Gli altri-3/ La falsa verità su Bologna data in pasto al Pci 2a edizione
Hanno lavorato per tanti anni a inchieste sul terrorismo e su grandi eventi criminali. Ora ci vengono a dire che la verità sulla strage alla stazione di Bologna bisogna cercarla oltre confine. Per il giudice Carlo Mastelloni, quello che ha portato sul banco degli accusati il Mossad per l'abbattimento dell'aereo dei servizi segreti e voleva arrestare Arafat per i traffici d'armi tra Olp e Br, le stragi di Bologna e di Ustica sono collegate e i Nar hanno agito con compiti di appalto in funzione di interessi Usa: "Non credo a coincidenze - dice - penso a Bologna si sia voluto avvertire qualificati ambienti italiani legati ai libici di finirla di fare i gendarmi occulti di Gheddafi". Il terrorista Carlos già alluse a responsabilità Usa e israeliane. "La pista americana prescinde da Carlos. E poi non siamo sempre stati accusati di essere filolibici?".
Per Rosario Priore, invece, l'intera vicenda della strategia della tensione va letta per quello che è, una guerra mediterranea combattuta sullo scenario italiano. Il suo libro intervista con Giovanni Fasanella, "Intrigo internazionale" sta facendo molto discutere e un'intervista con il giornalista parlamentare conclude appunto il dossier pubblicato dal settimanale "Gli altri" e curato da Andrea Colombo.
Quella falsa verità data in pasto al PCI
Giovanni Fasanella - Andrea Colombo
Come si fa a parlare dello stragismo italiano, delle bombe, degli anni di piombo, continuando a ignorare tutto quello che c'era intorno, il contesto internazionale, gli interessi delle varie potenze, incluse quelle di "medio calibro" che erano in gioco in quegli anni? Da questa domanda e da questo presupposto sono partiti, per scrivere il loro libro, Intrigo internazionale, Rosario Priore, magistrato di lungo corso, già titolare dell'inchiesta su Ustica, e Giovanni Fasanella, uno dei giornalisti italiani che più metodicamente si è occupato di quella fase storica.
Fasanella, come sempre quando si rimette in discussione la verità giudiziaria sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, la reazione dell'Associazione dei parenti delle vittime e dei magistrati bolognesi è stata molto dura...
Sia il magistrato titolare dell'inchiesta che il presidente dell'Associazione ritengono che la verità giudiziaria sia un dogma inattaccabile. Chiunque osi sollevare un dubbio viene immediatamente tacciato di essere un traditore del popolo, senza rispetto per la verità giudiziaria. Un eretico da mettere al rogo. Il problema, però, è che molte cose sono cambiate dall'anno della sentenza definitiva. Disponiamo di molti elementi in più. Molti archivi sono stati aperti. Molti personaggi hanno raccontato il loro frammento di verità. Pur dando per scontato che le sentenze vanno rispettate, gli elementi che abbiamo oggi in mano ci inducono a pensare che tutta quella chiave di lettura, al di là delle responsabilità dei singoli individui, è stata in qualche modo un teorema.
E quali sono le falle di quel teorema?
Non tiene conto del contesto internazionale. Si adagia su uno schemino che i sevizi, interessati a non far capire il quadro reale, hanno dato in pasto come un osso all'opposizione, confermando tutto quel che i comunisti avevano detto sulle stragi da piazza Fontana in poi. Gli hanno dato in pasto questo osso, e il Pci si è adagiato. Ma questa verità appare oggi molto fragile e viene messa in discussione da più parti, non solo dalla destra ma da chiunque ragioni con la propria testa. Nessuno chiede la riapertura delle indagini, anche se alcune indagini sono pur state riaperte, ma abbiamo il dovere, l'obbligo morale di approfondire, di cercare la verità. Non una verità che accontenti qualcuno ma la verità.
Puoi specificare meglio a quale contesto internazionale fate riferimento?
Quello internazionale è appunto il contesto che è sempre stato escluso dalle ricostruzioni sia storiche che giudiziarie che giornalistiche.. Che la violenza politica e il terrorismo, sia di destra che di sinistra, abbiano. una radice interna profonda è incontestabile. Però col solo contesto interno non si spiega tutto. Il quadro è estremamente complesso: la realtà interna ha interagito con un contesto internazionale nel quale c'erano più giocatori, ciascuno con un proprio specifico interesse a soffiare sul fuoco delle nostre tensioni interne. Questo contesto abbiamo ricostruito in intrigo internazionale, con particolare attenzione al ruolo delle piccole e medie potenze, come la Francia, l'Inghilterra, la Rdt, la Cecoslovacchia. Ciascuna di queste piccole o medie potenze perseguiva un proprio interesse.
E la strage come si colloca in questo contesto internazionale conflittuale?
