uomini - 2: Maurizio Bragaglia
Le trame si scoprono a posteriori, riannodando i fili spezzati, cogliendo le coincidenze significative, connettendo tracce. Così è stato per la "caccia grossa" contro Delle Chiaie e i suoi uomini che si scatena dalla primavera all'autunno 1982 e lascia sul terreno due morti (Palladino e Pagliai) e due sopravvissuti (Delle Chiaie e Giorgi). E' opportuna una precisazione: Concutelli decide di uccidere Palladino in piena autonomia, nel quadro e nel clima da me ricostruito in un altro post ma la decisione di chi lo ha mandato, contro ogni buon senso, in quel carcere può essere ricondotta a un disegno oscuro, una trama grigia, appunto. Ma in realtà c'è un altro "uomo di Delle Chiaie" che scampa la morte per puro caso. E' Maurizio Bragaglia: il suo nome figura in una velina dei servizi come fiduciario del "Caccola" per il Centro-Sud. E' il primo pezzo di quella che passerà alla storia come il maggiore depistaggio sulla strage di Bologna, per cui saranno condannati Gelli e i vertici del Supersismi. Ecco la storia per come l'ho raccontata in Guerrieri (Immaginapoli, 2007):
Il giorno dopo [il 7 gennaio 1981, ndb] scampa la morte, sotto casa, Maurizio Bragaglia, il secondo di tre fratelli, tutti militanti neofascisti. Maurizio è indicato, in una velina del Sismi, come il respon sabile meridio nale della banda armata di Delle Chiaie e dei rapporti tra Tp e i gruppi stranieri autori della strage di Bolo gna, la pista internazionale che Gelli e i vertici inquinati dei servizi segreti vogliono accreditare a tutti i costi. Poli ziotti in bor ghese lo attendono sotto casa per arrestarlo. Sopraggiunge una Renault 5 si mile alla sua. Gli agenti aprono il fuoco senza inti mare l’alt: la donna al volante, Laura Rendina, muore sul colpo. Il rapporto parlerà di uno scambio di per sona avvenuto nel buio. Ma perché la polizia ha sparato per uccidere se l’ordine era di arre stare Bragaglia? L’incidente non blocca il più clamoroso tentativo di depistaggio sul massacro della stazione.
Il 9 gennaio, a Fiumicino, poco prima di imbarcarsi per incontrare a Parigi il responsabile dello Sdece (il servizio segreto d’Oltrealpe) Alexander De Marenches, il direttore del Sismi, Giuseppe Santovito, il suo consigliere particolare Francesco Pazienza e il consulente americano Mike Leeden consegnano al generale Pasquale Notarnicola, responsabile della Sicurezza interna nel servizio segreto militare, un appunto sugli attentati ai treni che si accingevano a compiere gruppi legati a Freda, Ventura e Delle Chiaie in concorso con francesi del Fane e neonazisti tedeschi. Il giorno dopo il Viminale dirama a tutte le questure e agli uffici della Polfer la notizia che una "unità operativa" neofascista si accinge a trasportare esplosivo da usare contro tronchi e convogli ferroviari. Il 12 il colonnello Pietro Musumeci, numero 2 del Sismi, trasmette un’informativa nella quale specifica che a compiere i preannunciati attentati sarebbero stati, fra gli altri, Raphael Legrand e Martin Dimitris, che avrebbero trasportato l’esplosivo e si sarebbero incontrati ad Ancona con i complici.
A Roma, il vicequestore Francesco Pompò, dirigente del I distretto, redige un rapporto, ispirato da Pazienza, su trafficanti di armi e di droga che si apprestano a compiere attentati in Italia. Il 13 soltanto alla seconda segnalazione è ritrovata nella stazione di Bologna, in una carrozza dell’espresso 514 Taranto-Milano, una valigia contenente un mitra MAB con matricola abrasa e calcio rifatto artigianalmente, due caricatori, un canne mozze, 8 lattine riempite ciascuna con 6/7 etti di esplosivo innescato con capsule detonanti in alluminio e micce a lenta combustione; due passamontagna blu; copie di quotidiani francesi del 10/11 gennaio e di un quotidiano tedesco del 9 gennaio 1981; 2 biglietti Alitalia il primo intestato a Dimitris Martin valido per il volo Milano-Monaco delle 20 del 13 gennaio, il secondo a Legrand Raphael valido per il Milano-Parigi delle 18,15 dello stesso giorno, entrambi rilasciati il 12 dalla agenzia Morfini di Bari. La valigia, scoprirà il giudice Sica, è stata messa dagli stessi vertici dei servizi segreti che hanno pilotato il ritrovamento. A destare i sospetti degli investigatori la dovizia di particolari nelle segnalazioni, evidente indizio del fatto che la “gola profonda” era tra gli organizzatori della spedizione.
