Freda, un uomo d'Ordine -3
Nella discussione sulla rivolta di Reggio, un "lettore abituale" mi sollecita ad affrontare il tema degli intrecci tra ndrangheta e fascisteria. E' notoria la mia distanza da culti e culture criptologiche che tanto appassionano molti miei colleghi. Così dieci anni fa, affrontando la questione in "Fascisteria" ridimensionavo la portata delle rivelazioni di pentiti sulla presenza di uno dei leader più noti della destra radicale nella cosiddetta massomafia. Il capitolo è lungo ma nella buona sostanza è ancora valido l'intero discorso. Mancano ovviamente i riferimenti agli esiti processuali della maxinchiesta, che sono successivi alla pubblicazione. Lo ripropongo quindi qui, asciugato di alcune minuzie che lo appesantiscono, diviso in tre parti per esigenze fisiche dei lettori. Questa è la terza parta.Qui si può leggere la prima, qui la seconda parte. L'impianto unitario del ragionamento suggerisce l'opportunità di una lettura completa.
A un progetto di Ordine, invece, Freda ci ha lavorato. Apertamente, al rientro dal Costarica. L’Ordine dei Ranghi, oggetto di un’inchiesta giudiziaria come “associazione che nell’ambito di un generale disegno di “progressione rivoluzionaria” tendeva alla presa del potere con metodi violenti e anticostituzionali per mezzo della creazione di strutture clandestine di piccole comunità sul territorio nazionale per la preparazione di giovani da utilizzare per la guerriglia urbana e la lotta armata contro le istituzioni democratiche”. Un progetto di organizzazione portato avanti – per il giudice istruttore fino alla fase preparatoria – per assicurarsi il controllo dell’intera area della destra radicale, dopo che era fallito il tentativo di condizionare e ridurre Quex da espressione dell’area spontaneista a struttura organizzativa e disciplinata.
Proprio nel dibattito su Quex Freda manifesta l’intenzione di trasformare il consenso intorno alla sua persona in un rapporto organizzativo. Con scarso risultato. L’Ordine dei ranghi – secondo il pentito Ansaldi, uno dei papabili – “è un progetto di comunità politica finalizzata alla formazione del militante rivoluzionario e connotata da un integralismo esasperato”. Terracciano, in una lettera a Murelli, dopo il sequestro di una bozza di “regola”, ne parla come di una “confraternita”, esprimendo il senso di una realtà “monastica”. Secondo il “pentito” Latini l’Ordine avrebbe dovuto essere diretto da Tuti, per il settore carcerario e da Terracciano – il giovane intellettuale amico e sodale di Tarchi – per l’esterno, componenti di un consiglio di reggenza di cinque membri approvati da Freda. Le prime adesioni raccolte da Terracciano sono le “firme” di punta di Quex, Bonazzi e Tuti. I leader “frediani” di TP, Adinolfi e Spedicato, danno una disponibilità di massima, altri si riservano la risposta. Concutelli per aderire pone come condizione l’esclusione di tutti quelli che considera traditori. Terracciano contatta anche militanti della nuova leva. Ansaldi ne parla perplesso con Adinolfi. Nell’inchiesta giudiziaria sono confuse la struttura di Adel, alla quale Freda demanda – dopo la rottura con Fachini e Mutti – la gestione delle attività editoriali di AR – e il progetto dell’Ordine. Col risultato di mandare in galera, insieme a Terracciano, anche il segretario di Adel, un ordinovista calabrese trapiantato a Bolzano, collaboratore della casa editrice e fedelissimo di Freda promosso dai pentiti capo della costituenda struttura clandestina. In realtà non aveva ancora confermato l’adesione. Del carattere assolutamente pubblico e legale di Adel (Associazione per la diffusione editoriale e libraria) c’è del resto ampia prova. Nel catalogo delle Edizioni di Ar del 1981, Risguardo, nella seconda pagina di copertina sono elencate tutte le sedi territoriali: alla sede storica di via Patriarcato 34, ove ufficialmente permane la direzione editoriale (che è ubicata nella cella di Freda) si accompagnano la segreteria