Il caso Ganzer 3 - visto da destra
E’ normale che per difendere la “democrazia” gli addetti all’ordine commettano reati nel silenzio assordante delle istituzioni e dei gazzettieri.
E se se ne parla è perché può essere funzionale nella lotta continua tra poteri dello Stato. Insomma le operazioni delle" barbe finte” divengono di volta in volta salvifiche o meritevoli di gogna.
A deciderlo sono i magistrati a seconda dell’obbiettivo politico che si ripropongono. O per protagonismo.
La storia italiana dal 1945 sino ad oggi è punteggiata dalle operazioni a regia dei Servizi sempre, naturalmente, disponibili ad eseguire le direttive delle strutture istituzionali da cui dipendono. Tanto a coprire e gli uni e le altre c’è il Segreto di Stato.
Le tecniche usate dalle “barbe finte” sono state più volte disvelate dal Presidente emerito Kossiga che ha descritto in quale modo ci si muovesse nei confronti dei “rapendi” e come fosse usanza normale far rinvenire nei covi o nelle abitazioni dei presunti eversori o dei comuni malandrini droga ed armi. Spesso “quelle” armi (sporche) che consentivano di incastrare i “sospetti”. Al resto ci pensavano i collaboratori costruiti nei pentitifici di Stato.
Una classica operazione a regia fu quella nota come “Terrore sui Treni” organizzata dal Sismi nel corso del- l’istruttoria per la Strage di Bologna. L a falsità dell'operazione non impedì alla magistratura bolognese di utilizzarla per rafforzare il castelletto accusatorio nei confronti dei neri. Di “quei” neri.
Ucigos, Sismi e Sisde ebbero per decenni carta bianca nelle loro inves- tigazioni. E tutti al tempo tacquero perché era comodo farlo. Poi fu lo scontro tra guardie. Fu il tempo in cui De Gennaro riuscì a far fuori il suo ri- vale Contrada e a raggiungere i vertici della Polizia che degnamente, tra l’al- tro, rappresentò nei massacri del G8 di Genova.
E poi intervennero sullo scenario investigativo i Ros e fu scontro tra Carabinieri e Polizia di Stato. Uno scontro duro utilizzato dalle procure per realizzare le loro attività teore- matiche. Da Mori a Ganzer passando per Massimo Giraudo il poco ricordato tenente che usò in maniera spregiudicata e quasi sempre illecita i suoi poteri speciali per aiutare il figlio d’arte Guido Salvini a riaprire – ad istruttoria chiusa – le indagini sulle stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia per incriminare i neri. “Quei” neri.
Di tutto accadde e tutto passò sotto silenzio, nonostante le nostre denunce.
E sarebbero passate sotto silenzio le attività criminali del generale Ganz- er se costui non avesse esagerato nella loro personalissima gestione tanto da indurre la Procura di Brescia e poi quella di Milano – dopo un incredibile rimbalzo di competenze da un Tri- bunale all’altro - ad incriminarlo con il suo vice Mauro Obinu (promosso nel frattempo a comandare la scuola di formazione dei servizi segreti!) e con altri carabinieri del Raggruppamento Operativo.
Accuse a dir poco pesanti che andrebbero dall’associazione per delinquere alla detenzione di armi e di spaccio di droga, in osmosi continua con confidenti e con trafficanti arricchiti con enormi quantità di denaro provenienti dalle casse dei Ros. Armi e droga che andavano e venivano, si “materializzavano e svanivano”.
E il fine? “Carriera. Potere. Visibil ità”; per dirla con il pm Luisa Zanetti che ha chiesto per Ganzer 27 anni di carcere. In questa storia non c’erano carabinieri (guardie) che combatte- vano attività illegali ma c’erano cara- binieri (ladri) che compivano attività illegali programmate a fini di potere.
Narcos di Stato, guardie e ladri a ruoli invertiti. Alla Di Pietro.
Ed a costoro è stato consentito per 5 anni (l’incriminazione risale al 2005 ma l’inchiesta fu aperta da Fabio Salamone , l’ “amico” di Tonino, nel 1998) di continuare a gestire le più delicate inchieste (da quelle sul terrorismo islamico all’ affaire Bertolaso), a fare arresti clamorosi, a compiere spettacolari blitz. Per 5 anni l’imputato Ganzer ha continuato ad occupare il suo posto di comando appoggiato (e sarà interessante andare a svelare “il per ché”) dai governi e di centrodestra e di centrosinistra.