La cosiddetta operazione “terrore dei treni”- per la quale sono stati condan nati Licio Gelli, i componenti del vertice “deviato” del Si smi e il grande faccendiere Francesco Pazienza - presenta almeno due aspetti oscuri. Al ritrovamento della valigia gli 007 proclamano che l’e splosivo trasportato è lo stesso usato a Bologna, circostanza che la perizia accerterà solo a fine anno. Il con tatto tra il colonnello Belmonte e l’ex sottufficiale del Sismi di Ta ranto che avrebbe dovuto “coprire la fonte” della soffiata avviene tra il disastro di Ustica e la strage di Bologna. L’ipotesi avanzata dai sostenitori dell’innocenza di Mambro e Fioravanti (la strage serve ad accreditare la pista di una banda terroristica con base a Bo logna che attenta alla sicurezza dei trasporti per “coprire” il disastro di Ustica) trova ve ro simiglianza in que sti due particolari. Non è invece sostenibile – altra tesi difensiva – che il mitra sia stato scelto per indirizzare le indagini contro i Nar. Il Mab modificato alla “veneta” – per la cui fornitura sarà condannato Massimo Carminati – diventa caratteri stico dei Nar in epoca successiva: l’innovazione è attribuita a Fachini da Aleandri, che è ar restato e comin cia a collaborare nell’au tunno successivo, 10 mesi dopo il depistaggio, mentre il primo Mab modificato è ritrovato nel 1982. In realtà l’autore dell’innovazione è Carlo Digilio, “Zio Otto”, infiltrato della Cia tra gli ordinovisti veneti nella fase preparatoria della strage di piazza Fontana. Per avvalorare la pista di “una strage organizzata dai ragazzini” tentano di incastrare Vale: sa rebbe stato lui ad acquistare i bi glietti per i terro risti stranieri che trasportano armi ed esplo sivo sul treno Lecce-Bologna. Così come viene usato per la lista di imbarco “Bottacin”, il nome a cui era intestato il documento abbandonato da Cavallini nella carrozzeria di Lambrate.
(2-continua)
Il giorno dopo [il 7 gennaio 1981, ndb] scampa la morte, sotto casa, Maurizio Bragaglia, il secondo di tre fratelli, tutti militanti neofascisti. Maurizio è indicato, in una velina del Sismi, come il respon sabile meridio nale della banda armata di Delle Chiaie e dei rapporti tra Tp e i gruppi stranieri autori della strage di Bolo gna, la pista internazionale che Gelli e i vertici inquinati dei servizi segreti vogliono accreditare a tutti i costi. Poli ziotti in bor ghese lo attendono sotto casa per arrestarlo. Sopraggiunge una Renault 5 si mile alla sua. Gli agenti aprono il fuoco senza inti mare l’alt: la donna al volante, Laura Rendina, muore sul colpo. Il rapporto parlerà di uno scambio di per sona avvenuto nel buio. Ma perché la polizia ha sparato per uccidere se l’ordine era di arre stare Bragaglia? L’incidente non blocca il più clamoroso tentativo di depistaggio sul massacro della stazione.
