Freda il rivoluzionario - 1/
Quello degli intrecci tra fascisteria e apparati di sicurezza è uno dei fili neri di questo blog che ho lasciato un po' appesi. Profondamente contrario, per problemi di pancia prima che di testa, ai meccanismi della demonizzazione e della semplificazione manichea, avrei voluto provare a restituire le ragioni di uno come Marco Affatigato che, nel momento in cui rivendica platealmente la propria collaborazione con le "barbe finte" d'Oltrealpe (e d'Oltreoceano) si pone pesantemente dalla parte del torto.
E invece, pur comprendendo lo sdegno di chi si è fatto qualche lustro di latitanza e di patimenti ma si è ben guardato da cedere a compromessi, sono convinto che il "crimine" (dal punto di vista dell'etica di chi, come me e tanti altri "ragazzi del '56", ha tentato l'assalto al cielo e non se n'è ancora pentito) di Affatigato affondi le radici in un contesto e in una cultura ampiamente diffusa nella destra radicale. E infatti, ancora in questi giorni, in morte del commilitone Giovanni (Ventura), Franco Freda ne rivendica le coraggiose missioni "oltre la linea". Anche se, ancora una volta, gioca su un registro linguistico ricco e modulato, che permette a me e a pochi eletti di cogliere l'allusione a Junger (è questo il nome del saggio del 1949, in latino: Trans lineam, dedicato a Heidegger nel giorno del suo sessantesimo compleanno) la vicenda è impastata di materiale molto più terreno. E allora, mentre scavando in libreria riuscirò a scovare quei quattro-cinque libri necessari a ricostruire gli "inciuci" di Ventura, tra familiarità democristiana, affari con i socialisti, frequentazioni con i servizi segreti e giochi di seduzione con i partigiani stalinisti (lo so che sembrerà strano ma io mi sono occupato solo di striscio della questione delle stragi, essendo un accanito sostenitore della regola aurea di Wittgenstein) toccherà misurarsi con le ultime parole pubbliche del leader più noto e controverso della destra radicale.
Il quale, evidentemente, ha più rispetto della dimensione ultraterrena che della dignità del nostro sistema giudiziario. Perché infatti soltanto in morte dei suoi sodali più compromessi, Giannettini e Ventura, si è deciso a rompere una negativa trentennale e, nel riconoscere loro il rango di competenza, ammettere così che lui stesso non si era limitato, come a lungo sostenuto, al ruolo "pollitico" di allevatore di anime ma aveva partecipato alle attività sediziose di quel gruppo di pochi eletti impegnato nell'abbattimento dello Stato democratico. (1- continua)
E invece, pur comprendendo lo sdegno di chi si è fatto qualche lustro di latitanza e di patimenti ma si è ben guardato da cedere a compromessi, sono convinto che il "crimine" (dal punto di vista dell'etica di chi, come me e tanti altri "ragazzi del '56", ha tentato l'assalto al cielo e non se n'è ancora pentito) di Affatigato affondi le radici in un contesto e in una cultura ampiamente diffusa nella destra radicale. E infatti, ancora in questi giorni, in morte del commilitone Giovanni (Ventura), Franco Freda ne rivendica le coraggiose missioni "oltre la linea". Anche se, ancora una volta, gioca su un registro linguistico ricco e modulato, che permette a me e a pochi eletti di cogliere l'allusione a Junger (è questo il nome del saggio del 1949, in latino: Trans lineam, dedicato a Heidegger nel giorno del suo sessantesimo compleanno) la vicenda è impastata di materiale molto più terreno. E allora, mentre scavando in libreria riuscirò a scovare quei quattro-cinque libri necessari a ricostruire gli "inciuci" di Ventura, tra familiarità democristiana, affari con i socialisti, frequentazioni con i servizi segreti e giochi di seduzione con i partigiani stalinisti (lo so che sembrerà strano ma io mi sono occupato solo di striscio della questione delle stragi, essendo un accanito sostenitore della regola aurea di Wittgenstein) toccherà misurarsi con le ultime parole pubbliche del leader più noto e controverso della destra radicale.
Il quale, evidentemente, ha più rispetto della dimensione ultraterrena che della dignità del nostro sistema giudiziario. Perché infatti soltanto in morte dei suoi sodali più compromessi, Giannettini e Ventura, si è deciso a rompere una negativa trentennale e, nel riconoscere loro il rango di competenza, ammettere così che lui stesso non si era limitato, come a lungo sostenuto, al ruolo "pollitico" di allevatore di anime ma aveva partecipato alle attività sediziose di quel gruppo di pochi eletti impegnato nell'abbattimento dello Stato democratico. (1- continua)
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