Merlino: Ventura indirizzò le indagini contro di noi - 2a edizione
Ricevo da un comune amico e volentieri pubblico questa testimonianza di Mario Merlino, l'anarco-fascista che fu suo coimputato e (ora apprendiamo) vittima della sua collaborazione con gli apparati di sicurezza. Una testimonianza preziosa, che trova subito riscontro storico ...
di Mario Michele Merlino
Non ho mai conosciuto Giovanni Ventura. Fra gli anarchici qualcuno parlò di un editore, che aveva stampato l'Unico di Max Stirner. Pessima traduzione. Solo molto dopo si seppe che Flaminio Piccoli aveva messo a disposizione la redazione del quotidiano l'Adige per l'esposizione libraria.
Della sua esistenza appresi dai giornali quando ero già detenuto. A Regina Coeli un detenuto in transito mi disse che Ventura apprezzava la mia linea difensiva, il mio comportamento o qualcosa di simile. Con quale autorità o confidenza mi dava una valutazione di merito? Io portato in carcere e tenuto mesi in isolamento, interrogato dal p.m. Vittorio Occorsio in una stanzetta con una lampada dalla luce giallognola sul tavolo; dallo stesso magistrato lui, accompagnato da Aldo Sandulli, già presidente della Corte costituzionale, definito una brava persona. Mancavano il tè e i biscottini...
Agli atti del processo c'è la testimonianza di un certo Marchesin che riporta come, stando in macchina con Angelo Ventura, fratello di Giovanni, costui mi avrebbe definito un bravo ragazzo. Gli inquisitori di turno si levarono gaudenti perché avevano alfine trovato l'anello di congiunzione tra gli anarchici del 22 marzo e la cellula veneta. Ogni commento si fa superfluo.
Angelo Ventura studiava all'istituto Nazareno di Roma, dove in anni antecedenti avevo terminato il liceo dopo una brevissima frequentazione di un liceo statale (a causa di una rissa il preside aveva invitato mio padre a trasferirmi in altra scuola). Ed anche al Nazareno avevo lasciato una traccia rissosa e polemica...
Aggiungo: le bozze del libro La strage di stato furono trovate nella cassetta di sicurezza della madre di Ventura, grande elemosiniera della Dc. Le bozze si badi bene. In E venne Valle Giulia racconto quanto mi disse Marcello Lelli, ex segretario della Fgci e poi tra i fondatori del Manifesto, cioè aver trovate immesse informazioni sul mio conto non da loro raccolte. sospetti, lo so, ma attendibili su chi si dava da fare per spostare o indirizzare le indagini. E mi dicono che, in tempi non lontani, Ventura abbia ammesso i suoi contatti con i servizi segreti. Alla sua morte qualcuno, di certo in buona fede, l'ha inserito fra i tanti, troppi nostri caduti. Mi sembra francamente un eccesso di buonismo... ecco perchè posso non rallegrarmi della sua fine, di certo però non posso dolermi.
(umt) A confermare la testimonianza di Merlino arriva, sulla mia pagina di Facebook, Giacomo Pacini, il giovane storico che ha lavorato sulle carte (e prodotto un fondamentale volume) degli Affari riservati, che mi scrive:
di Mario Michele Merlino
Non ho mai conosciuto Giovanni Ventura. Fra gli anarchici qualcuno parlò di un editore, che aveva stampato l'Unico di Max Stirner. Pessima traduzione. Solo molto dopo si seppe che Flaminio Piccoli aveva messo a disposizione la redazione del quotidiano l'Adige per l'esposizione libraria.
Della sua esistenza appresi dai giornali quando ero già detenuto. A Regina Coeli un detenuto in transito mi disse che Ventura apprezzava la mia linea difensiva, il mio comportamento o qualcosa di simile. Con quale autorità o confidenza mi dava una valutazione di merito? Io portato in carcere e tenuto mesi in isolamento, interrogato dal p.m. Vittorio Occorsio in una stanzetta con una lampada dalla luce giallognola sul tavolo; dallo stesso magistrato lui, accompagnato da Aldo Sandulli, già presidente della Corte costituzionale, definito una brava persona. Mancavano il tè e i biscottini...
Agli atti del processo c'è la testimonianza di un certo Marchesin che riporta come, stando in macchina con Angelo Ventura, fratello di Giovanni, costui mi avrebbe definito un bravo ragazzo. Gli inquisitori di turno si levarono gaudenti perché avevano alfine trovato l'anello di congiunzione tra gli anarchici del 22 marzo e la cellula veneta. Ogni commento si fa superfluo.
Angelo Ventura studiava all'istituto Nazareno di Roma, dove in anni antecedenti avevo terminato il liceo dopo una brevissima frequentazione di un liceo statale (a causa di una rissa il preside aveva invitato mio padre a trasferirmi in altra scuola). Ed anche al Nazareno avevo lasciato una traccia rissosa e polemica...
Aggiungo: le bozze del libro La strage di stato furono trovate nella cassetta di sicurezza della madre di Ventura, grande elemosiniera della Dc. Le bozze si badi bene. In E venne Valle Giulia racconto quanto mi disse Marcello Lelli, ex segretario della Fgci e poi tra i fondatori del Manifesto, cioè aver trovate immesse informazioni sul mio conto non da loro raccolte. sospetti, lo so, ma attendibili su chi si dava da fare per spostare o indirizzare le indagini. E mi dicono che, in tempi non lontani, Ventura abbia ammesso i suoi contatti con i servizi segreti. Alla sua morte qualcuno, di certo in buona fede, l'ha inserito fra i tanti, troppi nostri caduti. Mi sembra francamente un eccesso di buonismo... ecco perchè posso non rallegrarmi della sua fine, di certo però non posso dolermi.
(umt) A confermare la testimonianza di Merlino arriva, sulla mia pagina di Facebook, Giacomo Pacini, il giovane storico che ha lavorato sulle carte (e prodotto un fondamentale volume) degli Affari riservati, che mi scrive:
In effetti pochi ricordano che, inizialmente, La strage di Stato doveva essere pubblicata dalla Galileo Editrice, il cui proprietario era proprio Ventura e che poi stampò la prima versione di "Pinelli, un omicidio politico".
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