Il segreto della strage di Brescia/2: Fabrizio Zani
Fabrizio Zani è il personaggio chiave della vicenda, il depositario (secondo l'autore della strage di Peteano, Vincenzo Vinciguerra) del segreto sulla responsabilità della strage di Brescia, una sorta di confessione scritta conservata da Mario Tuti, un altro dei protagonisti della stagione delle bombe e della guetrra civile strisciante. Possibile? Intanto vediamo chi è Fabrizio Zani. Anche in questo caso uso come fonte la prima edizione di "Fascisteria" (con piccole interpolazioni di contesto).
Quando gli arriva sul capo la tegola delle rivelazioni di Vinciguerra, la situazione giudiziaria di Fabrizio Zani è già complicata: due condanne all'ergastolo, di cui una definitiva per le attività dei Nar (la sparatoria di piazza Irnerio in cui è ucciso uno studente e ferita Francesca Mambro, l'esecuzione di Mauro Mennucci, il camerata che ha "venduto) due inchieste aperte per la precedente militanza in Ordine Nero (per le bombe in Toscana e per la strage di Brescia. Zani non è un personaggio di primo piano ma è uno dei pochi che ha vissuto da comprimario, a destra, tutte le fasi della guerra civile a bassa intensità che ha insanguinato l'Italia dalla fine degli anni '6o all'inizio degli anni '80. Nato a Livorno, si trasferisce con la famiglia a Milano dove diventa, a sedici anni, responsabile degli studenti missini (e pupillo del leader della Giovine Italia, Ignazio La Russa) poi militante di Avanguardia Nazionale. E’ espulso con molti altri nel febbraio ’73, quando un gruppo di avanguardisti (tra cui D’Intino, Kim Borromeo, Agnellini e i fratelli Fadini) festeggia una scarcerazione facendo saltare la federazione bresciana del Psi. Per scongiurare la messa al bando, che arriverà regolarmente tre anni dopo, il segretario nazionale Adriano Tilgher chiude le sedi del Nord, ormai incontrollabili. La promessa di organizzare un serio addestramento militare non serve a tenere le briglie ai più scalmanati, che confluiscono in massa nel Mar, il movimento "estremista di centro" del partigiano bianco Carlo Fumagalli mentre i più “intransigenti” dottrinariamente, tra i quali Zani, danno vita a Ordine nero.
Zani, addetto stampa della banda, finisce in carcere nell’autunno del ‘74 per una soffiata e vive un rapido processo di maturazione e di radicalizzazione politica: è tra i primi detenuti a denunciare il grottesco esito della militanza di tanti “camerati” convinti di lavorare per la rivoluzione nazional-popolare e che invece hanno, più o meno consapevolmente, svolto il ruolo di “guardia bianca” del gran capitale e della Repubblica democratica, arruolandosi nelle bande controllate dagli apparati di Stato o dalle opposte fazioni dei servizi segreti. È convinto di essere stato “infamato” da Avanguardia che non poteva tollerare il tentativo di rompere la rete di controllo costruita dai “gruppi storici subalterni al sistema” per ingabbiare le spinte rivoluzionarie. Delle Chiaie, vent’anni dopo, la racconta altrimenti in una fluviale deposizione alla Commissione Stragi: il massiccio reclutamento per il Mar svolta dall’avvocato Dagli Occhi, nel quadro di un progetto golpista di ispirazione atlantista, lo aveva indotto a chiudere la sede e a espellere tutti i militanti passati al soldo dei “partigiani bianchi”. La cosa ebbe anche strascichi bellicosi: con minacce a Dagli Occhi, leader della Maggioranza silenzosa, e il sequestro in Spagna del braccio destro di Fumagalli, Orlando, sindaco socialdemocratico di un paesino della Valtellina che il solito Vinciguerra (i personaggi sono sempre gli stessi) avrebbe voluto giustiziare.