Una delle operazioni eseguite dagli scherani di Ganzer e di cui la stampa diede il massimo rilievo fu quella denominata “Testuggine” che portò all'arresto di numerosi pregiudicati veneti per “presunto” traffico di droga.
E qui va spiegato il perché io abbia usato l ’aggettivo “presunto ”. Dat i i precedenti (sub judice) delle guardie-ladri del Ros, e in particolare di Ganzer, chi può fornirci la certezza della liceità dell’operazione “antidroga” detta“Testuggine”? Parola dei Narcos di Stato? O non si potrebbe ipotizzare che operazioni come “Testuggine” siano state programmate a regia e costituiscano un modo di ricostruzione dell’immagine e nel contempo di conservazione del potere tanto generosamente regalatogli dai camerieri delle banche?
E allora come si può cantar vittoria come ha fatto, a commento della sentenza di condanna emessa nell’aula bunker di Mestre, il pm Paola Tonini? “E’ la condanna più pesante che abbia mai visto applicare per questo tipo di reato. Sì, non posso chedirmi soddisfatta”.
A parte l’antiestetica gioia per la sofferenza altrui mostrata dalla giudichessa ci vien voglia di chiedere: ma costei non era a conoscenza di chi fosse il generale Ganzer e del come fosse tanto “bravo”a costruire le prove?
Prendi un cartoccio di coca ed una pistola con la matricola limata, le metti in un luogo nella disponibilità dell’ “incastrando”, aggiungi qualche intercettazione truccata e la soffiata di qualche collaborante alla ricerca di benefici premiali e il gioco è fatto.
Vero dr. Borraccetti, Procuratore capo dalla lunga esperienza e dalla carriera fatta nel perseguine i “neri”, lei notoriamente “rosso”, nei costruiti anni di pionbo?
E poi alcuni d i costoro è i l caso d i Roberto Frigato te li ritrovi tra gli imputati e aggiungi ad antiche gioie nuove gudurie.
Ci piace a tal punto evidenziare la schizofrenia tra i comportamenti delle giudichesse Luisa Zanetti e Paola Tonini. La prima chiede a Milano 27 anni di carcere per Ganzer, la seconda gioisce per la severità delle pene inflitte a Mestre grazie agli investigati da Ganzer.
Questa è quella che in Italia si chiama la certezza della pena. E del Diritto. Paolo Signorelli
E se se ne parla è perché può essere funzionale nella lotta continua tra poteri dello Stato. Insomma le operazioni delle" barbe finte” divengono di volta in volta salvifiche o meritevoli di gogna.
A deciderlo sono i magistrati a seconda dell’obbiettivo politico che si ripropongono. O per protagonismo.
La storia italiana dal 1945 sino ad oggi è punteggiata dalle operazioni a regia dei Servizi sempre, naturalmente, disponibili ad eseguire le direttive delle strutture istituzionali da cui dipendono. Tanto a coprire e gli uni e le altre c’è il Segreto di Stato.
Le tecniche usate dalle “barbe finte” sono state più volte disvelate dal Presidente emerito Kossiga che ha descritto in quale modo ci si muovesse nei confronti dei “rapendi” e come fosse usanza normale far rinvenire nei covi o nelle abitazioni dei presunti eversori o dei comuni malandrini droga ed armi. Spesso “quelle” armi (sporche) che consentivano di incastrare i “sospetti”. Al resto ci pensavano i collaboratori costruiti nei pentitifici di Stato.
Una classica operazione a regia fu quella nota come “Terrore sui Treni” organizzata dal Sismi nel corso del- l’istruttoria per la Strage di Bologna. L a falsità dell'operazione non impedì alla magistratura bolognese di utilizzarla per rafforzare il castelletto accusatorio nei confronti dei neri. Di “quei” neri.
Ucigos, Sismi e Sisde ebbero per decenni carta bianca nelle loro inves- tigazioni. E tutti al tempo tacquero perché era comodo farlo. Poi fu lo scontro tra guardie. Fu il tempo in cui De Gennaro riuscì a far fuori il suo ri- vale Contrada e a raggiungere i vertici della Polizia che degnamente, tra l’al- tro, rappresentò nei massacri del G8 di Genova.
E poi intervennero sullo scenario investigativo i Ros e fu scontro tra Carabinieri e Polizia di Stato. Uno scontro duro utilizzato dalle procure per realizzare le loro attività teore- matiche. Da Mori a Ganzer passando per Massimo Giraudo il poco ricordato tenente che usò in maniera spregiudicata e quasi sempre illecita i suoi poteri speciali per aiutare il figlio d’arte Guido Salvini a riaprire – ad istruttoria chiusa – le indagini sulle stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia per incriminare i neri. “Quei” neri.