Direi che si colloca nel quadro del conflitto mediterraneo tra l'Italia da un lato, la Francia e l'Inghilterra dall'altro. Ma tocca anche il conflitto ìsraelo-palestinese. L'Italia aveva fatto con i palestinesi un patto inconfessabile, il lodo Moro, che lasciava ai palestinesi ampia libertà operativa nel nostro paese purché non compissero attentati in Italia. Dopo l'assassinio del protagonista di questo patto, molte cose cambiano; molti equilibri saltano. E tentano di far fuori Gheddafi, perché Ustica questo è: un tentativo di uccidere Gheddafi, e Bologna si collega in qualche modo a Ustica.
Sono però due contesti diversi, uno riguarda il confitto tra potenze europee, a la tentata uccisione di Gheddafi e Ustica, l'altro riguarda invece il conflitto israelo-palestinese e il e patto tra Moro e Olp. In quale delle due cornici va a inquadrata la strage di Bologna?
Io e Priore abbiamo pareri diversi. Io ritengo che Bologna sia una ritorsione per aver salvato Gheddafi. Priore pensa invece all'ala più radicale dei palestinesi, il che non esclude l'appoggio di manovalanza italiana. In entrambi i casi, comunque, il contesto è quello dei conflitti nell'area mediterranea.
Le condanne ai danni dei vertici dei servizi per il depistaggio su Bologna, sono state considerate sempre un indizio della responsabilità diretta degli stessi servizi nella strage. Il che smentirebbe il quadro internazionale...
I depistaggi non comportano necessariamente una responsabilità diretta. Il depistaggio viene messo in atto per coprire verità che non si possono dire. Per quanto riguarda Bologna non si poteva confessare quell'accordo particolare con ì palestinesi e per Ustica non potevamo certo dire di aver spifferato a Gheddafi quali erano i corridoi aerei privi della copertura radar Nato. Gli avevano detto che poteva adoperare quei corridoi perché lì i radar non arrivavano. E cosa avremmo fatto se i magistrati avessero accertato che erano stati i francesi, un paese amico, ad abbattere il DC9? Come avremmo potuto non reagire? La mia sensazione è che per questo sia stata costruita una verità giudiziaria che accontentava tutti: confermava le tesi del Pci sulla matrice fascista dello stragismo e allo stesso tempo copriva una verità non rivelabile.
Da Bologna, l'ex pm Claudio Nunziata nega però ogni valore a queste ipotesi...
Quando vedo magistrati come Armando Spataro, che scrivono libri di 600 pagine per dire non c'è più niente da sapere, mi chiedo: "ma allora che scrivono a fare?". E quando Nunziata accusa Priore di affermare la stessa verità di Valerio Fioravanti, non posso non pensare che anche i magistrati dovrebbero avere la stessa onestà intellettuale e umiltà di Priore. Priore che parte dal riconoscere i limiti delle verità giudiziarie, incluse quelle raggiunte da lui. Dice: "Siamo arrivati solo sino a certo punto", e prova a spiegare perché non si è mai arrivati oltre. E risponde che è stato perché le inchieste erano condizionate da teoremi e chiavi di lettura ideologiche, oppure perché le ragioni della verità erano in contrasto con la ragion di stato. In Italia esiste da sempre questo eterno confitto eterno tra le ragioni della giustizia e della legalità e quelle dell'interesse di Stato.
Per Rosario Priore, invece, l'intera vicenda della strategia della tensione va letta per quello che è, una guerra mediterranea combattuta sullo scenario italiano. Il suo libro intervista con Giovanni Fasanella, "Intrigo internazionale" sta facendo molto discutere e un'intervista con il giornalista parlamentare conclude appunto il dossier pubblicato dal settimanale "Gli altri" e curato da Andrea Colombo.
Quella falsa verità data in pasto al PCI
Giovanni Fasanella - Andrea Colombo
Come si fa a parlare dello stragismo italiano, delle bombe, degli anni di piombo, continuando a ignorare tutto quello che c'era intorno, il contesto internazionale, gli interessi delle varie potenze, incluse quelle di "medio calibro" che erano in gioco in quegli anni? Da questa domanda e da questo presupposto sono partiti, per scrivere il loro libro, Intrigo internazionale, Rosario Priore, magistrato di lungo corso, già titolare dell'inchiesta su Ustica, e Giovanni Fasanella, uno dei giornalisti italiani che più metodicamente si è occupato di quella fase storica.
Fasanella, come sempre quando si rimette in discussione la verità giudiziaria sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, la reazione dell'Associazione dei parenti delle vittime e dei magistrati bolognesi è stata molto dura...
Sia il magistrato titolare dell'inchiesta che il presidente dell'Associazione ritengono che la verità giudiziaria sia un dogma inattaccabile. Chiunque osi sollevare un dubbio viene immediatamente tacciato di essere un traditore del popolo, senza rispetto per la verità giudiziaria. Un eretico da mettere al rogo. Il problema, però, è che molte cose sono cambiate dall'anno della sentenza definitiva. Disponiamo di molti elementi in più. Molti archivi sono stati aperti. Molti personaggi hanno raccontato il loro frammento di verità. Pur dando per scontato che le sentenze vanno rispettate, gli elementi che abbiamo oggi in mano ci inducono a pensare che tutta quella chiave di lettura, al di là delle responsabilità dei singoli individui, è stata in qualche modo un teorema.
