Paola Concia: contestata dai centri sociali non dai gay
Non erano stati militanti gay ma dei centri sociali napoletani a contestare la presenza di Paola Concia al Gay Pride. E a ben guardare il breve video messo in Rete, mi sembrerebbe di vedere in un frame rapidissimo Francesco Caruso che si volta di scatto. Ma posso sbagliarmi. Comunque, ovviamente, cambia il ragionamento rispetto al post pubblicato sabato sera.
Ecco il testo dell'intervista della deputata lesbica al "Manifesto"
Non le era mai successo di essere contestata ad un Pride.
È la prima volta e spero anche che sia l’ultima.
Volevano cacciarla dalla manifestazione, vero?
Ma io sono qua, da ore in testa al corteo, come mi hanno chiesto gli stessi organizzatori del Pride, a partire dal presidente nazionale dell’Arcigay, Paolo Patanè. E sento attorno a me, in questa bellissima manifestazione, solo affetto e amicizia.
Arrabbiata?
Non ho alcuna paura delle contestazioni, che sono il sale della democrazia. Quello che non si può subire è la violenza e la pretesa antidemocratica di cacciarmi dal corteo. Una cosa che non esiste proprio: io sono una lesbica italiana e ho tutti i diritti di stare al Gay Pride.
L’accusano di essersi avvicinata troppo alla destra.
Al Pride ci sono anche omosessuali di destra, naturalmente, come i vertici di GayLib. E anche di centro, e di qualunque fede politica e religiosa. Tutti loro hanno diritto a partecipare perché il Pride è una manifestazione per rivendicare i diritti degli omosessuali e dei transessuali, non solo per quelli di sinistra.
Una parte del movimento però non le ha mai perdonato la sua visita a Casa Pound, l’associazione di estrema destra.
E va bene, si può non essere d’accordo con un gesto che risale a quasi un anno fa, ma quel gruppetto che mi ha aggredito - quattro o cinque persone, non di più - non era nemmeno composto da omosessuali, sono militanti di un centro sociale napoletano. Non è certo il Gay Pride che mi ha contestato. Ho tentato di parlargli ma loro, i paladini della emocrazia, volevano solo insultarmi e cacciarmi in modo "molto democratico"... per fortuna c’era la polizia. Ma non ho paura di loro, non me ne sarei andata comunque.
Lo rifarebbe di nuovo, quell’incontro con Casa Pound?
Certo che lo rifarei: non ho fatto niente di male, non è che sono diventata fascista. Sono andata una volta ad un’iniziativa pubblica a dire quello che penso io, senza rappresentare nessuno, e ad ascoltare loro. Mi divide tutto da Casa Pound, e i miei rapporti con loro sono nati e finiti lì, limitati a quell’unica visita. Questo lo sanno tutti, anche quei quattro che hanno tentato di aggredirmi.
Però anche 23 associazioni glbtq dell’area di sinistra hanno posto lo stesso tipo di problema annunciando che non parteciperanno al Pride romano che si terrà il 3 luglio. Si parla di spaccatura del movimento e fine del Pride come lo abbiamo conosciuto fino al 2009.
Io in tutto questo non c’entro niente. È un problema interno al movimento e io, come è noto, non faccio parte del movimento: non sono mai stata iscritta a nessuna associazione e ho sempre fatto politica sui diritti civili in un partito. Però le spaccature interne al movimento non sono una novità, basti ricordare i due Pride separati del 1996, uno a Venezia e l’altro a Roma. Io non sono mai intervenuta e mai interverrò nelle vicende interne del movimento.
Ma i diritti degli omosessuali e dei transessuali possono essere scissi dall’antifascismo, dall’antirazzismo o, per esempio, dall’opposizione al neosecuritarismo?
Certo che no. Sono diritti umani, fondamentali, come l’antifascismo e l’antirazzismo, tutelati dall’articolo 3 della Costituzione. E tutti li devono condividere, destra e sinistra. Per esempio, il pacchetto sicurezza per me è anticostituzionale, infatti ho votato contro. Ma per fortuna in Italia cresce anche un destra liberale che sta facendo un grande sforzo per cambiare la sua cultura politica, come è nella maggior parte delle destre europee. Io dialogo con questa destra, non con Casa Pound, perché se vogliamo metterci al pari con l’Europa sui diritti civili dobbiamo cercare aritmeticamente i numeri per far approvare alcune leggi.