Di tutto accadde e tutto passò sotto silenzio, nonostante le nostre denunce.
E sarebbero passate sotto silenzio le attività criminali del generale Ganz- er se costui non avesse esagerato nella loro personalissima gestione tanto da indurre la Procura di Brescia e poi quella di Milano – dopo un incredibile rimbalzo di competenze da un Tri- bunale all’altro - ad incriminarlo con il suo vice Mauro Obinu (promosso nel frattempo a comandare la scuola di formazione dei servizi segreti!) e con altri carabinieri del Raggruppamento Operativo.
Accuse a dir poco pesanti che andrebbero dall’associazione per delinquere alla detenzione di armi e di spaccio di droga, in osmosi continua con confidenti e con trafficanti arricchiti con enormi quantità di denaro provenienti dalle casse dei Ros. Armi e droga che andavano e venivano, si “materializzavano e svanivano”.
E il fine? “Carriera. Potere. Visibil ità”; per dirla con il pm Luisa Zanetti che ha chiesto per Ganzer 27 anni di carcere. In questa storia non c’erano carabinieri (guardie) che combatte- vano attività illegali ma c’erano cara- binieri (ladri) che compivano attività illegali programmate a fini di potere.
Narcos di Stato, guardie e ladri a ruoli invertiti. Alla Di Pietro.
Ed a costoro è stato consentito per 5 anni (l’incriminazione risale al 2005 ma l’inchiesta fu aperta da Fabio Salamone , l’ “amico” di Tonino, nel 1998) di continuare a gestire le più delicate inchieste (da quelle sul terrorismo islamico all’ affaire Bertolaso), a fare arresti clamorosi, a compiere spettacolari blitz. Per 5 anni l’imputato Ganzer ha continuato ad occupare il suo posto di comando appoggiato (e sarà interessante andare a svelare “il per ché”) dai governi e di centrodestra e di centrosinistra.
Una delle operazioni eseguite dagli scherani di Ganzer e di cui la stampa diede il massimo rilievo fu quella denominata “Testuggine” che portò all'arresto di numerosi pregiudicati veneti per “presunto” traffico di droga.
E qui va spiegato il perché io abbia usato l ’aggettivo “presunto ”. Dat i i precedenti (sub judice) delle guardie-ladri del Ros, e in particolare di Ganzer, chi può fornirci la certezza della liceità dell’operazione “antidroga” detta“Testuggine”? Parola dei Narcos di Stato? O non si potrebbe ipotizzare che operazioni come “Testuggine” siano state programmate a regia e costituiscano un modo di ricostruzione dell’immagine e nel contempo di conservazione del potere tanto generosamente regalatogli dai camerieri delle banche?
E allora come si può cantar vittoria come ha fatto, a commento della sentenza di condanna emessa nell’aula bunker di Mestre, il pm Paola Tonini? “E’ la condanna più pesante che abbia mai visto applicare per questo tipo di reato. Sì, non posso chedirmi soddisfatta”.
A parte l’antiestetica gioia per la sofferenza altrui mostrata dalla giudichessa ci vien voglia di chiedere: ma costei non era a conoscenza di chi fosse il generale Ganzer e del come fosse tanto “bravo”a costruire le prove?
Prendi un cartoccio di coca ed una pistola con la matricola limata, le metti in un luogo nella disponibilità dell’ “incastrando”, aggiungi qualche intercettazione truccata e la soffiata di qualche collaborante alla ricerca di benefici premiali e il gioco è fatto.
Vero dr. Borraccetti, Procuratore capo dalla lunga esperienza e dalla carriera fatta nel perseguine i “neri”, lei notoriamente “rosso”, nei costruiti anni di pionbo?
E poi alcuni d i costoro è i l caso d i Roberto Frigato te li ritrovi tra gli imputati e aggiungi ad antiche gioie nuove gudurie.
Ci piace a tal punto evidenziare la schizofrenia tra i comportamenti delle giudichesse Luisa Zanetti e Paola Tonini. La prima chiede a Milano 27 anni di carcere per Ganzer, la seconda gioisce per la severità delle pene inflitte a Mestre grazie agli investigati da Ganzer.
Questa è quella che in Italia si chiama la certezza della pena. E del Diritto. Paolo Signorelli
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