E quali sono le falle di quel teorema?
Non tiene conto del contesto internazionale. Si adagia su uno schemino che i sevizi, interessati a non far capire il quadro reale, hanno dato in pasto come un osso all'opposizione, confermando tutto quel che i comunisti avevano detto sulle stragi da piazza Fontana in poi. Gli hanno dato in pasto questo osso, e il Pci si è adagiato. Ma questa verità appare oggi molto fragile e viene messa in discussione da più parti, non solo dalla destra ma da chiunque ragioni con la propria testa. Nessuno chiede la riapertura delle indagini, anche se alcune indagini sono pur state riaperte, ma abbiamo il dovere, l'obbligo morale di approfondire, di cercare la verità. Non una verità che accontenti qualcuno ma la verità.
Puoi specificare meglio a quale contesto internazionale fate riferimento?
Quello internazionale è appunto il contesto che è sempre stato escluso dalle ricostruzioni sia storiche che giudiziarie che giornalistiche.. Che la violenza politica e il terrorismo, sia di destra che di sinistra, abbiano. una radice interna profonda è incontestabile. Però col solo contesto interno non si spiega tutto. Il quadro è estremamente complesso: la realtà interna ha interagito con un contesto internazionale nel quale c'erano più giocatori, ciascuno con un proprio specifico interesse a soffiare sul fuoco delle nostre tensioni interne. Questo contesto abbiamo ricostruito in intrigo internazionale, con particolare attenzione al ruolo delle piccole e medie potenze, come la Francia, l'Inghilterra, la Rdt, la Cecoslovacchia. Ciascuna di queste piccole o medie potenze perseguiva un proprio interesse.
E la strage come si colloca in questo contesto internazionale conflittuale?
Direi che si colloca nel quadro del conflitto mediterraneo tra l'Italia da un lato, la Francia e l'Inghilterra dall'altro. Ma tocca anche il conflitto ìsraelo-palestinese. L'Italia aveva fatto con i palestinesi un patto inconfessabile, il lodo Moro, che lasciava ai palestinesi ampia libertà operativa nel nostro paese purché non compissero attentati in Italia. Dopo l'assassinio del protagonista di questo patto, molte cose cambiano; molti equilibri saltano. E tentano di far fuori Gheddafi, perché Ustica questo è: un tentativo di uccidere Gheddafi, e Bologna si collega in qualche modo a Ustica.
Sono però due contesti diversi, uno riguarda il confitto tra potenze europee, a la tentata uccisione di Gheddafi e Ustica, l'altro riguarda invece il conflitto israelo-palestinese e il e patto tra Moro e Olp. In quale delle due cornici va a inquadrata la strage di Bologna?
Io e Priore abbiamo pareri diversi. Io ritengo che Bologna sia una ritorsione per aver salvato Gheddafi. Priore pensa invece all'ala più radicale dei palestinesi, il che non esclude l'appoggio di manovalanza italiana. In entrambi i casi, comunque, il contesto è quello dei conflitti nell'area mediterranea.
Le condanne ai danni dei vertici dei servizi per il depistaggio su Bologna, sono state considerate sempre un indizio della responsabilità diretta degli stessi servizi nella strage. Il che smentirebbe il quadro internazionale...
I depistaggi non comportano necessariamente una responsabilità diretta. Il depistaggio viene messo in atto per coprire verità che non si possono dire. Per quanto riguarda Bologna non si poteva confessare quell'accordo particolare con ì palestinesi e per Ustica non potevamo certo dire di aver spifferato a Gheddafi quali erano i corridoi aerei privi della copertura radar Nato. Gli avevano detto che poteva adoperare quei corridoi perché lì i radar non arrivavano. E cosa avremmo fatto se i magistrati avessero accertato che erano stati i francesi, un paese amico, ad abbattere il DC9? Come avremmo potuto non reagire? La mia sensazione è che per questo sia stata costruita una verità giudiziaria che accontentava tutti: confermava le tesi del Pci sulla matrice fascista dello stragismo e allo stesso tempo copriva una verità non rivelabile.
Da Bologna, l'ex pm Claudio Nunziata nega però ogni valore a queste ipotesi...
Quando vedo magistrati come Armando Spataro, che scrivono libri di 600 pagine per dire non c'è più niente da sapere, mi chiedo: "ma allora che scrivono a fare?". E quando Nunziata accusa Priore di affermare la stessa verità di Valerio Fioravanti, non posso non pensare che anche i magistrati dovrebbero avere la stessa onestà intellettuale e umiltà di Priore. Priore che parte dal riconoscere i limiti delle verità giudiziarie, incluse quelle raggiunte da lui. Dice: "Siamo arrivati solo sino a certo punto", e prova a spiegare perché non si è mai arrivati oltre. E risponde che è stato perché le inchieste erano condizionate da teoremi e chiavi di lettura ideologiche, oppure perché le ragioni della verità erano in contrasto con la ragion di stato. In Italia esiste da sempre questo eterno confitto eterno tra le ragioni della giustizia e della legalità e quelle dell'interesse di Stato.
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