Maledetto toscano, gran temperamento, Zani in carcere anima il dibattito sullo spontaneismo armato: colto, buon lettore, rigoroso tradizionalista, trasfonde le teorie dell’ultimo Evola - il sovversivo di Cavalcare la tigre - nel culto anarchico dell’azione diretta, che ispira il suo nuovo progetto politico. A dargli la possibilità di metterlo in pratica c’è una clamorosa cantonata del tribunale di Bologna. Le notti dei fuochi che Ordine Nero ha organizzato nella primavera 1974 per creare un clima da guerra civile, funzionale ai progetti golpisti di Fumagalli & c., sono ridotte a un’“insistita protesta in forma violenta”. All’uscita dal carcere Zani dà vita insieme a Jeanne Cogolli, una camerata bolognese impegnata nel"Soccorso nero" e a cui si lega sentimentalmente, Quex. Sarà Tuti, dalle colonne della rivista, a sottolineare l’opportunità che l’improvvisa clemenza dello Stato offre al movimento:
Gli obiettivi di Zani e della Cogolli sono semplici ma ambiziosi: diffondere, anche con l’esempio, lo spontaneismo armato, distruggere tutte le organizzazioni che quando non sono direttamente funzionali all’interesse del nemico costituiscono comunque un lacciuolo allo sviluppo delle potenzialità del movimento rivoluzionario. Non hanno timori reverenziali: il giudizio acido di Freda - “Zani è prezioso ma va staffilato” - non li intimidisce. All’autore della Disintegrazione del sistema riconoscono i meriti editoriali di Ar ma contestano le compromissioni con i servizi segreti. Con Avanguardia, il gruppo che ha coltivato le tensioni militariste di tanti camerati per poi abbandonarli a se stessi quando il gioco si era fatto duro e i duri avevano cominciato a giocare, i conti sono aperti.
Ed è proprio questa circostanza a rendere sospetta la rivelazione di Vinciguerra: Zani ha una visione abbastanza paranoica della realtà (un tratto comune a molti estremisti di destra, prigionieri di teorie cospirative) ma è sveglio e lucido. Proprio lui, convinto assertore del ruolo "collaborazionista" di Avanguardia sarebbe andato a confidare proprio a uno dei più fanatici e devoti "fedelissimi" di Delle Chiaie, reo confesso di una strage che è stata a luingo "coperta"dai carabinieri, di essere depositario di un segreto così rilevante su una strage per cui era sotto indagine?
Quando gli arriva sul capo la tegola delle rivelazioni di Vinciguerra, la situazione giudiziaria di Fabrizio Zani è già complicata: due condanne all'ergastolo, di cui una definitiva per le attività dei Nar (la sparatoria di piazza Irnerio in cui è ucciso uno studente e ferita Francesca Mambro, l'esecuzione di Mauro Mennucci, il camerata che ha "venduto) due inchieste aperte per la precedente militanza in Ordine Nero (per le bombe in Toscana e per la strage di Brescia. Zani non è un personaggio di primo piano ma è uno dei pochi che ha vissuto da comprimario, a destra, tutte le fasi della guerra civile a bassa intensità che ha insanguinato l'Italia dalla fine degli anni '6o all'inizio degli anni '80. Nato a Livorno, si trasferisce con la famiglia a Milano dove diventa, a sedici anni, responsabile degli studenti missini (e pupillo del leader della Giovine Italia, Ignazio La Russa) poi militante di Avanguardia Nazionale. E’ espulso con molti altri nel febbraio ’73, quando un gruppo di avanguardisti (tra cui D’Intino, Kim Borromeo, Agnellini e i fratelli Fadini) festeggia una scarcerazione facendo saltare la federazione bresciana del Psi. Per scongiurare la messa al bando, che arriverà regolarmente tre anni dopo, il segretario nazionale Adriano Tilgher chiude le sedi del Nord, ormai incontrollabili. La promessa di organizzare un serio addestramento militare non serve a tenere le briglie ai più scalmanati, che confluiscono in massa nel Mar, il movimento "estremista di centro" del partigiano bianco Carlo Fumagalli mentre i più “intransigenti” dottrinariamente, tra i quali Zani, danno vita a Ordine nero.
Zani, addetto stampa della banda, finisce in carcere nell’autunno del ‘74 per una soffiata e vive un rapido processo di maturazione e di radicalizzazione politica: è tra i primi detenuti a denunciare il grottesco esito della militanza di tanti “camerati” convinti di lavorare per la rivoluzione nazional-popolare e che invece hanno, più o meno consapevolmente, svolto il ruolo di “guardia bianca” del gran capitale e della Repubblica democratica, arruolandosi nelle bande controllate dagli apparati di Stato o dalle opposte fazioni dei servizi segreti. È convinto di essere stato “infamato” da Avanguardia che non poteva tollerare il tentativo di rompere la rete di controllo costruita dai “gruppi storici subalterni al sistema” per ingabbiare le spinte rivoluzionarie. Delle Chiaie, vent’anni dopo, la racconta altrimenti in una fluviale deposizione alla Commissione Stragi: il massiccio reclutamento per il Mar svolta dall’avvocato Dagli Occhi, nel quadro di un progetto golpista di ispirazione atlantista, lo aveva indotto a chiudere la sede e a espellere tutti i militanti passati al soldo dei “partigiani bianchi”. La cosa ebbe anche strascichi bellicosi: con minacce a Dagli Occhi, leader della Maggioranza silenzosa, e il sequestro in Spagna del braccio destro di Fumagalli, Orlando, sindaco socialdemocratico di un paesino della Valtellina che il solito Vinciguerra (i personaggi sono sempre gli stessi) avrebbe voluto giustiziare.