amministrativa con tanto di numero di telefono personale e le sedi di Saluzzo (dove è attivo il gruppo di ex di Europa Civiltà che ha dato vita alle Edizioni Barbarossa), Velletri, Pescara, Battipaglia, Cosenza, Lamezia Terme, Venezia–Marghera (che coincide con la casa di Francesco Ingravalle). È quest’ultimo uno stakanovista della milizia politico–culturale. Collaboratore di Totalité, prestigiosa rivista francese tradizionalista–rivoluzionaria, curatore delle Edizioni storico–politiche che nel 1979 pubblicano un saggio di Claudio Mutti detenuto nell’inchiesta contro ClA, studioso di Nietzsche, dirigente politico di TP (sarà arrestato per un breve periodo). Lo stesso aggregato degli imputati e degli indiziati nel procedimento giudiziario testimonia il carattere assolutamente arbitrario dell’iniziativa poliziesca. Imputati, con Freda, sono alcuni fedelissimi come Melioli, Terracciano, i detenuti Tuti e Bonazzi e parte del gruppo dirigente di TP, il responsabile di Tabula rasa, la rivista che rilancia le tematiche di Quex. La compagine degli indiziati è ancor più raffazzonata: a fianco ad altri fedelissimi (la compagna di Freda, Ingravalle e la donna che costituiva l’alibi di Freda per la storia dei timer nel processo di piazza Fontana) e ad altri detenuti (Concutelli, Murelli, i giovanissimi napoletani accusati dell’omicidio Miccoli), c’è un gruppo di dirigenti di Tp–Settembre (i capizona di Brescia, Napoli, Padova e Latina) e un consistente nucleo palermitano (i redattori di Tabula Rasa) e altri singoli personaggi, tra cui Marco Tarchi, che da poco si è dimesso dalla vicesegreteria nazionale del Fronte della gioventù ed è una firma di Ar. La prima elaborazione da parte di Freda è nell’autunno del ‘79. Il 7 novembre scrive a Tuti su un articolo di Quex, Organizzazione e spontaneismo: “Mi sembra meditato, attento e lucido. Tenga presente (glielo anticipo) che, ritenendo di aver digerito – nell’arco di dieci anni – la nausea suscitatami da certe esperienze (...) sto verificando le possibilità della soluzione prospettata a pagina 9” . Il riferimento evidente è al “sodalizio di uomini eccezionali” di cui ha parlato Tuti. “In merito allo spontaneismo – replica il leader del FNR – ritengo che la nostra diversità sia più formale che sostanziale. Nessuno mette in dubbio la necessità di un ordine, di una gerarchia, di una struttura”. In una lettera a Terracciano nel novembre del 1980 Freda ironizza sulle schiere di proseliti e sul suo ruolo di capo occulto di TP. Nella corrispondenza di Freda sono frequenti i riferimenti ai due livelli del sodalizio e alle strutture interne per le quali occorrono caratteristiche umane e politiche di particolare rilievo. Ma Adel non è solo la facciata legale di un sodalizio occulto. La società costituita nella prospettiva di un’utilizzazione per l’organizzazione del sodalizio è effettivamente impegnata nella diffusione libraria. La preoccupazione di Freda per qualsiasi attività esterna che possa compromettere quella occulta si spiega con l’esigenza di non attrarre l’attenzione delle forze di polizia, cosa di cui altri non sembrano consapevoli. Freda è nettamente contrario ad un immediato impegno attivistico: critica l’uso operativo di giovani da parte di TP e Comunità organiche di popolo (la rete militante di Signorelli), mentre ritiene necessaria una lunga preparazione politica e militare. L’unica sede territoriale attiva di Adel è Battipaglia, la sola iniziativa svolta è un campeggio, che non ha nulla di eversivo, mentre altre attività della sede sono tese a impostare un costume di vita per i militanti nella prospettiva di tempi assai lunghi. Dopo l’arresto di Terracciano nell’estate 1981 Freda scrive della fase preparatoria delle altre sedi programmate e invita a riprendere i contatti interrotti dall’iniziativa giudiziaria. La fuga all’estero o l’arresto di gran parte dei potenziali quadri coinvolti nelle inchieste sui Nar o su TP determina l’aborto del tentativo.