Chiunque, quindi, può stare al Pride? Anche Casa Pound?
Io voglio essere giudicata dai lettori del manifesto, quotidiano
Il Manifesto
Ecco il testo dell'intervista della deputata lesbica al "Manifesto"
Non le era mai successo di essere contestata ad un Pride.
È la prima volta e spero anche che sia l’ultima.
Volevano cacciarla dalla manifestazione, vero?
Ma io sono qua, da ore in testa al corteo, come mi hanno chiesto gli stessi organizzatori del Pride, a partire dal presidente nazionale dell’Arcigay, Paolo Patanè. E sento attorno a me, in questa bellissima manifestazione, solo affetto e amicizia.
Arrabbiata?
Non ho alcuna paura delle contestazioni, che sono il sale della democrazia. Quello che non si può subire è la violenza e la pretesa antidemocratica di cacciarmi dal corteo. Una cosa che non esiste proprio: io sono una lesbica italiana e ho tutti i diritti di stare al Gay Pride.
L’accusano di essersi avvicinata troppo alla destra.
Al Pride ci sono anche omosessuali di destra, naturalmente, come i vertici di GayLib. E anche di centro, e di qualunque fede politica e religiosa. Tutti loro hanno diritto a partecipare perché il Pride è una manifestazione per rivendicare i diritti degli omosessuali e dei transessuali, non solo per quelli di sinistra.
Una parte del movimento però non le ha mai perdonato la sua visita a Casa Pound, l’associazione di estrema destra.
E va bene, si può non essere d’accordo con un gesto che risale a quasi un anno fa, ma quel gruppetto che mi ha aggredito - quattro o cinque persone, non di più - non era nemmeno composto da omosessuali, sono militanti di un centro sociale napoletano. Non è certo il Gay Pride che mi ha contestato. Ho tentato di parlargli ma loro, i paladini della emocrazia, volevano solo insultarmi e cacciarmi in modo "molto democratico"... per fortuna c’era la polizia. Ma non ho paura di loro, non me ne sarei andata comunque.
Lo rifarebbe di nuovo, quell’incontro con Casa Pound?
Certo che lo rifarei: non ho fatto niente di male, non è che sono diventata fascista. Sono andata una volta ad un’iniziativa pubblica a dire quello che penso io, senza rappresentare nessuno, e ad ascoltare loro. Mi divide tutto da Casa Pound, e i miei rapporti con loro sono nati e finiti lì, limitati a quell’unica visita. Questo lo sanno tutti, anche quei quattro che hanno tentato di aggredirmi.
Però anche 23 associazioni glbtq dell’area di sinistra hanno posto lo stesso tipo di problema annunciando che non parteciperanno al Pride romano che si terrà il 3 luglio. Si parla di spaccatura del movimento e fine del Pride come lo abbiamo conosciuto fino al 2009.
Io in tutto questo non c’entro niente. È un problema interno al movimento e io, come è noto, non faccio parte del movimento: non sono mai stata iscritta a nessuna associazione e ho sempre fatto politica sui diritti civili in un partito. Però le spaccature interne al movimento non sono una novità, basti ricordare i due Pride separati del 1996, uno a Venezia e l’altro a Roma. Io non sono mai intervenuta e mai interverrò nelle vicende interne del movimento.
Ma i diritti degli omosessuali e dei transessuali possono essere scissi dall’antifascismo, dall’antirazzismo o, per esempio, dall’opposizione al neosecuritarismo?
Certo che no. Sono diritti umani, fondamentali, come l’antifascismo e l’antirazzismo, tutelati dall’articolo 3 della Costituzione. E tutti li devono condividere, destra e sinistra. Per esempio, il pacchetto sicurezza per me è anticostituzionale, infatti ho votato contro. Ma per fortuna in Italia cresce anche un destra liberale che sta facendo un grande sforzo per cambiare la sua cultura politica, come è nella maggior parte delle destre europee. Io dialogo con questa destra, non con Casa Pound, perché se vogliamo metterci al pari con l’Europa sui diritti civili dobbiamo cercare aritmeticamente i numeri per far approvare alcune leggi.
Chiunque, quindi, può stare al Pride? Anche Casa Pound?
Io voglio essere giudicata dai lettori del manifesto, quotidiano
Il Manifesto
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