Maledetto toscano, gran temperamento, Zani in carcere anima il dibattito sullo spontaneismo armato: colto, buon lettore, rigoroso tradizionalista, trasfonde le teorie dell’ultimo Evola - il sovversivo di Cavalcare la tigre - nel culto anarchico dell’azione diretta, che ispira il suo nuovo progetto politico. A dargli la possibilità di metterlo in pratica c’è una clamorosa cantonata del tribunale di Bologna. Le notti dei fuochi che Ordine Nero ha organizzato nella primavera 1974 per creare un clima da guerra civile, funzionale ai progetti golpisti di Fumagalli & c., sono ridotte a un’“insistita protesta in forma violenta”. All’uscita dal carcere Zani dà vita insieme a Jeanne Cogolli, una camerata bolognese impegnata nel"Soccorso nero" e a cui si lega sentimentalmente, Quex. Sarà Tuti, dalle colonne della rivista, a sottolineare l’opportunità che l’improvvisa clemenza dello Stato offre al movimento:
Gli obiettivi di Zani e della Cogolli sono semplici ma ambiziosi: diffondere, anche con l’esempio, lo spontaneismo armato, distruggere tutte le organizzazioni che quando non sono direttamente funzionali all’interesse del nemico costituiscono comunque un lacciuolo allo sviluppo delle potenzialità del movimento rivoluzionario. Non hanno timori reverenziali: il giudizio acido di Freda - “Zani è prezioso ma va staffilato” - non li intimidisce. All’autore della Disintegrazione del sistema riconoscono i meriti editoriali di Ar ma contestano le compromissioni con i servizi segreti. Con Avanguardia, il gruppo che ha coltivato le tensioni militariste di tanti camerati per poi abbandonarli a se stessi quando il gioco si era fatto duro e i duri avevano cominciato a giocare, i conti sono aperti.
Ed è proprio questa circostanza a rendere sospetta la rivelazione di Vinciguerra: Zani ha una visione abbastanza paranoica della realtà (un tratto comune a molti estremisti di destra, prigionieri di teorie cospirative) ma è sveglio e lucido. Proprio lui, convinto assertore del ruolo "collaborazionista" di Avanguardia sarebbe andato a confidare proprio a uno dei più fanatici e devoti "fedelissimi" di Delle Chiaie, reo confesso di una strage che è stata a luingo "coperta"dai carabinieri, di essere depositario di un segreto così rilevante su una strage per cui era sotto indagine?
Forse non tutti sanno che Zani era a Porto Azzurro con Vinciguerra nell'81. Zani, da grande Nazional rivoluzionario, aiutava la figlia del Direttore a fare i compiti, simulava uno sciopero della fame per avere benefici dal sistema che diceva di 'combattere' e se ha letto 'Cavalcare la tigre' e solo perhé lo ha preso in prestito da me. Da piccolo essere insignificante, per farsi 'accettare'parlava...parlava...
RispondiEliminada quel che mi risulta, poi, Vinciguerra è una persona estremamente seria e non direbbe falsità nemmeno sotto tortura. Se è un 'pentito'mi piacerebbe sapere quali benefici ne ha tratto, a differenza di molti 'eroi'mi pare sia ancora in galera.
Forse non molti sanno che Zani è stato con Vinciguerra a Porto Azzurro nell'81-82. Zani era un piccolo essere insignificante e per farsi 'accettare' parlava...parlava...
RispondiEliminaDa Nazionalrivoluzionario aiutava la figlia del Direttore del carcere a fare i compiti, fingeva lo sciopero della fame per trarne benefici e la sua donna era alla fame tanto che, per pena, gli avevo mandato 50.000 lire. In merito ad Evola, se ha letto qualcosa lo ha preso in prestoto da me, compreso 'Cavalcare la tigre', si vede che si è acculturato dopo!!! In quanto a Vinciguerra, non direbe il falso nemmeno sotto tortura. Ma non sono quelli come lui a far vendere, meglio i 'fascisti' bombaroli e stragisti; quelli si che sono 'eroi'!!!