Di stretta osservanza frediana – e attiva nello stesso arco di tempo – è Heliodromos, organizzazione costituita nella Sicilia orientale come sviluppo di un cenacolo tradizionalista e che raccoglierà militanti in tutta Italia. Sulla omonima rivista (sottotitolo Contributi per il Fronte della Tradizione) scrivono numerosi autori di AR, da Maurizio Lattanzio a Terracciano, da Antonio Medrano a Mutti. La redazione è a Catania, l’amministrazione e il centro di diffusione libraria per corrispondenza a Siracusa, sedi principali del gruppo. I contenuti della rivista sono esemplari di un tentativo di “saldare l’aspetto propositivo della dottrina, assimilato dalla lettura di Evola e di Guenon, con quello operativo, il quale esige che si dia sbocco coerente e concreto, in noi e fuori di noi (nell’esistente), ai principi tradizionali”. Ai contributi di più stretto ambito politico (il dibattito sull’azione tradizionale, sullo schieramento internazionale, sulla comunità organica) si accompagna una robusta sezione dottrinaria con interventi e pubblicazione di testi originali del buddhismo, dell’induismo, del Tao, della “cerca del Graal” e varie rubriche che rivelano ampi interessi esoterici. La polemica con il ruolo sovversivo della Massoneria è uno dei capisaldi politici: un evidente regolamento di conti interno con le componenti guenoniane ortodosse che invece, sulla falsariga del Maestro, riconoscono all’Istituzione il merito di trasmettere i saperi tradizionali in forma organizzata. Nel dibattito sull’azione tradizionale tra Mutti (“Un “Ordine” propriamente detto, ossia un’organizzazione iniziatica assume normalmente come base e punto d’appoggio una sola e ben definita forma tradizionale”) e Medrano (“Non crediamo che questo movimento debba essere composto da “iniziati di alto rango” come deduce Claudio Mutti, né che si possa confondere la sua configurazione con la creazione di un’organizzazione iniziatica, cosa d’altronde, assurda e irrealizabile”) la redazione riafferma la lezione guenoniana: “Un’organizzazione che sceglie la via dell’azione può avere una sua legittimazione riferendosi alla TRADIZIONE, all’IDEA, intesa come espressione significante di un “corpus” dottrinario definitivo e atemporale”. Heliodromos è anche marginalmente sfiorata dalle indagini sull’ultimo gruppo di fuoco dei NAR. Sordi racconta ai giudici che quando rimane ferito nel conflitto a fuoco in cui perde la vita Alibrandi va in “convalescenza” a Catania, da un “camerata” di Heliodromos, con il quale è messo in contatto da un militante rodigino dei Nar, Roberto Frigato, arrestato per una rapina e considerato fedelissimo di Fachini, ma in realtà simpatizzante dell’organizzazione siciliana. La rivista, trent'anni dopo, esce ancora, seppure dopo periodi di interruzione.(3-fine)
Caro Tassinari, di che Terracciano stiamo parlando? Io so di almeno tre che godevano di una certa notorietà tra i '70 e gli '80: il primo, Carlo, era un intellettuale ed editore (Eurasia?) che a un certo punto ha cominciato a parlare di comunitarismo, di superamento della dicotomia destra/sinistra e di un terzomondismo venato di simpatie islamistiche. Il secondo, Enrichetto, era una bella figura di combattente della RSI “non pentito” e di alto dirigente di una loggia massonica, molto conosciuto a Savona nei primi anni '70 (è lui che mi ha iniziato al pensiero e alla cultura della destra); il terzo, Fabrizio, figlio di Enrichetto, era un ordinovista dichiarato, personaggio un po' mitico per noi ventenni di allora: ex parà e combattente in Africa (è da lui che ho sentito parlare per la prima volta di Ordine Nuovo). Insomma: qual è il Terracciano giusto?
RispondiEliminaCordialmente, Piero Ariosto
Parliamo del primo, che è stato tra i fondatori della Voce della Fogna e tra gli animatori di Quex prima di diventare per alcuni anni stretto collaboratore di Freda, come è facile verificare dal volume Risguardo IV, l'almanacco pubblicato per il ventennale delle Edizioni di Ar. Gli approdi sono quelli da lei descritti.
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