Il 9 gennaio, a Fiumicino, poco prima di imbarcarsi per incontrare a Parigi il responsabile dello Sdece (il servizio segreto d’Oltrealpe) Alexander De Marenches, il direttore del Sismi, Giuseppe Santovito, il suo consigliere particolare Francesco Pazienza e il consulente americano Mike Leeden consegnano al generale Pasquale Notarnicola, responsabile della Sicurezza interna nel servizio segreto militare, un appunto sugli attentati ai treni che si accingevano a compiere gruppi legati a Freda, Ventura e Delle Chiaie in concorso con francesi del Fane e neonazisti tedeschi. Il giorno dopo il Viminale dirama a tutte le questure e agli uffici della Polfer la notizia che una "unità operativa" neofascista si accinge a trasportare esplosivo da usare contro tronchi e convogli ferroviari. Il 12 il colonnello Pietro Musumeci, numero 2 del Sismi, trasmette un’informativa nella quale specifica che a compiere i preannunciati attentati sarebbero stati, fra gli altri, Raphael Legrand e Martin Dimitris, che avrebbero trasportato l’esplosivo e si sarebbero incontrati ad Ancona con i complici.
A Roma, il vicequestore Francesco Pompò, dirigente del I distretto, redige un rapporto, ispirato da Pazienza, su trafficanti di armi e di droga che si apprestano a compiere attentati in Italia. Il 13 soltanto alla seconda segnalazione è ritrovata nella stazione di Bologna, in una carrozza dell’espresso 514 Taranto-Milano, una valigia contenente un mitra MAB con matricola abrasa e calcio rifatto artigianalmente, due caricatori, un canne mozze, 8 lattine riempite ciascuna con 6/7 etti di esplosivo innescato con capsule detonanti in alluminio e micce a lenta combustione; due passamontagna blu; copie di quotidiani francesi del 10/11 gennaio e di un quotidiano tedesco del 9 gennaio 1981; 2 biglietti Alitalia il primo intestato a Dimitris Martin valido per il volo Milano-Monaco delle 20 del 13 gennaio, il secondo a Legrand Raphael valido per il Milano-Parigi delle 18,15 dello stesso giorno, entrambi rilasciati il 12 dalla agenzia Morfini di Bari. La valigia, scoprirà il giudice Sica, è stata messa dagli stessi vertici dei servizi segreti che hanno pilotato il ritrovamento. A destare i sospetti degli investigatori la dovizia di particolari nelle segnalazioni, evidente indizio del fatto che la “gola profonda” era tra gli organizzatori della spedizione.
La cosiddetta operazione “terrore dei treni”- per la quale sono stati condan nati Licio Gelli, i componenti del vertice “deviato” del Si smi e il grande faccendiere Francesco Pazienza - presenta almeno due aspetti oscuri. Al ritrovamento della valigia gli 007 proclamano che l’e splosivo trasportato è lo stesso usato a Bologna, circostanza che la perizia accerterà solo a fine anno. Il con tatto tra il colonnello Belmonte e l’ex sottufficiale del Sismi di Ta ranto che avrebbe dovuto “coprire la fonte” della soffiata avviene tra il disastro di Ustica e la strage di Bologna. L’ipotesi avanzata dai sostenitori dell’innocenza di Mambro e Fioravanti (la strage serve ad accreditare la pista di una banda terroristica con base a Bo logna che attenta alla sicurezza dei trasporti per “coprire” il disastro di Ustica) trova ve ro simiglianza in que sti due particolari. Non è invece sostenibile – altra tesi difensiva – che il mitra sia stato scelto per indirizzare le indagini contro i Nar. Il Mab modificato alla “veneta” – per la cui fornitura sarà condannato Massimo Carminati – diventa caratteri stico dei Nar in epoca successiva: l’innovazione è attribuita a Fachini da Aleandri, che è ar restato e comin cia a collaborare nell’au tunno successivo, 10 mesi dopo il depistaggio, mentre il primo Mab modificato è ritrovato nel 1982. In realtà l’autore dell’innovazione è Carlo Digilio, “Zio Otto”, infiltrato della Cia tra gli ordinovisti veneti nella fase preparatoria della strage di piazza Fontana. Per avvalorare la pista di “una strage organizzata dai ragazzini” tentano di incastrare Vale: sa rebbe stato lui ad acquistare i bi glietti per i terro risti stranieri che trasportano armi ed esplo sivo sul treno Lecce-Bologna. Così come viene usato per la lista di imbarco “Bottacin”, il nome a cui era intestato il documento abbandonato da Cavallini nella carrozzeria di Lambrate.
(2-continua)
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